Il campanaro di San Mauro Forte


di Lucrezia Argentiero e Isa Cassano

Il ferro battuto sulla forgia, un gesto ripetuto all’infinito, con fatica e maestria, per dare vita ad una campana. Rocco, il fabbro, mago e dominatore del fuoco, figlio del Dio Vulcano ed erede della sua officina, ha trasposto nell’arte di plasmare “la materia più resistente” un pezzo di storia popolare di San Mauro Forte, piccolo paese nell’hinterland della Basilicata.

La sua fucina è sempre in movimento ma solamente per passione. Ormai in pensione, si diletta a fabbricare, interamente a mano e con grande forza, per parenti ed amici, queste grandi campane (dai cinque ai dieci chili). “Nella mia collezione ne ho una ventina” che diventano le protagoniste di un antico rito arcaico: il Campanaccio. La festa, ogni anno in gennaio (ma in agosto c’è una piccola rappresentazione per i turisti), si rifà al culto della madre terra e della transumanza. Gruppi di persone, e lo stesso Rocco con una propria squadra, avanzano per ore e ore per le strade del borgo, portando al collo le campane e creando un rintocco magico e cadenzato, la cui eco si diffonde tra i secolari ulivi delle campagne circostanti. La tradizione vuole che le campane vadano sempre in coppia: maschio e femmina. Perfettamente uguali all’esterno si distinguono per il suono differente che finisce per essere cupo, assordante, quasi monotono, e, allo stesso tempo, affascina, perché in quella “musica” è riposta la speranza di benessere di tutto il popolo.

Ovunque, si avverte un unico e intenso fragore, per tramandare, mediante la percussione del metallo, una tradizione in cui ciascuno conserva un po’ del proprio passato. E’ questa l’occasione anche per scoprire il paese lucano di epoca normanna, che prende il nome da convento benedettino dedicato al Santo Mauro, a cui successivamente si aggiunse l’appellativo di Forte per ricordare che, nel 1861, i suoi cittadini riuscirono a respingere le bande dei briganti dello spagnolo Borjes.

Un piccolo centro – poco più di 2000 abitanti – dalle grandi sorprese, dove ci si sente protetti e smarriti allo stesso tempo. Qui occorre adattare lo sguardo, la mente, le aspettative ad un paesaggio fuori dal comune. Le strade, sono corridoi ricchissimi di palazzi baronali (Acquaviva, Del Turco, Arcieri, Di Sanza e Lauria che conserva un portale barocco del 1770) e scorci pittoreschi; le piazzette si aprono all’improvviso come stanze di un labirinto. Ci si muove tranquillamente a piedi, per cogliere tutto il fascino che va gustato lentamente per lasciarsene permeare. E’ un po’ come fare un viaggio indietro nel tempo e la presenza di edifici civili e religiosi è testimonianza dei più fiorenti momenti della storia della cittadina. Da vedere la torre cilindrica a tre piani, costruita nel periodo normanno-svevo, la Torre dell’Orologio e i resti delle porte principali che, un tempo, assicuravano l’accesso al paese: porta Piazzile, Santa Lucia e portello Jodice.

San Mauro Forte rievoca la nostalgia per l’antico borgo che credevamo perduto e la gioia per averlo ritrovato. Ed è soprattutto alla sera che diventa ancora più magico.  Allo spegnersi delle luci del sole l’atmosfera si fa più intima e calda. I lampioni creano un gioco di ombre sul dedalo di vie, sulle case addossate l’una all’altra. Le fontane, i portali, sembrano muoversi nel buio, delineando la sagoma di un “paese fantasma” e questo aggiunge un fascino misterioso, quasi arcaico.

fonte Tgcom

Scoperto a Potenza antico edificio stile Ikea


Una reggia del VI secolo avanti Cristo assemblata come un mobile dell’Ikea. E’ la scoperta fatta a Torre Satriano, alle porte di Potenza, dove gli archeologi, -secondo quanto riporta la rivista ‘Storica’ National Geographic  – hanno riportato alla luce un edificio sfarzoso, dotato di un tetto a falde i cui pezzi sono quasi tutti segnati con iscrizioni che rimandano ad istruzioni per il montaggio. Si tratta di un edifico “simile ad un tempio”, anticipano dal periodico, con un corpo centrale sormontato dal tetto a due falde con decorazioni rosse e nere, e un volume laterale con un porticato che valorizzava l’ingresso della lussuosa costruzione. Il tetto consentiva il defluire delle acque piovane attraverso dei pannelli di abbellimento, chiamati ‘sime’, provvisti di gocciolatoi.

“Tutte le sime – spiega a Storica Massimo Osanna, direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università della Basilicata e del progetto di scavo a Torre Satriano – e alcune lastre di fregio presentavano iscrizioni relative al sistema di montaggio del tetto. Sono stati recuperati finora un centinaio di frammenti iscritti, dove si legge un numero ordinale al maschile sulle sime e uno al femminile sul fregio”. Una sorta di libretto di istruzioni che identificava ogni componente con una sigla e, per facilitarne l’ordine di assemblaggio, definiva gli elementi maschio o femmina, pratica ancora in uso ai giorni nostri. “Le caratteristiche di queste iscrizioni indicano un orizzonte temporale del VI secolo a.C., omogeneo con quanto ricostruibile anche con gli altri elementi del decoro architettonico”, spiega Osanna.

Non solo: i decori del tetto della reggia di Torre Satriano sono molto simili alle tracce frammentarie del decoro di un’altra abitazione ritrovata a Braida di Vaglio, una località poco distante. “La similitudine nell’impiego di questi decori è tale da farci immaginare la stessa origine, se non addirittura lo stesso stampo”. La zona dei ritrovamenti era a ridosso delle colonie costiere della Magna Grecia e a quell’epoca i signori locali si adeguavano ai gusti di origine greca, facendone uno status symbol: ciò potrebbe quindi giustificare una produzione ‘seriale’.

fonte ANSA

L’on. Rita Bernardini visita le carceri della Basilicata


Ecco il video della conferenza stampa dell’on. Rita Bernardini a conclusione della sua visita nelle carceri della Basilicata

http://www.radioradicale.it/scheda/293910