Padre Sisto, una vita a salvare libri antichi. Ma la burocrazia lo ferma


Fra le sue mani sono tornati a nuova vita manoscritti unici, come quelli della Biblioteca Nazionale di Torino, rovinati dal devastante incendio del 1904, codici, pergamene, disegni di Leonardo da Vinci e testi risalenti al 90 d.c. E’ Padre Sisto Giacomini, che dal 1969 gestisce il Laboratorio di Restauro della Certosa di Firenze, uno dei centri più famosi al mondo per il recupero e la salvezza dei libri antichi, soprattutto se bruciati.

Ora però queste mani preziose per la conservazione del patrimonio culturale italiano e non solo, rischiano di doversi fermare a causa della burocrazia. Un decreto (53/2009), in vigore dal 1° gennaio (anche se i termini sono stati spostati a fine febbraio), regolamenta la qualificazione di restauratore, restringendo a pochissimi casi la facoltà di fregiarsi di questo titolo e dunque di lavorare. Per chi non rientra in questi casi, l’unica alternativa è sottoporsi a onerosi esami teorici e pratici, con il rischio, oltretutto di dover affrontare prove su materie praticamente sconosciute.

 “Io restauro libri antichi dal 1969 – spiega a LABITALIA Padre Sisto – e di questo mi sono sempre occupato. Adesso sto cercando faticosamente di recuperare tutta la documentazione dagli anni ’70 ad oggi, in tutti i posti dove ho lavorato: la Biblioteca Nazionale di Pavia, gli Archivi di Stato di Pavia e di Sondrio, la Biblioteca Braidense di Milano, la Biblioteca di Brescia e molte altre ancora. Ho il titolo rilasciato dall’Istituto per la Patologia del Libro, ente storico (è nato nel 1938, ndr) ma che non è tra quelli citati dal decreto che riconosce la qualifica solo a chi ha frequentato l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Scuola di Restauro dei Mosaici di Ravenna. Ora – nota arrabbiato Padre Sisto – mi si chiede di superare una prova magari in restauro di tele o di pietre dure e io dico: ma che c’entra tutto questo con il restauro delle pergamene?”.

 Quella di Padre Sisto, oltretutto, è una vera e propria attività imprenditoriale in regola, che contribuisce anche al sostentamento della Comunità monastica dei Cistercensi della Certosa del Galluzzo a Firenze. “Sono regolarmente iscritto alla Camera di Commercio – racconta il Padre – pago le tasse e quello che incasso viene devoluto al Monastero”. La chiusura del Laboratorio di Padre Sisto, sarebbe dunque un danno anche economico per i monaci che vivono dei proventi delle loro attività: la fabbricazione di liquori (il più famoso è il ‘Certosino’), la preparazione di rimedi officinali a base di erbe (l’esistenza della Farmacia della Certosa è documentata già nel XVI sec) e appunto il restauro dei libri.

 Padre Sisto, instancabile, negli anni ha formato intere generazioni di specialisti nella cura dei libri antichi. “Da me sono venuti – ricorda – stagisti non solo dall’Italia, ma dalle facoltà dei Beni culturali delle università finlandesi, messicane, spagnole, americane, perché quello che si impara sul campo non può dartelo nessuna scuola”.

 Le preoccupazioni di Padre Sisto sono condivise anche da chi lavora nel settore pubblico. “Siamo in fermento per questo decreto – spiega a LABITALIA Claudia Tarchiani, una delle 4 restauratrici del laboratorio di restauro del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze – ma ancora nessuno ha saputo dirci qualcosa di definito: sappiamo solo che la scadenza per presentare la documentazione è stata rimandata al 28 febbraio, ma non sappiamo come muoverci”. “Chi ha fatto la legge – dice la specialista che lavora soprattutto su materiali cartacei del periodo che va dal ‘700 al ‘900 – forse non si rende che le conseguenze sono quelle di far smettere di lavorare molte persone, in un settore come quello della conservazione dei Beni culturali che è fondamentale per il nostro Paese”. Ora però queste mani preziose per la conservazione del patrimonio culturale italiano e non solo, rischiano di doversi fermare a causa della burocrazia. Un decreto (53/2009), in vigore dal 1° gennaio (anche se i termini sono stati spostati a fine febbraio), regolamenta la qualificazione di restauratore, restringendo a pochissimi casi la facoltà di fregiarsi di questo titolo e dunque di lavorare. Per chi non rientra in questi casi, l’unica alternativa è sottoporsi a onerosi esami teorici e pratici, con il rischio, oltretutto di dover affrontare prove su materie praticamente sconosciute.

