Premessa: in carcere tutte le storie finiscono male. I miei racconti non hanno mai un fine lieto, ma spero con tutto il cuore che questa storia finisca bene. Dedicata a Maria Luce affinché continui ad illuminare i cuori degli uomini ombra. Nino era un ergastolano. Non scherzava e non sorrideva mai. Non faceva colloquio con nessuno perché non aveva parenti. Scontava la sua pena senza fine nel carcere di Spoleto in provincia di Perugia. Non aveva amici né fuori nè dentro. Nel cortile del carcere passeggiava sempre da solo. Non dava confidenza a nessuno. “Buongiorno e buonasera” con tutti e mai un “Ciao” con nessuno. Era un lupo di mare, fuori faceva il pescatore. Ora era un lupo di carcere. Era in cella da solo e non mangiava mai con nessuno. Non accendeva mai la luce nella stanza. Gli piaceva stare al buio, perché nel buio poteva immaginare di vedere quello che voleva. Non ascoltava mai la televisione. Non accendeva mai la radio. Non scriveva e non leggeva. Era un Uomo Ombra. Sia i compagni, sia le guardie lo evitavano. Tutti pensavano che fosse un po’ matto e lui era contento che credessero questo. Nino non era alto, non era robusto, era normale. Portava la barba e i capelli lunghi. Aveva occhi scuri, seri e pieni di dolore. L’avevano arrestato che aveva ventinove anni, ora ne aveva sessanta. Aveva consumato quasi tutta la sua vita dentro l’Assassino dei Sogni.
Dopo la condanna all’ergastolo pianse per notti e giorni interi. Poi all’improvviso smise e decise di non piangere più. Accettò con impotenza che non sarebbe mai più uscito.
Mai più! E decise di non vivere più da uomo vivo. Un giorno la guardia venne davanti alla sua cella a portargli una lettera. La guardia era più meravigliata di lui perché Nino non aveva ricevuto mai una lettera da quando era a Spoleto. E Nino era a Spoleto da dieci anni. Lui prima di prendere la lettera la guardò e controllò se c’era il suo nome. C‘era, ed era proprio il suo nome. L’appoggiò nello sgabello che teneva accanto alla branda. E continuò a camminare avanti e indietro per la cella come faceva sempre a quell’ora per aiutare la digestione. Ogni tanto lanciava un’occhiata alla lettera con aria indagatrice, domandandosi chi poteva essere.
Lui non scriveva mai a nessuno e fuori non conosceva più nessuno. Non aveva e non aspettava nulla dalla sua vita. Finalmente si decise. Prese in mano la lettera e lesse il mittente. La lettera veniva da Torino ed era di una donna. Aveva uno strano nome, Maria Luce. Non conosceva nessuno con questo nome. Riposò la lettera senza leggerla e continuò a camminare avanti e indietro. Su e giù. Quella notte camminò più a lungo del solito. Poi Nino prese una decisione.
All’improvviso accese la luce e lesse la lettera. – Ciao Nino, ho avuto il tuo indirizzo da un tuo compagno, che vuole rimanere anonimo, che mi ha detto che non ti scrive mai nessuno e allora ho pensato di farlo io. Spero che mi risponderai. Maria luce. Lui aveva paura delle persone, dell’amore e dell’amicizia, ma sentì una forza che lo convinse a rispondere. E Nino e Maria luce cominciarono a scriversi. Lei: – Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza per riprovarci. Lui:- Il sole tramonta senza speranza, in attesa di un’alba che arriverà troppo presto, per dimostrare che oggi sarà uguale a ieri.
E lei:- In riva al mare un gabbiano mi guarda e mi chiede: ”E tu che pensi?” Ed io gli rispondo: “Penso a te che sai volare.” E lui: – Giorni uguali, come notti, per giorni inesistenti, per notti inutili, per sempre. Il buio, il nulla, fino all’ultimo dei giorni. Ancora lei:- Non perdere mai la speranza. Ancora lui: – La pena dell’ergastolo ti abbraccia in una morsa mortale e non puoi fare nulla per liberartene. Divennero presto buoni amici. Nino non aveva mai avuto un’amica e Maria Luce gli aveva portato il sole nel cuore. Iniziò a pensare di essere ancora in tempo per amare la vita. Lui ora era molto cambiato. Salutava, sorrideva e parlava con tutti.
Leggeva, scriveva, ascoltava la televisione e sentiva la musica. Nino ora era contento come non lo era mai stato. Maria Luce gli aveva illuminato il cuore. Ora a Nino gli capitava spesso di ridere. Dopo molti mesi le lettere di Maria Luce diminuirono. Lui non ci fece caso perché ormai portava la sua amica nel cuore e anche quando non riceveva le sue lettere, la sentiva vicino.
