Il ministero dei beni culturali italiano e Google hanno raggiunto un accordo per la digitalizzazione di una parte dei volumi conservati nelle due biblioteche nazionali di Roma e Firenze.
L’intesa sarà presentata domani alla stampa dal ministro dei beni culturali Sandro Bondi insieme con il Presidente, Global Sales Operations and Business Development di Google, Nikesh Arora e il direttore generale valorizzazione del Mibac Mario Resca, e riguarda per il momento circa un milione di volumi delle biblioteche nazionali di Roma e Firenze, volumi storici pubblicati fino al XIX secolo e quindi non protetti dal diritto d’autore.
Le biblioteche gestite direttamente dal ministero dei beni culturali sono 45 e custodiscono in totale quasi sette milioni di libri ai quali vanno aggiunti circa 30 mila tra manoscritti, incunaboli e carte sciolte. A questi si sommano i 9 milioni di volumi conservati nelle due biblioteche nazionali.
Nel mondo sono già una trentina le biblioteche nazionali e universitarie che hanno raggiunto un accordo con Google Books per la digitalizzazione dei propri libri. All’inizio sono state le biblioteche universitarie di Oxford e Harvard, cui si sono unite quelle di Stanford e dell’università del Michigan, oltre alla New York Pubblic Library. Aperta la breccia dell’innovazione, l’elenco ha cominciato ad allungarsi e hanno aderito al progetto la Biblioteca Nazionale Catalana, la Biblioteca pubblica bavarese, la biblioteca nazionale francese.
Accese anche le polemiche: contro l’accordo di digitalizzazione realizzato da Google Books sono scesi in campo Microsoft, Yahoo! e Amazon dando vita ad una coalizione insieme all’Internet Archive, associazione no profit di San Francisco che lavora alla realizzazione di una libreria libera di contenuti internet chiamata Open Book Alliance.
Tra i contrari all’esportazione in Europa del modello Usa, anche la Federazione degli editori europei, tanto che la commissione Ue ha dato vita nei mesi scorsi ad una serie di audizioni per valutare la possibilità di mettere a punto interventi normativi per adattare le norme del copyright alle esigenze dell’era digitale. Un problema che l’accordo fatto dal ministero italiano dei beni culturali di fatto supera, mettendo in gioco solo le opere più antiche non tutelate da diritto d’autore.