“Scacco Matto…al Re” a Catania


di Daniela Domenici

Una partita a scacchi come metafora della vita e del suo scorrere?

“Scacco matto…al Re”, scritto e diretto da Nicola Costa, primo spettacolo della nuova stagione del Teatro del TRE a Catania che ieri ha concluso le sue repliche, trae spunto da questo per raccontarci la storia dell’amicizia che nasce tra un detenuto, condannato a una pena molto lunga per un reato di mafia, e un agente di polizia penitenziaria nell’immaginario carcere di Poggio Moscato, amicizia scandita dai tempi di una lunga partita a scacchi.

Per Goethe gli scacchi sono il paradigma dell’intelletto; la comune passione per questo gioco eliminerà il divario tra i loro rispettivi ruoli, gli scacchi diventeranno il terreno per un confronto umano e il rapporto di stima, e in fondo anche di affetto, che nascerà tra i due uomini non sarà discriminato né inquinato dalla lunga condanna per associazione mafiosa che il detenuto deve scontare a testimonianza che i valori, quando sono veri, trionfano su qualsiasi preconcetto.

La scenografia voluta dal regista è semplice ed essenziale per rendere visivamente l’idea di come sia esattamente una cella: domina su tutto il nero del tavolino, dei panchetti e della branda; unici sprazzi di colore le lenzuola e l’armadietto bianchi.

Nel ruolo del detenuto Domenico Cannata, detto “’u Re”, un formidabile Franco Colajemma (che abbiamo avuto il piacere di applaudire ieri sera per la prima volta ma che speriamo che si possa ripetere in altre occasioni) che ha saputo rendere tutte le sfaccettature di questa persona sia nella perfetta mimica facciale che nel calore e nella varietà dei toni recitativi che nella gestualità: davvero i nostri più calorosi complimenti.

L’altro protagonista, un bravissimo Gaetano Lembo, direttore artistico dello stesso teatro del Tre, nella parte dell’agente Roccella il quale, convinto che dentro ogni detenuto ci sia comunque un essere umano che può essere reso migliore per quando tornerà a una vita non più “ristretta”, per questo creerà un rapporto con Cannata che diventerà poi di amicizia e affetto.

Nella parte di due agenti, colleghi di Roccella, che non ne condividono il comportamento, secondo loro, troppo permissivo, e che si comportano quindi da “duri” verso il detenuto due allievi dell’Accademia del TRE, Daniele Sapio e Melania Puglisi,; davvero bravo Sapio nella scena della tentata aggressione a Roccella. Un’altra allieva dell’Accademia, Anna Patanè, ben interpreta il breve ruolo della moglie del detenuto; la voce narrante fuori campo, molto importante ai fini di una migliore comprensione della vicenda, è di Riccardo Maria Tarci, attore e regista nonché docente dell’Accademia con Costa e Lembo.

Lo spettacolo si inserisce nell’ambito del progetto “Teatro e Legalità” nato lo scorso anno con la richiesta dell’ on. Salvo Fleres, Garante per i Diritti del Detenuto della Regione Siciliana,  di uno spettacolo scritto ad hoc che narrasse uno spaccato di vita all’interno del carcere e che fosse rappresentato in vari istituti penitenziari con un intento didascalico ma allo stesso di intrattenimento. Nicola Costa, per la stesura del testo, si è avvalso anche del libro “L’ora d’aria” scritto da Salvo Fleres e Paolo Galofaro che, partendo da citazioni di Cesare Beccaria, riporta sentenze, leggi, usi e costumi delle persone che vivono vite ristrette.

Nicola Costa non è nuovo all’approccio col teatro come strumento sociale, ha scritto vari spettacoli che hanno ricevuto premi nazionali quali “La Porta”, “Ritratto di un’isola” e “Terra mia”, quest’ultimo messo in scena lo scorso anno nel carcere di piazza Lanza a Catania e negli istituti scolastici catanesi con più alta dispersione scolastica.

Lo spettacolo, dopo le repliche concluse ieri sera al teatro del TRE, verrà portato domani e dopodomani nel carcere di massima sicurezza di Bicocca a Catania e sarà poi ripreso alla Sala Lomax, sempre a Catania, il 9 e il 10 dicembre.