I cani valgono più dei figli


Al presidente della Repubblica

ON. GIORGIO NAPOLITANO

Al ministro della Giustizia

ON. ANGELINO ALFANO

In questi giorni sono rimasto sorpreso della sensibilità del nostro Ministro della  Giustizia, tanto che ora quando qualcuno dei miei compagni di pena brontola che viviamo in un paese senza giustizia, vado su tutte le furie.

Come si fa a dire sciocchezze del genere, se il nostro Ministro, nel momento in cui è venuto a conoscenza che un cagnolino soffriva d’ansia, perché gli avevano arrestato il proprio padrone, si è impegnato in prima persona perché il padrone ottenesse gli arresti domiciliari e potesse consolare il suo cagnolino.

Onore al cane, onore al suo padrone che ha capito di vivere in un paese in cui i cani hanno più diritti dei figli dei detenuti, onore al Magistrato che gli ha concesso gli arresti domiciliari, onore al Ministro Alfano e alla sua sensibilità, che ha permesso di non mortificare la dignità di un cane che soffriva d’ansia.

Vede signor Ministro, sono un condannato per reati di poco conto, a pochi anni di carcere, ma siccome sono nato a Palermo, tra quei reati è stata aggiunta anche la ciliegina del 416 bis, che in Sicilia non si nega a nessuno e per questo devo scontare sino all’ultimo giorno di pena segnato in sentenza.

Signor Ministro, durante tutta la durata della pena ho visto una sola volta a colloquio i miei figli, perché nonostante il 416 bis, non ho mai avuto la possibilità economica per farli venire a trovarmi, a Spoleto.

Ora che mi restano pochi mesi di carcere da scontare, avevo chiesto un permesso e mi è stato negato, perché i miei figli non soffrono d’ansia per un padre che non vedono da anni e non sono stati ritenuti altrettanto meritevoli d’attenzione di quel cane che lei ha preso così tanto a cuore.

I miei figli non soffrono e non hanno bisogno della presenza del padre, per essere confortati come quel cane che lei ha preteso venisse rasserenato dalla presenza del suo padrone.

Signor Ministro mi consenta  di dirle  che è davvero un grande Paese quello dove il Ministro della Giustizia si preoccupa per l’ansia di un cagnolino e non dei figli dei detenuti che non possono vedere i genitori per anni.

Di Gregorio Girolamo

Casa di reclusione di Spoleto lì, 1 settembre 2010

Giustizia: Radicali; le carceri sono un sistema impazzito, Alfano venga a visitarle con noi


