Musica: Chiara Muti al Maggio Fiorentino per ‘Natura Viva’


Chiara Muti da’ voce alla morte di Borsellino in ‘Natura Viva’, l’opera di Marco Betta e Ruggero Cappuccio. Fedele alla sua tradizione di commissionare opere nuove ad autori italiani, il Maggio Musicale Fiorentino mette in scena al Teatro Goldoni il 15 e il 17 giugno, in prima esecuzione assoluta, ‘Natura viva’, il lavoro creato appositamente per il Festival dal compositore siciliano Betta e dal librettista Cappuccio, che ne e’ anche il regista. Sul podio di un ensemble di sedici elementi Aldo Sisillo.

”Opera in un atto per donna sola a Palermo”, come indica l’autore, ‘Natura viva’ vede protagonista Chiara Muti, al suo debutto nella citta’ dove e’ nata durante gli anni di direzione principale del padre al Maggio, che interpreta il personaggio centrale di Luce, una giovane donna che rivive quasi medianicamente tre morti simboliche per giustizia, per arte e per amore, quelle di Paolo Borsellino, di Caravaggio e di Antigone, ”lasciandosi ingravidare -come scrive Cappuccio- dalla luce e dalle ombre di Palermo, in una danza della bellezza, fino alla resurrezione finale”. ”La musica per quest’opera -aggiunge Betta- nasce dalle ceneri e dai frammenti delle musiche di scena per il nostro precedente lavoro con Ruggero Cappuccio, ‘Paolo Borsellino Essendo stato’, e l’organico da camera utilizzato e’ una sorta di omaggio e di esercizio di stile a Il Giro di vite di Britten”

fonte Adnkronos

Teatro: Siena, al via il Festival delle Ombre di Poggibonsi


Giunto alla sua 14esima edizione torna il Festival Internazionale delle Ombre di Staggia Senese. Si terra’ dal 12 al 19 giugno presso la Rocca di Staggia Senese a Poggibonsi, in provincia di Siena. ‘L’ombra del vivere’, questo il sottotitolo della manifestazione, avra’ in cartellone spettacoli teatrali per bambini e adulti, una proiezione-evento, un seminario di ‘pizzica salentina’ e due conferenze con ospiti illustri come Marco Travaglio, Salvatore Natoli e Antonio Prete. L’obiettivo e’ quello di parlare del tema complesso della morte con i linguaggi del teatro, della poesia e delle immagini, senza tralasciare pero’ la parola di filosofi e letterati.

”Abbiamo scelto -spiega Marcella Fragapane, direttore artistico del festival- il meglio delle produzioni internazionali e nazionali per poter parlare di un tema cosi’ complesso in modo dettagliato ed originale. Non possiamo che essere soddisfatti per essere arrivati al traguardo dei 14 anni e, pur tra le tante difficolta’ che le produzioni culturali stanno attraversando in questi anni, siamo certi -conclude la direttrice- di aver proposto un bel programma, grazie soprattutto al lavoro instancabile dei tanti volontari e delle amministrazioni che ci sostengono”. Sul palco all’aperto, costruito dentro l’antica Rocca di Staggia Senese, saranno allestiti sette spettacoli. L’inaugurazione di sabato 12 giugno alle 21.45 e’ affidata alla ”Antigone” della compagnia Patricia Zanco. I giorni successivi poi vedranno alternarsi sul palco Walter Broggini (”Solo”, il 13); Joan Baixas (”Tierra prenada”, il 15), anticipato alle 21.15 da un’esibizione di ‘pizzica’ con Serena D’Amato; il Teatro Zaches (”Il fascino dell’idiozia”, il 17); Muta Imago (”(a+b)³”, il 18); e il Teatre dell’Ombrelle francese (”Le prince tigre”, il 19). Evento speciale del festival poi sara’, il 18 giugno alle 21, la videoproiezione de ”La classe morta” di Tadeusz Kantor, spettacolo teatrale messo in scena per la prima volta dal pittore, scenografo e regista polacco a Cracovia nel 1975.

fonte Adnkronos

Giustizia: 2 detenuti suicidi in un solo giorno, 10 da inizio anno


  Sono già 10 i detenuti che si sono suicidati in cella dall’inizio del 2010: ieri, in un solo giorno, due detenuti, uno a Fermo e uno a Padova, si sono tolti la vita.

