Beata la clochard senza casa nè eroi


di Accursio Sabella

Beata la povera clochard. Beata perché povera. E perché ignara di tutto. Di aver portato via messaggi e segni di chi ha creduto e crede nell’esempio di un eroe civile come Giovanni Falcone. Beata la povera clochard. Perché povera. E perché non ha eroi.
Eccola, nel video, mentre sfila su via Notarbartolo. Il passo incerto. Come la sua vita, in fondo. L’andatura confusa. Come i suoi passi. Ed eccola tornare indietro. Le braccia piene di quei messaggi e di quei segnali. Portati via in un incomprensibile impeto di vita, da un “altare” dove si ricorda la morte per un ideale.
Già, la vita e la morte. Che per il siciliano sono chiaramente divisi. Il morto è morto. Bisogna pensare ai vivi. La contraddizione, la contrapposizione a disegnare l’identikit di questa terra. Dove, però, la morte e la vita finiscono per essere sviliti, in quel confronto.
E la morte diventa elemento “utile” (con tutta la buona fede che ciascuno di noi può e vuole trovare) per il moderno marketing mediatico e politico. Dove bisogna esserci. Per forza. Lì, nel luogo delle “profanazione” (e sarebbe interessante chiedere a Giovanni Falcone cosa penserebbe, oggi, dell’uso di quel termine). Nel quale esibire tutti gli stilemi e i gesti della più stucchevole retorica. “Mafia”. O niente. Ed è meglio che sia mafia. Nella terra della contraddizione tra vita e morte, da tanto brucia quella tra Cosa nostra e antimafia. E anche qui, finisce per spandere una patina opaca su entrambe le cose. Mitizzando la prima, anche di fronte all’azione di qualche sanguinario ignorante. E per far entrare la seconda in un “determinismo” che obbliga a esserci. Che suggerisce anche la commossa, contrita, attonita convenienza “pubblica”. Meglio che sia mafia, insomma. Altrimenti…
Altrimenti si corre il rischio, a distanza di qualche giorno, di trovare una povera clochard (che il termine barbona suona già male, ancor più se riferito a una donna) immortalata in un filmato. È lei la “profanatrice”. Quella dal passo incerto come la sua vita. Quella che non profana nulla perché non sa cosa sia la profanazione. E che, se lo sapesse, forse attribuirebbe quel termine alla propria vita. Quella vita esplosa in un impeto incomprensibile. Quella vita che sembra in Sicilia, in fondo, solo una scappatoia dalla morte. Povera clochard. E beata clochard. Perché povera. E perché vive, lei sola, in quel paese beato che non ha bisogno di eroi

da www.livesicilia.it

Clochard trova in strada 1.100 euro e li consegna a polizia


TORINO – Trova un portafogli zeppo di banconote e lo consegna alla polizia. L’esempio di onestà arriva da un clochard di 60 anni, che non ha ceduto alla tentazione di fuggire alla sua vita tra una panchina e un marciapiede della stazione ferroviaria d’Ivrea, nel torinese. Nel portafogli c’erano infatti 1.100 euro in contanti, soldi che avrebbero potuto fare parecchio comodo ad un barbone come lui. L’uomo ha invece preferito comportarsi da buon cittadino.

Si è recato al commissariato di Ivrea e ha chiesto di parlare con gli agenti, a cui ha consegnato il portafogli, e poi ha fatto ritorno alla sua panchina. I poliziotti lo hanno rifocillato e gli hanno promesso che avrebbero rintracciato il proprietario del portafogli. Così è stato e ora per il clochard è in arrivo una bella ricompensa: l’uomo a cui è stato restituito il denaro ha infatti deciso di premiare la sua onestà.

fonte ANSA

Meglio in galera che sotto i portici


Quando Bruno Vallora, 54 an­ni, ha scoperto che avrebbe dovu­to scontare ancora un po’ di car­cere ha festeggiato. Ha preso quelle poche monete elemosinate su e giù per via Sac­chi, la strada dove “abita”, ran­nicchiato ogni notte sotto i portici in mezzo a due cartoni, e si è preso l’ultima “ciucca”.
Poi è salito su un taxi («volevo chiudere da signore») e ha detto fiero e deciso: «Mi porti in Que­stura ». Giunto in corso Vinzaglio, ha caramente salutato l’au ti st a (ovviamente senza pagarlo) e ha mostrato i polsi ai poliziotti per essere ammanettato: «Meglio la galera che fare il barbone».
Già qualche mese fa il clochard aveva confessato a questo giorna­le il suo disagio: «Sono malato di Aids, non ho lavoro, sono un di­sperato che ha buttato la sua vita in furti, piccole rapine estorsioni, spaccio. Mia moglie è malata. Purtroppo mi hanno scarcerato e io vivo in mezzo ad una strada».
Poi è passata in giudicato una vecchia sentenza di condanna (9 mesi per tentata estorsione) e per lui la vita è di nuovo cambiata, in meglio. L’ultima bravata a causa della quale Vallora è nuovamente e felicemente finito dietro le sbar­re, risale a qualche anno fa quan­do il barbone si era improvvisato parcheggiatore abusivo. Ma lui non si limitava a chiedere piccoli compensi, avvicinava i suoi clienti e con fare deciso diceva loro: «Dammi i soldi altrimenti ti spacco la macchina». Per un po’ è andato avanti così, fino, a quan­do, in piazza Carlo Felice, è stato denunciato da un automobilista.
Recentemente il barbone aveva cercato di farla finita: ««Volevo buttarmi nel fiume, ho preso la rincorsa da un ponte ma ho senti­to come una mano che mi tirava indietro. La vita non può finire a 54 anni. Insomma, pur di non tornare a delinquere ero pronto ad uccidermi ma non ce l’ho fat­ta».

da www.cronacaqui.it