Un giorno lei gli scrisse che stava male, molto male, e che non poteva fare nulla per guarire.
Lui voleva fare qualcosa per aiutarla, ma non sapeva come fare.
Era molto preoccupato. Nino non conosceva la malattia che aveva colpito Maria Luce, ma sapeva che lei stava soffrendo senza che lui potesse fare qualcosa. Questo non era giusto e per solidarietà con la sua amica incominciò ad ammalarsi anche lui. Iniziò a non uscire più dalla cella, smise di mangiare, di pensare e di esistere. Nino piombò nel buio e nella tristezza più assoluta. Maria Luce a sua volta sentì che il suo amico stava spegnendosi come una candela.
Intuì che per colpa della sua malattia Nino stava morendo. Questo non lo poteva permettere e pensò di iniziare a guarire per salvare il suo amico. L’idea che Nino potesse guarire grazie a lei la fece sentire subito un po’ meglio. Maria Luce, con tutte le forze, si scrollò la malattia di dosso. Nessuno c’era mai riuscito. Lei per amicizia ci riuscì. Presto entrambi guarirono e Maria Luce ritornò a essere il sole nel cuore di Nino. Dopo tanti anni Nino ottenne la grazia e uscì dal carcere. Fuori dal portone c’era lei ad aspettarlo. Si afferrarono per mano senza dirsi nulla.
Maria Luce lo portò nella prima gelateria che incontrarono. Gli comprò un gelato alla fragola come gli aveva sempre promesso nelle sue lettere. Nino era trentacinque anni che non mangiava un gelato e si sentì l’uomo più felice della terra.
Archivi tag: assassino dei sogni
Niente più carcere di Augusta, una riflessione dal carcere di Opera (MI)
Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da un mio compagno detenuto in un altro carcere. Un avvocato di un detenuto gli porta la notizia che l’abolizione dell’ergastolo è passata alla Commissione Giustizia traendo spunto dalla proposta del Codice Pisapia. Giornata felice per quei compagni destinatari di una notizia così travolgente. Tutti ad ascoltare i dibattiti televisivi dei politici, giorno dopo giorno, nella speranza di sentire quello che ognuno di loro si augurava. Nulla! Nessun riferimento a ciò che si agognava…
Per qualche giorno i cuori dei miei compagni avevano ricominciato a battere, avevano di nuovo, anche se per poco, sentito la vita scorrergli nelle vene.
Li ho immaginati mentre ognuno di loro faceva progetti di vita, che scrivevano alla famiglia dicendo: Aboliscono l’ergastolo! Finalmente avrò una data sul calendario per tornare a casa tra le vostre braccia e il vostro amore…
Tutta questa felicità si è spenta in pochi giorni. Le loro anime ritorneranno nell’oblio della certezza di una pena che non finirà MAI. Cosa è successo? Niente di “speciale”. È tutto nella norma. È così che noi viviamo, apparentemente rassegnati al nostro destino ma non appena intravediamo un barlume di luce, eccoci precipitarci verso quello che si rivelerà essere l’ennesima illusione. Colpa di un avvocato che ha detto una “fesseria”? Del suo cliente che ha frainteso? Non importa di chi è la colpa, la verità è che alla fine abbiamo bisogno di questi fraintendimenti, ne abbiamo bisogno per spezzare, anche se per poco, quella certezza che divora il nostro essere, la certezza del fine pena mai! Illusioni che come le onde si infrangono sugli scogli lasciandoti il sapore salmastro in bocca, ma necessarie per rimanere confinati nel buio, un buio irto di insidie, che non fa altro che indurti alla rabbia, di senso di impotenza che diventa la dipendenza di quell’Io che nessuno vorrebbe più essere. Pietà? No, non è questo che chiediamo, ciò che vogliamo è il diritto alla vita che non è il diritto a vivere. Noi viviamo e continuiamo a vivere. La vita, invece, è l’ESISTENZA! Ciò di cui siamo stati privati.