Il giorno prima, un’altra morte nel carcere di Brescia. Il triste bilancio è reso noto dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere. La cronaca dei fatti parla da sola: il 22 febbraio 2010, alle 15.30 nel carcere di Brescia si suicida un detenuto tunisino di 26 anni, il 23 febbraio 2010, alle 17 nel carcere di Fermo si suicida Vincenzo Balsamo, di 40 anni, e poco dopo alle 23.45 nel carcere di Padova si suicida Walid Aloui, 28 anni.

Le altre sette vittime del carcere del 2010 sono: Volpi Ivano, 29 anni, il 19 gennaio a Spoleto, Mohamed El Abbouby, 25 anni, il 15 gennaio a San Vittore, Abellativ Eddine, 27 anni, il 13 gennaio a Massa Carrara, Attolini Giacomo, 49 anni, il 7 gennaio a Verona, Tammaro Antonio, 28 anni il 7 gennaio a Sulmona, Frau Celeste, 62 anni, il 5 gennaio a Cagliari, Ciullo Pierpaolo, 39 anni, il 2 gennaio ad Altamura.

Nel carcere di Padova ieri sera si è suicidato Walid Aloui, tunisino di 28 anni. L’uomo era nel carcere di Padova da circa un mese, trasferito dal carcere di Trento. Era nella sezione “protetti”, accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza di Trento, fatto che sarebbe avvenuto nel novembre 2008.

I “protetti” – spiega l’osservatorio – non possono avere contatti con il resto dei reclusi, perché il tipo di reato di cui sono accusati è ritenuto inaccettabile per il “codice etico” dei detenuti, quindi vivono la detenzione in condizioni di ulteriore emarginazione, senza poter accedere alle attività trattamentali quali scuola, lavoro, sport. Walid stava, insieme a due compagni, in una cella di 3 metri per 2, più un piccolo bagno annesso.

Uno spazio al di sotto dello standard minimo di vivibilità previsto, che è di 3,5 mq a persona, sottolinea l’Osservatorio, ricordando che per situazioni analoghe lo Stato Italiano è già stato condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, che ravvisa gli estremi del “trattamento inumano e degradante” quando un detenuto non ha a disposizione almeno 3,5 metri quadri di spazio.

Nella carcere di Fermo ieri pomeriggio si è ucciso Vincenzo Balsamo, di 40 anni. L’uomo è stato trovato impiccato nel bagno dai compagni di cella, che hanno immediatamente lanciato l’allarme. Nonostante il pronto intervento della polizia penitenziaria e dei sanitari delle Croce Verde, per Balsamo non c’è stato nulla da fare: il suo cuore, che aveva cessato di battere da diversi minuti, non si è più ripreso. Sulla vicenda ha aperto un fascicolo la Procura della Repubblica di Fermo.

Al momento l’ipotesi più accreditata è quella del gesto estremo, anche se la vittima non aveva dato alcun segno di voler tentare il suicidio. L’uomo fino a poco prima della tragedia aveva giocato tranquillamente a carte con gli altri detenuti, poi si era appartato in bagno. I compagni di cella, non vedendolo rientrare, si sono preoccupati e, quando hanno aperto la porta, si sono trovati di fronte alla macabra scena.

Balsamo ieri aveva effettuato il colloquio settimanale con lo psicologo del carcere ed era apparso tranquillo: era anche un consumatore di droga e una settimana fa era scappato dalla Comunità dove era stato provvisoriamente trasferito. Così, con i due suicidi di ieri salgono a 10 i detenuti che si sono tolti la vita da inizio dell’anno.

 Suicida a Fermo, dopo revoca affidamento in prova Vincenzo Balsamo, il detenuto italiano di 40 anni che si è ucciso ieri pomeriggio nel carcere di Fermo, era stato arrestato da pochi giorni, in seguito alla revoca dell’affidamento in prova ad una comunità di accoglienza. Lo si è appreso presso il Dipartimento regionale dell’amministrazione penitenziaria delle Marche.

