BICI. Io, ciclista cornuto e mazziato


di Stefano Arduini

Venti metri sul marciapiede mi costeranno 4 punti in meno sulla patente 

Oltre a essere un giornalista (non che le due cose siano in contraddizione) sono un grande amante della bicicletta. Non solo quella da corsa (Cinelli modello Unica per gli intenditori), ma anche quella da passeggio sulla quale ho fatto montare due seggioloni per poter trasportare le mie due bambine. Ogni mattina pedalo da casa all’asilo nido (le due fanciulle hanno 1 e mezzo e 3 anni) e da qui mi dirigo in redazione. Tutti e tre da buoni milanesi giudiziosi portiamo il caschetto. In tutto saranno cinque chilometri. Naturalmente nemmeno un centimetro dei quali è dotato di pista ciclabile. 

In alcuni tratti– lo ammetto- invado il marciapiede, talvolta lo faccio per “sgamare” qualche semaforo, molto più spesso per avere l’illusione di non rischiare la pelle (gran parte del mio tragitto lo percorro su stradoni simil tangenziale, via Cermenate- via Antonini per intenderci o su vie che abbinano pavè e rotaie, – via Montegani – via Meda, non proprio salutari per le parti intime dei ciclisti uomini, nonché per la stabilità delle giovanissime passeggere). Per carità, sbaglio, sapendo di sbagliare, ma lo spirito di sopravvivenza talvolta mi assale. 

E qui casca l’asino. Perché oggi, lunedì 7 giugno, alle 9 e 35 del mattino una zelantissima vigilessa mi ha intercettato sul marciapiede di via Montegani (angolo via Neera), senza naturalmente che avessi travolto alcun pedone -anche perchè avevo percorso sì e no venti metri (anzi – a dirla tutta- stavo per “parcheggiare” la mia arrugginita due ruote e quindi procedevo a velocità contenuta, direi non più di 10/12 chilometri orari) e mi ha intimato l’alt, appioppandomi alla fine della fiera una multa da 38 euro per aver violato l’articolo 143 del codice della strada. Quello per intenderci che regolamenta la posizione dei veicoli sulla carreggiata (anche se – come la stessa ghisa ha avuto voluto annotare – io in realtà procedevo con un velocipede  sul marciapiede). Mentre mi dava la multa, naturalmente (statisticamente era improbabile che in mezz’ora di discussione non avvistassimo un’infrazione) una moto ha attraversato l’incrocio alle nostre spalle col rosso pieno. «Che vuole, che mi metta ad inseguirlo? Faccio quello che posso». E così sia. Il problema è che forse in questo caso ha fatto anche quello che non poteva. 

Dopo un interminabile colloquio radiofonico con la centrale e un altrettanto lungo sfoglio delle pagine del codice della strada, la dolce signorina in divisa («Ha fretta? Che me ne frega, io sto lavorando e quando finisce il turno, torno a farmi i fatti miei») ha deciso di decurtarmi anche 4 punti dalla patente. Io recuperando nella memoria un articolo del Resto del Carlino di appena un mese fa (il 5 maggio) faccio presente – con tanto di citazione – che il giudice di pace di Ferrara Camilla Brini ha accolto l’illegittimità costituzionale dell’articolo 219 bis del codice della strada (ritiro, sospensione o revoca del certificato di idoneità alla guida) per la violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Applicare quella norma costituisce infatti una palese discriminazione fra i ciclisti patentati e ciclisti non patentati. «Faccia ricorso se crede», dice invece la vigilessa. «Sarà fatto», ribatto, poco convinto. Chi me lo fa fare di entrare nel ginepraio della giustizia per 38 euro? 

Il cruccio mi rimane. Arrivato in redazione contatto gli amici di Ciclobby. In particolare l’avvocato Massimiliano Gaspari. A lui chiedo quante siano i ciclisti sanzionati con il taglio dei punti della patente dall’entrata in vigore della riforma del codice della strada del luglio scorso. «A Milano tre e per quanto ne so pochissimi altri nel resto d’Italia: in tutto si conteranno sulle dita di due mani». Mi rendo conto di essere una specie di panda. Un animale introvabile, abbattuto da una cacciatrice senza scrupoli. Resisterò. Intanto lo stesso Gaspari mi rincuora: «Per casi come questo, offriamo assistenza legale gratuita». Anche se davanti al giudice di pace può succedere di tutto. «Il risultato non è scontato, molto dipende dallo stesso giudice, certo è che la norma è palesemente incostituzionale: viola il principio di uguaglianza e per assurdo può arrivare ad impedire di guidare l’auto i ciclisti indisciplinati, che però magari sono ottimi automobilisti». Finale: probabilmente pagherò la multa e continuerò a cercare di portare a casa la pelle da www.vita.it