Il ministro della Giustizia Angelino Alfano “visiti le carceri con noi radicali”. Va bene che “un ministro non entra nelle celle e non parla con i detenuti, ma bisogna conoscere la realtà per fare delle politiche efficaci”. Lo chiede la deputata dei radicali Rita Bernardini, che tra sabato e domenica ha visitato cinque strutture detentive in Emilia-Romagna (la Dozza e il Cie di Bologna, il Cie di Modena e le due case lavoro di Castelfranco Emilia e di Saliceta San Giuliano nel modenese). Al termine delle visite, i radicali raccontano di aver trovato una “situazione sempre più grave e deteriorata”, dove ci sono “numerose illegalità” (che presto raccoglieranno in un’interrogazione parlamentare), e parlano di “sistema impazzito, che produce solo danni ed è estremamente dispendioso a fronte dell’assenza di risultati”. Bernardini, in una lunga nota, attacca poi anche la “politica della sicurezza”, che ha dato una forte stretta all’applicazione delle misure alternative: “Erano 50.000 nel 2005 e oggi sono 10.000”, con un tasso di recidivi che ora è del 68% (mentre sarebbe del 30% con misure alternative). Mai come nei Cie è evidente, attacca Bernardini, che “lo Stato italiano può essere considerato alla stregua di un delinquente professionale, viste le continue violazioni della legalità, rispetto alle quali non si intende porre rimedio in alcun modo”. Dopo aver visto i centri di Bologna e Modena, Bernardini afferma: “All’interno di queste strutture il degrado umano e civile può solo far vergognare un rappresentate delle istituzioni: persone trattenute come animali in gabbia, in mezzo alla sporcizia e al degrado”. Pesantissimo anche il giudizio sulle case lavoro, dove si scontano quelli che Bernardini definisce “ergastoli bianchi”. Nella case lavoro sono rinchiuse “persone ai margini della società tra cui tossicodipendenti, alcolisti, senza casa, disperati senza famiglia” ed “è evidente che il sistema non sia riuscito a recuperare nessuno”. Si tratta infatti di “ex detenuti che hanno già scontato il loro debito con la giustizia, ai quali, però, la pena può essere reiterata di altri sei mesi, un anno, 18 mesi, perché considerati socialmente pericolosi”. Ma come possono riabilitarsi se poi, fa notare Bernardini, “in queste ‘case lavorò, il lavoro non c’è o non c’è per tutti”, né vi sono educatori? A Saliceta San Giuliano, ad esempio, “non viene insegnato nulla e gli internati sono utilizzati solo per lavori di pulizia interna e cucina”, niente di utile al reinserimento nella società. A Castelfranco, invece, “i laboratori specializzati già presenti non sono utilizzati per una mancanza di interazione e di progettualità con le istituzioni locali”. Senza contare che agli “internati” delle case lavoro non vengono concessi mai permessi, dice Bernardini, anche se spetterebbero loro di diritto. Altro punto dolente delle case lavoro è il problema sanitario: “enorme, di notte non c’è la guardia medica. A Castelfranco c’è il defibrillatore, ma senza medico nessuno lo può far funzionare” e “i problemi odontoiatrici sono all’ordine del giorno, proprio per l’elevata presenza di tossicodipendenti”. È per tutti questi motivi che le pene scontate nelle case lavoro, prosegue la deputata radicale, “sono definite ergastoli bianchi, in palese contraddizione con la legge e la Costituzione italiana”. Tornando ai Cie, Bernardini sottolinea le pessime condizioni degli ospiti raffrontate alle dispendiosità per lo Stato. “Ogni ospite costa ben 75 euro al giorno, assegnati alla ditta che ha in appalto la struttura, più tutte le altre spese di gestione dei centri e il costo del personale addetto alla sorveglianza”. Quanto ai numeri, quello di Bologna ha una capienza di 95 persone, ma ne ospita 57, mentre il Cie di Modena ha una capienza di 60 persone. Le persone sono tenute come “animali in gabbia” per un tempo medio “di 30 giorni, con la procedura di rimpatrio per quelli riconosciuti, mentre quelli non identificati sono rimessi in libertà con l’ingiunzione di lasciare il paese nei successivi 5 giorni”. Bernardini spende poi qualche parola anche sulla Dozza di Bologna, dove i detenuti sono 1.150 (contro una capienza di 480), di cui il 65% è straniero. Gli educatori sono otto in tutto, ci sono problemi sanitari, soprattutto sul fronte dell’assistenza odontoiatrica e di quella psichiatrica. “Le medicine di prima necessità devono essere acquistate all’esterno e a spese dei detenuti. Anche la carta igienica è a pagamento”. Il personale di Polizia penitenziaria è “sempre in difficoltà, con turni di lavoro pesantissimi” e la struttura necessita di “numerosi interventi di ristrutturazione” a partire dalle docce. 

da www.ristretti.it

Empoli: il ministero ha bloccato l’arrivo dei detenuti transessuali


Bloccato. Questa volta l’inghippo viene dal ministero. Angelino Alfano ha messo il veto al trasferimento dei transgender da Sollicciano a quello di Empoli. E la struttura di Pozzale rimane ancora vuota e improduttiva, sulle tasche dei contribuenti. Doveva essere aperto il 9 ma a ieri non si sa quale sarà il suo destino. Il progetto dei transessuali è stato congelato. Quale è, però, il motivo di questo ennesimo blocco dopo che il carcere è vuoto da quasi un anno? Sconosciuto. La domanda è stata girata all’amministrazione penitenziaria. Ma il provveditore, Maria Pia Giuffrida, non c’è. Dall’ufficio spiegano che: “la situazione è stata fermata dal ministero, siamo in attesa di ulteriori disposizioni”.