Marzo 2010
Di Alfredo Sole
Niente carcere, due settimane oggi…
Dato che purtroppo non mi arriva più posta dal carcere e non posso dimostrare in alcun modo che stiano filtrando e bloccando le lettere in uscita dirette a me che prima mi arrivavano pubblico testi di detenuti da varie carceri d’Italia presi da www.urladalsilenzio.wordpress.com
questo dialogo surreale è stupendo, leggetelo…
Capita che si cerchi persino conforto nella matematica per avere una speranza. Ma alla fine resterà solo un grande mal di testa. Questo testo giunge da Francesco Mammolliti, detenuto a Carinola. E’ assolutamente parvaso da una capacità umoristica, che sotto la vernice demenziale graffia senza che neanche te ne accorgi. E’ stata sempre un’arte quella di sfoderare i pugni coi guanti di velluta, quella particolare comicità che non ti fa ridere e basta, ma pensare e interrogarti anche dietro la leggerezza. Fare sorridere mentre il fondo del bicchiere è amaro è un gioco di sfumature, qualcosa di estremamente difficile. Il professore di matematica applicato all’ergastolo è naturalmente il trionfo della demenza. Ma mentre la maschera è in scena, si parla di… collaborazioni e pentimenti, ergastolani da 15 anni piantonati, il fine pena mai come Moloch, la disperata voglia di aggrapparsi a qualcosa.. fossero pure le stramberie di un professore di matematica.. Si ride.. a denti stretti.. un retrogusto amaro, dopo il “teatro”, resta in bocca.
———————————————————————
Ergastolano: Mi scusi prof. Zwirner, le posso fare una domanda?
Prof Zwirner: Mi dica?
E: Io sono stato condannato all’ergastolo, secondo lei, matematicamente parlando, potrà uscire dal carcere? E se si quando?
P: Ma che domanda è questa? Non ha senso. Se uno è condannato all’ergastolo nonuscirà più, altrimenti che ergastolo è.
E: Professore si dice che in Italia l’ergastolo è solo scritto sulla carta, ma che in realtà nessuno lo espia veramente.
P: Quindi lei non ha mai conosciuto nessuno che ha scontato veramente l’ergastolo?
E: No, nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti prima di scontarlo. Comunque quello che volevo dire è il fatto che, ormai, con questi computer si riesce a calcolare tutto, non possiamo calcolare il fine pena di un ergastolano con qualche equazione?
P: Assolutamente no! Sono atti che decidono gli uomini. Al massimo possiamo fare una statistica, un pò approssimativa, ma mi servono dei dati: Quanti ergastolani ci sono? Quanti ne sono usciti? Quanti anni di pena hanno espiato prima di uscire? Quanti ne sono morti prima di uscire? Ecc.
E: In Italia ci sono circa 1700 ergastolani. Qui a Carinola siamo circa 80 ergastolani. Un’altra cosa che Le posso dire è che ogni anno, se un detenuto si comporta bene può uscire tre mesi prima con la liberazione anticipata.
P: Questa è una buona notizia, tre mesi prima a partire da quale data?
E: Tre mesi senza data… tre mesi… prima.
P: Con questi dati difficilmente possiamo fare qualche calcolo, ma comunque proviamoci facendo qualche ragionamento. La matematica è ragionamento. In questo caso dobbiamo utilizzare la statistica. Ogni giorno questi 1700 ergastolani espiano, con la liberazione anticipata di cui lei mi parlava, 5 anni e 10 mesi, in una settimana 35 e 7 mesi, e così via. Un’altra cosa che sappiamo è che sono entrati nel corso degli anni e non in un giorno, pertanto dovranno uscire via via. Cioè se si fa espiare mediamente ad ogni ergastolano 35 e 7 mesi, ogni settimana deve uscire dal carcere un ergastolano.
Secondo le sue conoscenze, ogni settimana, esce un ergastolano?
E: Ma che fa, scherza professore? Ogni settimana.. magari!.
P: Immaginiamo questi ergastolani che posti in fila attendono il trascorrere della loro pena per poter riacquistare la libertà, ipotizzando che questa pena abbia un ipotetico fine e rappresentiamo queste persone con tanti quadratini.
Se la porta si apre ogni anno per fare uscire uno di questi tanti quadratini, cioè ogni anni esce un ergastolano.
E: 1700 anni… e non muore prima?
P: Sì che muore prima, ma poiché la vita media è pari a circa 75 anni, sottraendo gli anni in cui probabilmente e mediamente sono entrati in carcere, 30 anni, non tutti, purtroppo per loro, riusciranno ad ottenere la libertà.
E: Professore non mi dica che possiamo morire in galera?
P: In sostanza 45 persone riacquisteranno la libertà e gli altri 1655, purtroppo o fortunatamente, periranno. Cioè, solo lo 0,026% dei detenuti potrà riacquistare la libertà anche sse l’ultimo dei 45 ergastolani tornerà libero a 75 anni di età.