La morte a Capodanno


di Roberto Puglisi

Debora, diciassette anni, inghiottita da via Dell’Olimpo, strada tristemente famosa a Palermo (come racconta la foto). Bernardo, ucciso da un incidente sulla Statale 113. Un ragazzo annientato sulla Catania-Gela. E loro? Loro, gli uomini delle istituzioni, devono aspettare per forza che muoia qualcuno. E poi, forse,  parlano. Parlano. Parlano. A Palermo, tra via Dell’Olimpo e via Venere, nel noto triangolo degli incidenti, hanno messo qualche ridicolo dissuasore all’altezza dell’asfalto macchiato dal sangue di Salvuccio Gebbia. Per il resto, arrangiati. Questo per dire che non esiste una politica comunale sulla prevenzione degli incidenti. Veramente, a Palermo non esiste una politica comunale praticamente su niente. Ma qui parliamo delle vite dei ragazzi. E dello scempio che ne viene fatto nell’impastatrice della retorica dei politici.
Certo, i ragazzi non sanno guidare e sono spericolati. Una caratteristica di molti palermitani e siciliani attempati. Gente perseguita magari giustamente per la targa alterna sbagliata, in un giorno di smog. E con la licenza di sgommare, di sorpassare a destra, di fregarsene della doppia striscia continua. E mai che si trovi uno con mezza divisa a mormorare: scusi?
Il meccanismo vizioso produce morti. Domani leggeremo, come sempre, pezzi sulle vittime e sui carnefici. E le vittime sono sempre “bravi ragazzi, prudenti e attenti”. Figuriamoci se abbiamo voglia di irridere lo strazio dei parenti. Lo conosciamo bene. L’abbiamo praticato. Ci siamo stati nelle case del dolore, con le madri e con i padri, consci dell’irreparabile. Sappiamo come può ridursi un corpo giovane, smembrato da un impatto atroce. Livesicilia ha soltanto la sua voce, per gridare essenzialmente due cose. E le vuole gridare forte. L’amministrazione – quella più prossima a noi, quella di Palermo – deve darsi una mossa, in termini di prevenzione e rimedi. Perché muoiono tutti in via Dell’Olimpo? Sfortuna? E poi vorremmo dire per nulla sommessamente – senza il minimo riferimento alle morti di di cui parliamo oggi, la cui dinamica oltretutto è incerta – che chi non rispetta le regole della strada è un coglione. Non un cretino e nemmeno un fesso. Proprio un coglione, specialmente se muore a vent’anni, per colpa della sua leggerezza. Lo vorremmo scritto a caratteri cubitali su ogni muro, dietro ogni curva. E se questa parola vi turba, andateci voi a carezzare le lapidi che fioriscono sul nostro asfalto. Guardateci voi, dentro gli occhi di una madre che chiama, senza risposta, il nome di suo figlio.

da www.livesicilia.it

Multe per chi guida fumando


Sanzione doppia se c’è un minore

Contravvenzione da 250 euro e sottrazione di 5 punti dalla patente per chi fuma mentre guida. Secondo uno studio della Società italiana di tabaccologia per accendere una sigaretta ci vogliono poco meno di 5 secondi, due e mezzo in più di quelli che servono per rispondere al telefonino. Ed è per questo che nella riforma del Codice della strada è prevista una sanzione per chi fuma in automobile. E la multa raddoppia se è presente un bambino.

“Con i finestrini chiusi – dice il leghista Piergiorgio Stiffoni – la macchina diventa una camera a gas. Almeno i più piccoli vanno protetti”.

Sul divieto di fumo in auto c’è un accordo pressoché totale dei partiti fatta eccezione per un punto: la Lega vorrebbe considerare responsabile di omicidio volontario chi provoca un incidente mortale dopo aver assunto una quantità di alcol fuori dal consentito.

L’emendamento verrà messo ai voti nei prossimi giorni, ma l’accordo è stato praticamente già chiuso. Dopo il voto in Commissione si passerà all’aula in Senato e poi si tornerà alla Camera.

 fonte ANSAf