Altro non emerge. Se non che il carcere di Pozzale, che era femminile a custodia attenuata, è vuoto da quasi un anno ormai e che i lavori di riconversione sono ormai terminati e collaudati da tempo. Tanto che era stato predisposto anche un corso di formazione per il personale che doveva lavorare nel carcere. E che a un tratto è stato sospeso in attesa di ulteriori disposizioni. Che il ministro Alfano ci abbia definitivamente ripensato e che abbia optato per una diversa categoria di detenuti? Forse Pozzale avrà un destino diverso.

Ma rimangono gravi il susseguirsi di ritardi e il fatto che tutto questo avvenga a dieci chilometri da una struttura, quella dell’Opg, dove gli ospiti sono ammassati in celle vecchie, sporche e inadeguate. Nel frattempo il garante per i detenuti di Firenze Franco Corleone ha lanciato di nuovo un appello per Pozzale. “Lo chiedo ancora una volta: cosa succede nel carcere di Empoli? – ha detto – dal 9 marzo doveva ospitare detenute transessuali, invece è ancora vuoto. E questo di fronte a un sovraffollamento che riguarda tantissime situazioni, da Sollicciano al carcere minorile di Firenze.

Proprio al Comune, tra l’altro, abbiamo chiesto di trovare una sede per i detenuti in semilibertà”. Non solo. Corleone va avanti. Un’iniziativa giudiziaria, sotto forma di denuncia, contro Franco Ionta, capo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e, forse, anche nei confronti di Angelino Alfano, ministro della giustizia, per la violazione del regolamento di esecuzione per l’ordinamento penitenziario del 2000 che riguarda il trattamento dei detenuti e le loro condizioni di vita in carcere. È questa l’ipotesi su cui sta lavorando Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze.

“Ci riferiamo all’area fiorentina – ha detto Corleone – ma ci sono situazioni simili in Italia”. Corleone ne ha parlato ieri mattina. “Stiamo valutando, con i nostri avvocati, se ci sono gli estremi”, ha aggiunto il garante. “Il Dap ha sempre spiegato la mancata applicazione del regolamento con la scarsità di risorse ma ora i fondi ci sono: 500 milioni dalla Finanziaria per il piano carceri e altri 150 dalla cassa ammende. Non ci sono più scuse”.

da www.ristretti.it

Carcere: Rita Bernardini sospende lo scopero della fame


Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata Radicali/PD, membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati
20 febbraio 2010
Ho potuto leggere la bozza del Disegno di Legge presentato dal Ministro della Giustizia Angelino Alfano riguardante l’”esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno” e la “sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato” per i reati puniti con pena non superiore nel massimo a tre anni.
Il provvedimento, ora all’esame tecnico degli Uffici della Camera prima di iniziare il suo iter in Commissione Giustizia, avrà la corsia preferenziale della sede legislativa avendo il Ministro della Giustizia ottenuto l’assenso dei Gruppi Parlamentari della Camera, tranne quello della Lega che però non si è dichiarata pregiudizialmente ostile.
Due sere fa il Ministro Alfano, dopo aver reso alle agenzie questa notizia, mi ha invitato a sospendere lo sciopero della fame. Accolgo ora questo invito, dopo aver letto la bozza del disegno di legge che corrisponde a quanto contenuto nei punti d) ed e) della mozione radicale sulle carceri approvata il 12 gennaio a Montecitorio. Il provvedimento, segna un’importante inversione di tendenza della politica di carcerizzazione fin qui seguita e mi auguro che porti un po’ di sollievo nel disumano e sofferente mondo penitenziario oggi caratterizzato da un sovraffollamento mai raggiunto in passato al quale si aggiunge, determinando una situazione esplosiva difficilmente governabile, una cronica carenza di personale di agenti, educatori, psicologi, medici, infermieri e personale amministrativo.
Ringrazio il Ministro Alfano soprattutto per aver accettato questa forma di dialogo nonviolento, questo Satyagraha che – lo ricordo – non vuole imporre alcunché all’interlocutore istituzionale ma, più semplicemente, richiamarlo a fare ciò di cui è profondamente convinto e che riguarda il rispetto delle leggi e degli impegni assunti: nel caso in questione, la mozione radicale sulle carceri.
Da parte mia rivolgo un invito a Irene Testa, segretaria dell’Ass.ne radicale II Detenuto Ignoto, che da oltre una settimana si era unita allo sciopero della fame – sposando i miei obiettivi e aggiungendo la richiesta di una commissione d’inchiesta sulle morti sospette in carcere – a interrompere per il momento anche il suo il digiuno.