L’uomo era già stato arrestato altre volte in passato, sempre per reati legati allo spaccio di stupefacenti, ed aveva trascorso periodi di detenzione nello stesso carcere fermano e in quello di Ascoli Piceno. Si è impiccato nella propria cella utilizzando la cordicella dei pantaloni della tuta. Inutili i soccorsi dei sanitari del carcere e quando un equipaggio del 118 è giunto sul posto Vincenzo Balsamo era già morto. L’ufficio regionale del Dap ha avviato un’indagine amministrativa, parallela all’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Fermo.

 Antigone: detenuto suicida a Fermo ci aveva chiesto aiuto Vincenzo Balsamo, il detenuto che si è suicidato ieri pomeriggio nel carcere di Fermo, aveva scritto, con alcuni compagni di cella, una lettera ad Antigone per fare ricorso, tramite l’associazione, alla Corte europea per i diritti dell’uomo contro il sovraffollamento in quel penitenziario. A renderlo noto è Stefano Anastasia, difensore civico di Antigone, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri.

“Nella lettera – riferisce Anastasia – Balsamo raccontava di una situazione pesante nel carcere di Fermo e di uno spazio a disposizione ben inferiore al minimo vitale, che la corte europea ha fissato in 3 metri quadrati, sotto ai quali si parla di trattamento inumano. “Come associazione – aggiunge Anastasia – abbiamo risposto a Balsamo e ai suoi compagni chiedendo maggiori dettagli per poi inoltrare il ricorso alla corte, ma lui non ha fatto in tempo a risponderci: ieri si è suicidato”. Sono già oltre 1.200 i detenuti per i quali Antigone ha inoltrato ricorsi alla Corte per i diritti dell’uomo contro il trattamento inumano subito nelle carceri italiane a causa del sovraffollamento.

 Detenuto suicida a Padova, la denuncia della Uil “Non c’è troppa voglia di commentare quest’ennesima morte in carcere – dichiara Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Penitenziari – abbiamo deciso di surrogare l’amministrazione penitenziaria in tema di comunicazione e trasparenza. Non possiamo non rimettere al capo del Dap, Ionta, ma allo stesso ministro Alfano l’opportunità di ritirare le disposizioni per cui il personale penitenziario non può fornire alcuna notizia autorizzata dallo stesso capo del Dap”. “Padova non è quell’Eden penitenziario di cui sui favoleggia – aggiunge Sarno – ci sono evidenti criticità. Questo suicidio è la più spietata delle denunce sulle vere condizioni della casa di reclusione di Padova, tra l’altro da noi denunciate attraverso una relazione redatta al termine di una mia visita effettuata nel novembre 2008. Purtroppo le personalità che visitano gli istituti lo fanno attraverso percorsi individuati dagli amministratori del carcere. Sarebbe il caso che si visitassero le strutture in tutta la loro estensione e mettendo il naso in tutti gli ambienti”.

E conclude: “Nascondere la polvere sotto il tappeto è operazione inutile, anzi dannosa. Una cosa deve essere chiara: i tanto declamati percorsi trattamentali e risocializzanti di Padova non riguardano l’intera popolazione detenuta e sono possibili solo ed esclusivamente penalizzando il personale che è sottoposto ad incredibili carichi di lavoro ed alla quotidiana contrizione dei diritti soggettivi”.

da www.ristretti.it

Già mille detenuti per denuncia trattamenti inumani si sono rivolti a Antigone per ricorso a Corte Europea


“L’Italia sta violando i diritti umani nelle carceri senza porsi il problema del rimedio”. Lo denuncia Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione ‘Antigone’ che annuncia come già mille detenuti, da agosto ad oggi, abbiano chiesto il sostegno dell’associazione nella procedura di ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro le condizioni di vita che sono costretti a subire negli istituti di pena italiani.

“Mille richieste di indennizzo, dunque, contro lo Stato italiano – spiega Gonnella – per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, quello che vieta le torture e le pene inumane o degradanti”. E aggiunge Gonnella “i primi ricorsi sono stati già formalmente depositati”.

