“Asparagi in camposanto”


di Alessandro Mascia

Questa volta mi sono spinto decisamente oltre. Nella mia spasmodica ricerca di asparagi avevo già lambito il camposanto. Mi sarà capitato due tre volte di battere il perimetro dell’aldilà, gli asparagi vengono benissimo al confine tra la vita e la morte. Ma valicare il cancello della necropoli no. Eppure tutta quella asparagina era irresistibile e passo dopo passo, chino come un facocero in cerca di larve, mi sono ritrovato sbigottito davanti a una batteria di bare disposte una di fianco all’altra. Stai a vedere che hanno messo una bomba durante la seduta della Giunta Comunale e non mi hanno fatto sapere niente. Ho fatto due conti sulla punta delle dita e come numero poteva anche starci. Mi sentivo già mancare, di chi avrei scritto nei successivi numeri de I FATTI? Una carriera giornalistica stroncata sul nascere da una tragedia inattesa.

Poi un crocchiare di fogliame rinsecchito mi ha annunciato l’arrivo del beccamorto, una facciona affogata nel pelame ispido e corvino da cui spuntavano occhi segnati da notti insonni. Spaventato, ho tartagliato qualcosa che deve averlo convinto. Potrebbe avermi scambiato per un clandestino dell’est che campa come può. Del resto la mazzetta di asparagi in mano non mi rendeva molto credibile quale parente delle vittime. L’uomo si è sentito autorizzato a raccontarmi della terribile tragedia occorsa alla Giunta Comunale. Di tragedia si trattava effettivamente, dato che ogni bara aveva il suo esanime contenuto, ma niente ordigno e niente Giunta. Potevo ancora scriverne. Carriera giornalistica salva. Il problema, spiega il tenebroso, è che al camposanto, a cavallo di Pasqua, si è registrato un “tutto esaurito” fuori programma. C’è da dire che dalle nostre parti quello pasquale è sempre stato un buon periodo per estinguersi: l’atmosfera è solenne, processioni di cristi, crocefissi, palme ingiallite, fuscelli di olivo, bimbi vestiti da santarelli e frotte di curiosi. Le orazioni, poi, saturano l’aria e tra un “Eterno riposo” e un “De profundis”  l’anima sale al Cielo in un amen. In sostanza, chiosa il necroforo, ci sono stati più arrivi che partenze. Partenze? Sì, perché dopo un certo tempo, se i tuoi discendenti non rinnovano il contratto di locazione del loculo mortuario, c’è lo sfratto delle spoglie e non si è ben capito se si finisce in un’urna cineraria, in un ossario comune o nel campo di pomodori che affianca il cimitero. Finora c’è stato un equilibrio tra chi è in scadenza di contratto e chi lo ha dovuto fare, giocoforza, a morte conclamata. Nei periodi più bui, quelli in cui l’equilibrio arrivi – partenze rischiava di perturbarsi, il Sindaco ordinava la fabbricazione di nuove tombe. Ma con la crisi odierna che sta attraversando l’Amministrazione di Augusta non ci sono soldi nemmeno per retribuire la professionalità del peluto affossatore, figurarsi per mattoni e cemento.

La nostra Za Cuncetta, preoccupata per questa carenza di infrastrutture mortuarie e guardando, diciamo, al lungo periodo, ha iniziato un’indagine di mercato con gli annunci sul quotidiano: cercasi pressi Augusta loculo mortuario buone condizioni prezzi modici. Dice che le hanno risposto dalla vicina necropoli di Pantalica ma l’idea di finire in un’umida e insana tomba rupestre la infastidisce. Per non parlare dei visitatori che non sono nemmeno adusi a elevare una benché semplice orazione di cortesia. Quella di Za Cuncetta, comunque, è previdenza, nient’altro che previdenza. Gli ultimi esami del sangue, del resto, sono andati egregiamente. Poi c’è la questione dell’età media che si sta alzando, del quotidiano bicchiere di rosso che toglie via l’idea del fosso e una sana propensione alla leggerezza dell’essere che non guasta mai.