CARCERE. Emergenza modello L’Aquila


di Stefano Arduini

Stato di emergenza fino al 31 dicembre 2010. E’ qesto il “primo pilastro” del Piano Carceri presentato oggi in Cdm dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e illustrato dallo stesso Guardasigilli nella conferenza stampa al termine della riunione. Gli altri “pilastri”, ha spiegato Alfano, sono “il piano edilizio“, “due importanti norme di accompagnamento” e l’introduzione di “duemila nuovi agenti della Polizia Penitenziaria”

Proclamando lo stato di emergenza fino al 31 dicembre, ha spiegato Alfano, “nel corso di quest’anno intendiamo realizzare 47 nuovi padiglioni, cioe’ strutture che insistano e si affiancano a istituti di pena gia’ esistenti, che non ci danno l’incombenza di dover individuare l’area, espropriarla e procedere a tutto l’iter amministrativo”. In tal modo, ha proseguito il ministro, “mentre apriamo questi 47 cantieri sul modello dell’Aquila, noi evadiamo tutta la procedura burocratica per realizzare nel 2011 e nel 2012 le strutture tradizionali e flessibili a cui daremo vita con tempi tipo l’Aquila e con modelli organizzativi di quel tipo“. Il responsabile di “questa missione”, ha aggiunto Alfano, sara’ il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, anch’egli presente alla conferenza stampa.

Alfano si e’ detto “fiducioso” di poter raggiungere l’obiettivo che, ha spiegato, e’ ritenuto “prioritario” dal premier Berlusconi. Quanto ai fondi necessari, Alfano ha ricordato di “aver reperito 500 milioni” nella legge Finanziaria e “altri 100 milioni” sono stati presi dal bilancio del ministero della Giustizia. “Con 600 milioni costruiremo i 47 nuovi padiglioni e nel frattempo individueremo le modalita’ sia dal bilancio statale che dai finanziatori privati per realizzare gli altri istituti nel 2011 e nel 2012. Il totale dovra’ fare – ha concluso- 21.749 posti, che si aggiungeranno ai posti attualmente disponibili”.

Quanto alle “norme di accompagnamento” che fanno parte del Piano, Alfano ha parlato dell’approvazione nel Cdm di un disegno di legge contentente due articoli. Il primo, “che concede la possibilita’ a chi deve scontare un anno solo di reclusione, di scontarlo ai domiciliari” e l’altra norma, “che prevede la cosiddetta ‘messa alla prova’ per coloro i quali hanno la possibilita’ di essere imputati per reati fino a tre anni, di svolgere lavori di pubblica utilita’ sospendendo il processo“. Le norme, ha spiegato, serviranno a “deflazionare” il sistema Giustizia sia sul piano carcerario che su quello processuale.

Quanto alla Polizia Penitenziaria, il ministro ha detto di ritenere che con duemila agenti in piu’ verra’ dato “un grande sollievo ai 40mila e oltre che gia’ lavorano nel Corpo”. A conclusione del suo intervento, Alfano ha parlato di “una missione che non ha precedenti nella storia della Repubblica: risolvere il problema del sovraffollamento, dare dignita’ alla presenza negli istituti di pena, senza fare amnistie e indulti, non preparati da un recupero dell’attivita’ lavorativa, che hanno prodotto un ritorno nelle carceri di coloro i quali erano usciti”.

da www.vita.it