La situazione delle carceri è fuori dalla legalità interna – dice ancora il presidente di Antigone – nonché della legalità internazionale. Non sono rispettate le leggi nazionali; la quasi totalità delle celle non è a norma rispetto al Regolamento del 2000 approvato dall’allora Presidente della Repubblica Ciampi.
Non sono rispettate le norme internazionali. Sono palesemente violati gli standard europei sui metri quadri a disposizione per ogni detenuto. E per questo a luglio l’Italia è stata condannata a risarcire un detenuto bosniaco di mille euro perché per mesi ha vissuto in meno di 3 metri quadri. Ipotesi configurata dai giudici europei come tortura”.

Proprio in occasione del Natale ‘Antigone’ ha visitato numerose strutture penitenziarie riscontrando situazioni gravi anche negli ospedali psichiatrico giudiziari (opg).

A Napoli, nell’ Ospedale psichiatrico giudiziario, sono 127 gli internati che trascorrono gran parte della loro giornata chiusi all’interno di celle spoglie. E’ utilizzato il letto di contenzione. “Tra i casi più gravi – racconta Gonnella – quello di un ragazzo immigrato di appena 21 anni, che si trovava seminudo (con solo uno slip e un pullover) in una cella liscia priva di ogni cosa, letto incluso e con il blindato chiuso. La cella era sporca di escrementi.

Dal registro ci risulta sia stato legato al letto di coercizione per almeno tre giorni di seguito, appena giunto in OPG, e poi portato in una cella liscia”. Nella Casa circondariale di Piacenza ci sono 398 detenuti per una capienza regolamentare di 200 posti (tasso di sovraffollamento del 199%). A Bari i detenuti sono 612, per una capienza regolamentare di 295 posti (tasso di sovraffollamento del 207%).

Alla Dozza di Bologna i detenuti sonno 1.177 detenuti in una struttura nata per contenerne 483. “Scandaloso – commenta Gonnella – il numero di 4 educatori, mentre dovrebbero essere almeno 21”. Il tasso di sovraffollamento è del 243%.

Nell’ opg di Reggio Emilia gli internati sono 295 per una capienza regolamentare di 120 posti (sovraffollamento del 245%). Nella Casa di reclusione di Alessandria San Michele i detenuti sono 384 per una capienza regolamentare di 173 posti (tasso di sovraffollamento del 221%).

“Ci auguriamo – conclude Gonnella – che il Governo non risponda a questo gravissimo vulnus allo stato di diritto raccontando per l’ennesima volta le frottole del piano carceri”.

da www.linkontro.info

Pentito muore in carcere, la moglie “lo hanno pestato”


Nuova morte sospetta in un carcere italiano, il 67esimo suicidio dall’inizio dell’anno, il 169esimo detenuto morto nel 2009. Ed è subito giallo. , 35 anni, detenuto per criminalità organizzata da poco collaboratore di giustizia, è stato trovato morto mercoledì nella sua cella del San Michele di Alessandria.  Il carcere parla di suicidio, la moglie accusa «E’ stato pestato».

«La direttrice mi ha comunicato che lo hanno trovato impiccato, ma non è vero – racconta la moglie del detenuto – Ho visto il corpo all’obitorio del cimitero di Alessandria: ha il naso rotto, un livido sotto l’occhio destro, tanti altri lividi sulla schiena, sulla pancia, in faccia. Ha perso sangue dagli occhi e dalle orecchie. È stato pestato».

Ruffo era arrivato nel carcere di Alessandria lunedì sera e proveniva dalla casa circondariale di Ariano Irpinio. Sabato scorso aveva chiamato la moglie dicendole: «Devo darti una bella notizia: sono arrivate le carte del trasferimento, le aspettavo da quindici giorni. Da lunedì sono più vicino a te, ci vedremo più spesso». E invece qualcosa è andato storto.

L’Osservatorio permanente sulle morti in carcere (formato dai Radicali e dalle associazioni Detenuto Ignoto, Antigone, A Buon Diritto, Radiocarcere e ) fa notare che quella di Ruffo è la terza morte sospetta dall’inizio dell’anno al San Michele di Alessandria. Prima di lui si sono tolti la vita , 63 anni, ex agente segreto, in carcere per traffico di armi, e , 35 anni, nigeriano coinvolto in vicende di droga.