E: Facciamo che un ergastolano sconti 30-35 anni, ogni quanto tempo si deve aprire la porta?
P: Se si vuole che un ergastolano espii mediamente una pena di 35 anni la porta dell’istituto dovrebbe aprirsi, mediamente, ogni 7 giorni. Qualora, invece, si volesse che espii, sempre mediamente, una pena di circa 70 anni, la porta deve aprirsi ogni 14 giorni.
E: E se non si apre la porta ogni sette giorni?
P: Se ogni 7 giorni almeno un ergastolano non lascerà il carcere, qualcuno, conseguentemente, morirà in carcere!
E: Professore io volevo qualche parola di conforto e Lei mi sta facendo preoccupare.
P: Se non ci sono altri istituti giuridici, purtroppo, la realtà è questa.
E: Veramente, un artificio, tutt’altro che fantasioso, c’è. Molti lo considerano assolutamente immorale, altri immorale ma necessario. In poche parole, si deve consegnare alla giustizia qualcuno che sconti l’ergastolo al posto dell’ergastolano.
P: Tale artificio, così come me lo descrive, consente ad uno dei quadratini dell’esempio di prima di saltare la fila e passare davanti agli altri. Per fare un parallelismo e per sdrammatizzare si può paragonare al metodo che alcuni furbetti utilizzano durante le lunghe attese negli uffici pubblici, alla posta, alla banca, ecc. Si salta la fila!! Differentemente dagli uffici pubblici, nel sistema penitenziario, c’è un “controllore” che consente il salto della fila purché il detenuto consegni altri quadratini da mettere in fila.
E: Mi sembra di aver capito. Ma così gli ergastolani non diventeranno sempre di più?
P: In tal procedere dovrebbe crearsi, come Lei dice, un’inflazione molto rilevante di ergastolani, se non fosse che il passar a miglior vita di alcuni di loro riesce a portare una deflazione e un moderato equilibrio.
E: Professore se facciamo il calcolo sugli ergastolani di Carinola, qualche speranza c’è di non morire in galera?
P: Ritornando al ragionamento di cui abbiamo detto e affidandoci ancora alla madre di tutte le scienze possiamo fare qualche calcolo in modo più realistico. Quanti detenuti ci soo a Carinola?
E: Qui c’è un’alta concentrazione di ergastolani: attualmente siamo circa 80!
P: Quanti ergastolani sono usciti da qui negli ultimi anni?
E: Io sono qui da 15 anni e non ho mai visto nessuno uscire.
P: Questo è un problema, ma per fare qualche calcolo da cui ricavare, per ipotesi, possimo immaginare che ne sia uscito almeno uno. Ottanta per cinque quarti fanno se non erro mille e cinquecento… quindi gli 80 ergastolani in questi 15 anni hanno espiato 1500 anni di pena. Se si proseguirà con questa media ne potranno uscire altri 2, tra cui l’ultimo all’età di 75 anni. Gli altri 77 per la statistica periranno a poco a poco in galera.
E: Quindi io posso essere uno dei due?
P: Si ricordi che abbiamo ipotizzato che il primo sia uscito, ma non è vero!
E: Comunque quanti anni devo espiare prima di uscire?
P: Io veramente non ho parlato di uscire!
E: Senta Professore, prima o poi dovrò uscire. Da morto mi faranno uscire?!
P: Per rispondere alla sua domanda facciamo un altro calcolo, cioè quanti anni potranno espiare gli ergastolani di Carinola prima di morire. Calcolando una vita media di 75 anni e immaginando che siano entrati mediamente all’età di 30 anni, 80 ergastolani X 45 anni x 5/4 (liberazione anticipata) = 4500 anni.
E: Ma non sono troppi?
P: Tutto è relativo, comunque la sua quota è di soli 56 anni.
E: Professore, sa che le dico? La matematica è dura!
P: La scienza di cui stiamo avvalendoci, propriamente non è matematica, è statistica. La statistica è una scienza di derivazione matematica che si occupa di studiare e descrivere la realtà fenomenica nei suoi aspetti di rilevazione numerica.
E: Professore la prego, non mi confondi con questi paroloni, ho la testa piena di numeri.
P: Mi auguro che i miei discorsi siano stati soddisfacenti.
E: Come no?… La ringrazio tanto… ma Lei pensa che con tutti questi numeri in testa riuscirò a prendere sonno stanotte?!
P: Da una recente statistica l’uomo, mediamente, dorme otto ore per notte… se Lei…
E: Professore, per favore, per favore, si fermi… Ho un impegno piuttosto urgente… ci vediamo un altro giorno. La saluto…
P: La saluto anch’io, quando ha bisogno di qualche spiegazione non si crei problemi…
E: Ma Le pare… che io proprio ora… che so tutte queste cose.. mi crei dei problemi…?