“Io restauro libri antichi dal 1969 – spiega a LABITALIA Padre Sisto – e di questo mi sono sempre occupato. Adesso sto cercando faticosamente di recuperare tutta la documentazione dagli anni ’70 ad oggi, in tutti i posti dove ho lavorato: la Biblioteca Nazionale di Pavia, gli Archivi di Stato di Pavia e di Sondrio, la Biblioteca Braidense di Milano, la Biblioteca di Brescia e molte altre ancora. Ho il titolo rilasciato dall’Istituto per la Patologia del Libro, ente storico (è nato nel 1938, ndr) ma che non è tra quelli citati dal decreto che riconosce la qualifica solo a chi ha frequentato l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e la Scuola di Restauro dei Mosaici di Ravenna. Ora – nota arrabbiato Padre Sisto – mi si chiede di superare una prova magari in restauro di tele o di pietre dure e io dico: ma che c’entra tutto questo con il restauro delle pergamene?“.

Quella di Padre Sisto, oltretutto, è una vera e propria attività imprenditoriale in regola, che contribuisce anche al sostentamento della Comunità monastica dei Cistercensi della Certosa del Galluzzo a Firenze. “Sono regolarmente iscritto alla Camera di Commercio – racconta il Padre – pago le tasse e quello che incasso viene devoluto al Monastero”. La chiusura del Laboratorio di Padre Sisto, sarebbe dunque un danno anche economico per i monaci che vivono dei proventi delle loro attività: la fabbricazione di liquori (il più famoso è il ‘Certosino’), la preparazione di rimedi officinali a base di erbe (l’esistenza della Farmacia della Certosa è documentata già nel XVI sec) e appunto il restauro dei libri.

Padre Sisto, instancabile, negli anni ha formato intere generazioni di specialisti nella cura dei libri antichi. “Da me sono venuti – ricorda – stagisti non solo dall’Italia, ma dalle facoltà dei Beni culturali delle università finlandesi, messicane, spagnole, americane, perché quello che si impara sul campo non può dartelo nessuna scuola”.

Le preoccupazioni di Padre Sisto sono condivise anche da chi lavora nel settore pubblico. “Siamo in fermento per questo decreto – spiega a LABITALIA Claudia Tarchiani, una delle 4 restauratrici del laboratorio di restauro del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze – ma ancora nessuno ha saputo dirci qualcosa di definito: sappiamo solo che la scadenza per presentare la documentazione è stata rimandata al 28 febbraio, ma non sappiamo come muoverci”. “Chi ha fatto la legge – dice la specialista che lavora soprattutto su materiali cartacei del periodo che va dal ‘700 al ‘900 – forse non si rende che le conseguenze sono quelle di far smettere di lavorare molte persone, in un settore come quello della conservazione dei Beni culturali che è fondamentale per il nostro Paese”.

fonte adnkronos

Prato: Cambia il nome di sala consiliare, da Don Milani a don Sturzo


don_milani Don Lorenzo Milani 

e già in vita avevano, soprattutto politicamente, idee anche molto diverse. Ora, dopo la morte, si ritrovano loro malgrado ad essere nuovamente contrapposti, questa volta in merito al nome di una .

Siamo a e, come riporta l’Ansa, la nuova maggioranza di centrodestra della circoscrizione est ha deciso di cambiare il nome della sala dove si tengono le riunioni della giunta da sala a sala . Apparentemente una diatriba sul nome di una . Leggendola più nel profondo sembra invece una guerra post mortem tra due preti molto diversi tra loro o piuttosto il tentativo di una maggioranza di centrodestra di far valere le idee politiche di un “don” rispetto a quelle dell’altro.

don_sturzo Don Luigi Sturzo Perchè se si va a vedere, in quella che da sempre è considerata una regione “rossa” come la , una maggioranza di centrodestra decide di togliere l’intitolazione di una al discusso prete di Barbiana, simbolo della del’68. E decide di intitolarla al prete fondatore del Partito polare (il padre, quindi, della ).

 La decisione è arrivata dopo una seduta del consiglio molto turbolenta e grazie alla proposta di due consiglieri dell’Udc e Andrea Antonio Bonacchi del Pdl.

 Insomma, anche a distanza di anni, don Lorenzo Milani continua, a pochi chilometri dalla parrocchia di san Donato a Calenzano dove scrisse “Esperienze pastorali”, a far discutere. L’unica differenza è che, anziché a Barbiana, dove la Chiesa lo mandò per “punizione”, stavolta è stato mandato in biblioteca. Il prete della rivolta studentesca, infatti, dovrà accontentarsi di avere intitolata la biblioteca circoscrizionale.

da www.blitzquotidiano.it