Mangiare per entrare in contatto diretto con l’Universo…


“Attraverso la nutrizione entriamo in contatto con la natura, ma questo contatto può avvenire in vari modi. Prendete una mela, con un coltello la sbucciate, la tagliate a pezzi e la mangiate: riceverete una certa sensazione. Se invece mordete la mela, avrete un’altra sensazione.
Ora andate in un frutteto, accostate a voi il ramo di un melo e cominciate a mordere una mela senza coglierla. È ancora diverso: sentite quanto il frutto sia vivo, e provate una pienezza, una gioia che l’albero stesso vi comunica, perché è collegato alla terra e al cielo, e trae delle forze dalla terra e dal cielo.
Mentre mangiate, siete direttamente in contatto con una corrente di energie pure. Tramite il suo frutto, l’albero vi ha messo direttamente in relazione con l’Universo…”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Le lacrime sulla “collina del disonore”


di Roberto Puglisi

Salii per la prima volta a Pizzo Sella molti anni fa. Lassù era sbarcato Jonathan Coe, scrittore inglese, per piantare un albero, segno di speranza e di riscatto. Ero un giovane cronista preoccupato. Troppo avevo sentito dire circa la “collina del disonore”. Mi sarei aspettato di incontrare loschissimi ceffi, tipacci con svariate forme di anelli al dito e una parlata da mafiosi nei film americani che di mafia trattano.  Perciò rimasi sorpreso quando, completata “l’acchianata”, cominciai a discutere con  individui normali, perfino gentili.
E costoro mi raccontarono una strana storia: una vicenda inverosimile di case comprate in buonafede e sottratte dalla confisca, nonostante non ci fosse ombra alcuna sull’atteggiamento degli acquirenti che avevano rispettato le regole. Era lecito, almeno, dubitare.

Da cinque anni, percorro le strade di Pizzo Sella ogni giorno, in forza di un legame personale unico, uno di quei legami che sfociano in promesse assolute e corrisposte. Per questo, dai tempi di Coe, non ho scritto più nulla sull’argomento. Sarebbe stato scorretto. Se rompo i sigilli della discrezione adesso, è solo per offrire una semplice testimonianza da cronista, giocando a carte scoperte e avvertendo il lettore.
Cosa ho visto dalle finestre di una casa piantata sulla collina cosiddetta “del disonore”? Ho osservato la sofferenza di una famiglia onesta che aveva risparmiato fino all’ultimo centesimo per comprare una villetta sulla montagna sbagliata. Dobbiamo pensare che l’unica sofferenza degna di attenzione, per cui muoversi e combattere, sia quella dei diseredati, come suggerisce un commento su Livesicilia? O esiste pure una sofferenza dei benestanti, magari buoni, che assistono al rogo pubblico di un sogno senza colpa, né dolo?
Ho annotato in un taccuino immaginario la fatica di gente perbene, l’ho vista dibattersi per sfuggire all’infamia dell’aggettivo “abusivi” (strani abusivi con le carte in regola) e lottare per tentare di diffondere le ragioni di un diritto alla sopravvivenza al cospetto di una città spesso piena di pregiudizi e priva di una reale conoscenza della questione. Li ho visti, molti residenti di Pizzo Sella, mentre spiegavano ai quattro venti che, sì, lo scempio ambientale c’era ma che loro erano stati raggirati come gli altri. E che sarebbe stato  meglio, piuttosto che dissanguarsi in una lotta di carte bollate e sangue col Comune, affrontare insieme il problema della riqualificazione della zona. Quale ingegno fantasioso potrebbe vagheggiare la demolizione di tutte le villette con successiva raccolta del materiale di risulta? Con quali soldi? Con quali prospettive? Intanto qualcuno è morto, lassù. Qualcuno è impazzito di dolore, e il conto in banca non è stato sufficiente, non ha tenuto lo strazio fuori dalla porta.

Poi è piombata, in mezzo ai discorsi, la sentenza che ha sancito un principio abbastanza ovvio. Se non c’è una condotta fraudolenta, se c’è la buona fede, non può esserci una punizione. La confisca è una punizione, è la sottrazione della sicurezza quotidiana, è la minaccia che rende pericolante il tetto sulla testa.
Ci sono state lacrime a Pizzo Sella, tra gioia e incredulità, dopo il verdetto dei giudici. Il lettore valuterà se le lacrime che bruciano sulla guancia per la fine di un incubo ingiusto siano sempre uguali, o se sarebbe più umano distinguerle in base al censo e al colore degli occhi. E sarà ancora compito del lettore giudicare le intenzioni di chi ha scritto. Da parte mia, credo di avere adempiuto soltanto al dovere di cronaca, da una posizione inconsueta.
Forse sarebbe il caso di ricominciare dall’albero di Coe.

da www.livesicilia.it

“Il respiro dell’adesso”


di Tiziana Mignosa

  E’ acqua limpida
sulla pelle accaldata
mentre ad occhi chiusi
mi lascio scivolare
dentro parole rosa.