Alle sei del pomeriggio la mia presenza in cimitero non aveva più una ragionevole giustificazione e, dato che il brutto becchino, esaurita la sua conversazione, già ridotta all’essenziale, non accennava a congedarsi, ho preso l’iniziativa di guadagnare l’uscita. Al mio saluto è seguito un grugnito raggelante. Mi sposto, si sposta anche lui. Cammino, cammina anche lui. Decido per la fuga e imbocco il cancello saettandone fuori. Corro fino alla macchina, mi ci tuffo e sgommo via. Una volta a casa mi rendo conto della ridicolaggine e scoppio in una grassa risata; mi armo di padella, olio e uova. Asparagi soffritti e affogati con le uova sbattute: la morte loro!

Da Augusta: il mercato delle vacche


di Enzo Inzolia

  “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui “                            (E. Pound)

 Forum bovarium, foro boario: così i Romani chiamavano il luogo, rigorosamente tenuto fuori della cinta urbana proprio a causa della naturale sporcizia, in cui aveva luogo il mercato delle vacche; in questi giorni se ne aperto uno ad Augusta.

Dimentico ed incurante degli impegni solennemente sottoscritti con gli elettori durante la campagna elettorale, dimentico ed incurante del dovere di lealtà verso gli stessi elettori che lo hanno gratificato del consenso proprio in virtù di quegli impegni e della squadra di assessori che allora furono sottoposti al loro giudizio, il sindaco dichiara sulla stampa e lo proclama ai quattro venti che finora ha scherzato, che non era niente vero.

Oddio, ovviamente da navigato politico il sindaco non si è espresso in questi termini; ha parlato di fase uno e di fase due, ma il significato è lo stesso: tutto quanto aveva detto, proposto e promesso era solo una colossale balla, un’altra delle tantissime colossali balle della sua politica.

La verità è che Carrubba non vuole confessare, oltre alla sua ormai arcinota incapacità di coerenza e di mantenimento della parola data ai cittadini, il totale fallimento di sette (diconsi sette) anni di guida della civica amministrazione; così come non vuole confessare che la sua unica speranza in un futuro politico risiede nella conservazione ad ogni costo della poltrona.

Ecco perché è stato aperto il mercato delle vacche: da una parte l’offerta di prebende, piccole o grandi ma sempre appetibili specie per i tanti lupi che si aggirano famelici sulla scena politica cittadina; dall’altra la profferta delle proprie squallide prestazioni ad opera di personaggi a tutto disposti e disponibili pur di accaparrarsi una poltrona, uno sgabello o uno strapuntino della scassatissima e moribonda diligenza a cui il più che trentennale sistema di gestione del potere da parte della sinistra ha ridotto la nostra Augusta.

A nessuno, da una parte e dall’altra, importa alcunché dello sfascio dell’amministrazione e men che meno dell’immenso degrado della Città; cianciano di “amministrazione elettorale” e di “amministrazione politica”, usano ed useranno paroloni altisonanti per confondere le idee dei cittadini, per creare una densa  cortina fumogena dietro la quale nascondere i propri maneggi non sempre esattamente trasparenti.

A nessuno importa di riparare le strade né di creare i parcheggi che, insieme al rafforzamento dei servizi pubblici, snellirebbero il traffico salvaguardando l’ambiente; a nessuno importa di riavviare l’economia cittadina; a nessuno importa di ridurre l’enorme debito comunale; a nessuno importa di porre mano alla riqualificazione e all’ammodernamento dei servizi offerti dall’amministrazione; a nessuno importa della pulizia della Città e ancor meno di eliminare le centinaia di cani randagi che attentano all’incolumità degli Augustani; e scusate se è poco!

E per di più ci sono anche anime pure ed ingenue (il riferimento non casuale è diretto a Rifondazione Comunista) che erano pronte a sostenere -disinteressatamente, è ovvio, e per spirito di servizio- che sviolinavano il sindaco pronte a sostenerlo salvo a doversi ricredere; sa tanto di volpe che non riesce a raggiungere l’uva e si lamenta perché è agra!

E’ il sistema che deve essere sconfitto; un sistema di sinistra di gestione del potere; un sistema di cui il sindaco in carica è l’ultimo interprete.

E’ per questo che, avendo manifestamente e  miseramente fallito, Carrubba deve dimettersi (sempre che abbia un minimo di senso della responsabilità) affinchè Augusta possa rinascere ed avere un futuro.                                           

                                                                                                                                      nzo