La morte di Ruffo, secondo , presenta alcune strane analogie anche con quella avvenuta lo scorso 17 novembre nel carcere di Palmi (Reggio Calabria), dove Giovanni Lorusso, 41 anni, è stato ritrovato cadavere con un sacchetto di plastica infilato in testa e riempito di gas: entrambi i detenuti provenivano dal carcere di Ariano Irpino, in provincia di Avellino, ed erano appena arrivati in un nuovo istituto. A detta dei parenti, non avevano «alcun motivo apparente né avevano mai manifestato l’intenzione di suicidarsi» e entrambi i corpi, restituiti alle famiglie, risultano segnati da ferite.

Sempre secondo i dati del Centro studi di la morte di Ruffo è la 67esima dal’inizio dell’anno. Il totale dei detenuti morti nel 2009 sale così a 169 segnando un massimo storico di suicidi in carcere.

da www.blitzquotidiano.it

Carceri: Gonnella , no a piu’ agenti penitenziari . In Italia uno su 1,54 detenuti;media europa e’uno su 2,94


“Nelle carceri non c’é bisogno di altri poliziotti. Abbiamo il più alto numero di agenti penitenziari in Europa: uno ogni 1,54 detenuti contro una media europea di 2,94”. A dichiararlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri, che ribadisce, invece, la necessità di introdurre il crimine di tortura nel nostro codice penale
“L’Italia, nel lontano 1987 – ricorda Gonnella – ha ratificato una Convenzione ma è ancora inadempiente. Vi sono vari disegni di legge pendenti. Chiediamo che vengano subito calendarizzati. Sarebbe un messaggio culturale forte”. “Ci sembrano poi – prosegue Gonnella – non comprensibili né condivisibili le rimostranze sul numero scarso di poliziotti nelle carceri di fronte agli episodi di questi ultimi giorni”. “Riteniamo che la questione non sia quella di aumentare l’organico di polizia, bensì quella di capire perché questo sembra non bastare mai, e di razionalizzarne la dislocazione”, dice ancora Gonnella.

“Nell’Europa dei 27 l’Italia è tra i paesi con il numero più alto di poliziotti in termini assoluti e relativi. Se si considera l’attuale numero di detenuti – spiega il presidente di Antigone – abbiamo un poliziotto penitenziario ogni 1,54 detenuti. La media europea è di 2,94. Sono 42.268 i poliziotti penitenziari in organico. 39.482 sono i poliziotti che lavorano effettivamente per l’amministrazione penitenziaria al netto di distacchi e assenze di vario tipo”. “Tra le situazioni regionali di maggiore disagio – segnala Gonnella – vanno segnalate quelle del Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Posto che circa 1500/1800 agenti svolgono compiti anche di natura contabile, che circa 700 agenti lavorano negli spacci, che circa 4/5000 uomini sono giornalmente impegnati nei servizi di traduzione e piantonamento dei detenuti fuori dalle strutture penitenziarie, che circa 500 agenti lavorano al Ministero della Giustizia, che circa 1600 agenti lavorano al Dap, che varie migliaia sono impegnate nei Provveditorati regionali, nelle Scuole di formazione, agli U.E.P.E., al GOM – Gruppo Operativo Mobile-, al N.I.C. – Nucleo Centrale Investigazioni, all’U.S.P.E.V. Ufficio per la Sicurezza del Personale e della Vigilanza, al Servizio Centrale delle Traduzioni e Piantonamenti, con annessa la sezione relativa al Servizio Polizia Stradale, fuori dall’Amministrazione penitenziaria (Corte dei Conti, Presidenza Consiglio dei Ministri, C.S.M., ministeri diversi) ne restano a spanne 16 mila che si sobbarcano il lavoro atto a garantire la sicurezza complessiva nelle carceri”. Infine, secondo Gonnella, “per un sud che non ha carenze di organico (a Bari l’organico amministrato è superiore di 30 unità a quello previsto dalla pianta organica; Lazio e Campania sono in sovrannumero) vi è un nord dove la situazione è drammatica (a Padova nuovo complesso mancano 78 unità, a Tolmezzo 38, a Torino 187, a Brescia 155). Si tratta di eredità del passato difficili da gestire”. (ANSA).

da www.osservatorioantigone.it