“Pulcinella”


di Angela Ragusa

Simula allegria
quel volto pagliaccio
che ostenti alla vita
e agli occhi di chi
cieco non vede
quanto di dolore
è impresso il tuo sorriso
e quanto finzione
in quel viso di maschera
riempie di lacrime
il tuo cuore nascosto…

…attore costretto
dal circo dell’ipocrisia
a camuffare gocce di gioia
e fiori di magia.

“Giù le mani da Giorgio”


di Roberto Puglisi

Raffaele Sabato era l’altro frate.
Ha un cellulare antico. Chiami, sicuro che il numero sia stato polverizzato dal cambio della scheda. Lui, Raffaele, risponde con la sua voce cavernosa. Appuntamento in via Dante. Il tavolino di un bar. L’uomo che ha diviso a metà vita e carriera con Giorgio Li Bassi, a un certo punto, piange. Gocce grosse che inzuppano la camicia.
Raffaele ha un viso bello e segnato da attore palermitano. Parla, come se Ollio parlasse di Stanlio che non c’è più. O viceversa. Parla di “Giorgio”, come se non fosse mai morto. Come se recitasse da morto. Non è morto, finge. Abbiate pazienza, aspettate la fine dello spettacolo.
“Vuoi chiacchierare di Giorgio Li Bassi, mio amico e compagno di un’esistenza?”.

Sì, Raffaele.
“Va bene. Sai, non ho fatto mente locale, come si dice. Prima o poi, ne sono sicuro, mi mancherà”.

Mancherà a tutti.
“Ho detto a mia figlia: andiamo al funerale. E lei: ma Giorgio viene? Lo immaginiamo vivo, non c’è niente da fare”.

Che tipo era Giorgio Li Bassi?
“Miiiii, camurriusu…. Un rompicoglioni”.

E che altro?
“Una persona buonissima, un poeta. Aveva un cuore immenso. Schifio!”.

Che è successo?
“Penso a uno che voleva fare un discorso al suo funerale (ieri, ndr), uno importante. Stavo per andarmene. Ora Giorgio Li Bassi sarà di tutti, mentre non era di nessuno”.

Che vuoi dire?
“Quello che voglio dire lo devi scrivere chiaro. Raffaele grida: giù le mani da Giorgio Li Bassi. Ora scatterà la gara dell’appartenenza. Era nostro, no  era nostro. La solita retorica che sappiamo”.

Giorgio Li Bassi a chi apparteneva?
“Giorgio sarà sempre del suo popolo, della gente dei rioni poveri e disgraziati. Giorgio sarà sempre del popolo palermitano. E di nessun altro”.

Non ci provate…
“Ecco, non ci devono provare. Calatevi le mani”.

Strana sorte quella degli attori palermitani. In vita, hanno successo solo oltre i confini del loro mondo. Da morti tutti diventano loro amici.
“E’ uno schifo. Noi della vecchia guardia,  io, Lollo (Franco), Paride (Benassai) Angelo (Butera) e altri, non ne possiamo più”.

E che farete?
“Qualcosa faremo. I milioni volano sopra le nostre teste. Se li spartiscono alla grande, mentre i palermitani veraci stanno a guardare. Le istituzioni se ne fottono.   E noi siamo gli storici, i veri protagonisti dello spettacolo palermitano. Ci sono progetti. Volevo coinvolgere pure Giorgio”.

Lo chiedo di nuovo: chi era Giorgio Li Bassi?
“Un poeta. Era Giuseppe Schiera, il poeta dei poveri. Con lui si era reincarnato”.

Quando vi siete parlati l’ultima volta?
“Sabato scorso l’ho cercato. E lui ha cercato me. Sono entrato in un panificio. Il titolare m’ha detto: vinni Giorgio, circava a tia. Siccome non ti ha trovato, si è catafottuto mezza teglia di sfincione”.

Era fatto così.
“Entrava nei bar, pigliava un cucchiaino e cominciava a gustare tutti i gelati. E il barista non sapeva se ridere o arrabbiarsi. Ma come potevi arrabbiarti?”.

Come si poteva?
“Quando abbiamo messo su il nostro locale (il Convento, ndr) volevamo sistemare tutto. Lui è andato da un amico: me lo regali un po’ di ducotone per una stanzetta? Al secondo camion l’amico fa: Giorgio, ma quant’è ’sta stanzetta?”.

Non ti annoiavi mai con lui.
“Mai. La sai quella del cane?”.

Non ancora.
“Giorgio prese un cane. Bianco, peloso, grande e bruttissimo. Lo curava, lo portava in giro. Ne era orgoglioso. Poi il cane sparì”.

Sparì?
“Sì, lo cercammo per due settimane. Un giorno vedo Giorgio sconsolato, con la guancia sulla mano. Gli dico: che c’è?”.

E lui?
“E lui mi guarda e fa: sono triste per il cane. Pi mmia u’  scanciaru pi pecora. E su manciaru”.

E Raffaele spalanca il suo viso. Gocce di risata cadono sulla camicia e sul caffè. Sibilano e scoppiano, dove c’erano le lacrime.

da www.livesicilia.it

Teatro: è morto Giulio Bosetti


Dopo una lunga malattia, se ne è andato a 79 anni Giulio Bosetti, attore, regista e impresario teatrale, direttore da molti anni del teatro Carcano di Milano. Nato a Bergamo nel 1930, iniziò nel 1950 la sua carriera prevalentemente teatrale, dopo essersi formato all’Accademioa Nazionale d’Arte drammatica e aver debuttato nella compagnia del giovane Vittorio Gassman.

In quasi sessanta anni di teatro è stato protagonista di alcune delle opere fondamentali. Tra i suoi autori preferiti Piradello, Goldoni e Moliere, ma anche Alfieri, Diego Fabbri, Svevo, Buzzati, Cechov, T.S. Eliot, Arthur Miller, Beckett, Sartre, Ibsen, Ionesco.

Tra le sue più acclamate interpretazioni, vano ricordate almeno: Il gabbiano, Sei personaggi in cerca d’autore, Assassinio nella cattedrale, L’avaro, Il bugiardo, Tutto per bene, La scuola delle mogli, Enrico IV, Le mani sporche, Il malato immaginario, Il re muore, Tartufo, Sicario senza paga. Direttore di vari teatri stabili (quello di Trieste e quello del Veneto), impresario privato (Cooperativa Teatro Mobile, poi Compagnia Giulio Bosetti), dal 1997 era direttore artistico del Carcano di Milano con il quale ha allestito: Aspettando Godot, Antigone, Il berretto a sonagli, Così è (se vi pare), Sior Todero brontolon, Sei personaggi in cerca d’autor, fino al suo ultimo lavoro, la regia de L’Attore di Tullio Kezich dal romanzo di Mario Soldati, che ha debuttato lo scorso ottobre.

Ha partecipato a moltissime produzioni televisive (commedie e romanzi sceneggiati) tra le quali La pisana (da Le confessioni di un ottuagenario di Ippolito Nievo), Luisa Sanfelice, Malombra, la Vita di Leonardo da Vinci, Il ritorno di Casanova. Ha preso inoltre parte a numerosi film, ultimi dei quali Il cuore altrove di Pupi Avati (2002) e Il divo di Paolo Sorrentino (2008) nel ruolo di Eugenio Scalfari. Per desiderio della famiglia, i funerali si svolgeranno in forma privata. 

fonte ANSA