(Francesco Mammoliti)
Lettera di compleanno di un ergastolano alla figlia
Mi è appena arrivata, il tempo di copiarla e pubblicarla
Ventisette luglio 1955, il giorno, il mese e l’anno che sei nata insieme con me.
Prima di entrare nella mia vita sei entrata nei miei sogni.
Sette febbraio 1982, il giorno, il mese e l’anno che sei venuta al mondo.
Sei arrivata nei miei sogni molto tempo prima che tu nascessi.
Ora il tuo amore mi salva la vita tutti i giorni e tutte le notti e mi aiuta a fare mattino e arrivare a sera.
Solo amandoti riesco ancora ad amare l’universo.
I tuoi pensieri mi proteggono mi fanno sentire vivo in un mondo di morti.
Sei il cuore della mia vita.
L’Assassino dei sogni può mangiarmi i sogni, ma non può impedirmi di amarti.
Niente è più forte come l’amore di un padre per una figlia e di una figlia per un padre.
Spero di essere ancora in tempo ad amarti come ho sempre sognato.
Ti voglio bene, papà ti ama.
Buon compleanno amore.
Carmelo Musumeci – Carcere di Spoleto
Sovraffollamento all’inferno
In questi giorni in un vecchio giornale ho letto:
“Una signora lasciò i suoi due cani nel bagagliaio della sua station wagon con i finestrini aperti per andare a fare un servizio. Al suo ritorno trovò i vigili.
– “È tutto in regola protestò. Ho pure attrezzato il portabagagli con la rete di divisione. Cosa volete da me?”
I vigili risposero semplicemente:
– “La legge dice chiaro che un cane deve avere uno spazio vitale minimo di otto metri. Le sembra che ci siano otto metri dentro il baule? E la multarono.”
Peccato che in carcere non ci sono vigili!
A parte l’ironia, l’Italia è uno strano paese, un cane deve poter disporre di almeno otto metri quadri, mentre in molti carceri alcuni detenuti devono in cella fare a turno per stare in piedi.
Il sovraffollamento incomincia a farsi sentire anche a Spoleto.
Stanno arrivando molti detenuti anche da altri carceri e stanno incominciando a mettere due detenuti in cella singola, con l’agibilità a contenere una sola persona.
Spero per l’Assassino dei Sogni che con me non ci provi perché perderebbe.
In tanti anni di carcere lo Stato mi ha sempre trattato come una belva e mi ha fatto diventare un lupo solitario.
Mi ha fatto vivere in una solitudine infinita, sconfinata, solo in compagnia di me stesso.
E quando la solitudine ti entra nella tua testa, nel tuo cuore, e nella tua anima, un uomo ombra non ne può più fare a meno.
Lo Stato, nell’Isola del Diavolo dell’Asinara, mi ha sottoposto per cinque anni al regime di 41 bis, di cui un anno e sei mesi in totale isolamento, con il cancello, blindato e spioncino chiuso, con solo due ore d’aria senza mai vedere e parlare con altri detenuti.
Lo Stato mi ha sottoposto a otto mesi di regime di sorveglianza particolare del 14 bis nella cella liscia, isolato da tutti gli altri detenuti, senza televisione e fornellino.
Dopo tanti anni d’isolamento, di regimi duri e punitivi, mi hanno abituato e mi sono abituato a stare da solo e non riuscirei più a stare in compagnia di un altro detenuto in una cella.
Ci hanno provato a mettermi un detenuto in cella nel carcere di Nuoro, ma dopo tre giorni l’Assassino dei Sogni si arrese perché ogni volta che andavo al passeggio mi sdraiavo per terra, costringendo le guardie a portarmi in cella di peso.
Una volta al direttore del carcere di Parma, quando sono andato volontario, per stare da solo, alle celle di punizione ho detto:
– “Né in questa terra, né nell’aldilà, nessuno potrà mai obbligarmi a dividere una cella con un altro detenuto”.
Tutte le volte che l’Assassino dei Sogni ha provato a mettermi un compagno nella mia stanza ho sempre detto:
– “Datemi una speranza, una sola, che un giorno potrei uscire e avrò un motivo per accettare un compagno in stanza”.
Gli uomini ombra non possono stare in compagnia con le persone che hanno un futuro.
I morti non possono stare in cella con i vivi.
Carmelo Musumeci
Carcere di Spoleto – Gennaio 2010