 
Annodo affetti
all’albero della letizia
e di sapone sciolgo
i passeggeri.
 
Con gli occhi verso il sole
nuovo
è il giorno da viaggiare

 

“Impetuosamente adagio”


di Angela Ragusa

Scivolo adagio
nel silenzio del tuo cuore

A piccoli passi
percorro le sue selve,
arbusti inestricabili
che lasciano ai miei raggi
il permesso di filtrarvi…
…mondo nascosto
che palpita nel tuo petto
ne odo lo strepito
che presto contagia
il mio sentire incalzante.

E aspetto ,nascosta
all’ombra di un bel sogno,
l’albero tuo, impetuoso,
sbocciare nel mio essere.

L’albero della vita


“L’albero, come simbolo dell’Universo, si ritrova nella maggior
parte delle tradizioni spirituali. A partire dalle radici sino ai
frutti, passando per il tronco, le foglie e i fiori, tutte le
creature hanno una funzione da qualche parte su quell’albero…
Tutte le esistenze, tutte le attività e tutte le regioni trovano
posto sull’Albero della Vita.
In epoche diverse dell’anno, le foglie, i fiori e i frutti
cadono dall’albero; si decompongono e diventano humus che a poco a poco viene assorbito dalle radici. Lo stesso vale per gli
esseri. Quando un uomo muore, ritorna alla terra originaria, ma
ben presto riappare da qualche parte sull’albero. Niente si perde
: gli esseri scompaiono e riappaiono incessantemente sull’Albero
cosmico della Vita. ”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

“Geroglifici”


di Tiziana Mignosa 

Nessuno riesce a decifrare veramente

gli arabeschi che delineano il contorto albero

scalata che a suo tempo

hai scelto di esplorare

 

accecanti orditi su trame d’umidi silenzi

frutti dalle succose promesse

tardano ad arrivare.

Regina di scintillanti sogni

di polvere e dimenticanza è il regno sull’aguzza terra

buccia rossa come l’ape al miele

virile folla

quattro occhi e quattro mani

sorvolano il fardello sulle tue spalle

invisibile sacca colma di lancette senza pile.

Perversioni in Scozia, William Shaw sorpreso a violentare un albero


Alle non c’è mai fine. Lo dimostra il caso di uno scozzese di 21 anni, sorpreso e arrestato mentre faceva sesso con un albero. Per la precisione, secondo il Sun, il ragazzo stava violentando una pianta al di Airdeie, dove non potrà più mettere piede.

, questo il nome del maniaco dal pollice verde, si sarebbe avvicinato all’albero per poi calarsi i pantaloni fino alle caviglie e infine “abusare” della povera pianta. Non si tratta del primo episodio del genere in : nel 2007 , un diciannovenne, tentò di violentare un pavimento.

L’anno scorso due addetti alle pulizie salvarono una bicicletta dal tentativo di stupro di Robert Stewart, di 53 anni. E ancora prima, nel 1993, l’elettricista Karl Watkins è stato incarcerato per avere commesso atti sessuali con il manto stradale.

da www.blitzquotidiano.it

“Ci vuole un fiore”


Testo di Gianni Rodari – musica di Luis Bacalov e Sergio EndrigoLe cose di ogni giornoraccontano segreti
a chi le sa guardare

ed ascoltare.

 Per fare un tavolo

ci vuole il legno
per fare il legno

ci vuole l’albero
per fare l’albero

ci vuole il seme
per fare il seme

ci vuole il frutto
per fare il frutto

ci vuole un fiore
ci vuole un fiore,

ci vuole un fiore,
per fare un tavolo

ci vuole un fio-o-re.

Per fare un fiore

ci vuole un ramo
per fare il ramo

ci vuole l’albero

per fare l’albero

ci vuole il bosco
per fare il bosco

ci vuole il monte
per fare il monte

ci vuol la terra
per far la terra

ci vuole un fiore
per fare tutto

ci vuole un fio-o-re.

Per fare un tavolo

ci vuole il legno
per fare il legno

ci vuole l’albero
per fare l’albero

ci vuole il seme
per fare il seme

ci vuole il frutto
per fare il frutto

ci vuole il fiore
ci vuole il fiore,

ci vuole il fiore,
per fare tutto

ci vuole un fio-o-re.

   

Sergio Endrigo canta questa sua celebre canzone

http://www.youtube.com/watch?v=AHxNzHv84u4

Essere abitati dalla gioia, dalla luce, dalla pace


Noi siamo legati agli esseri che sono al di sopra di noi, gli
angeli, gli arcangeli… sino a Dio stesso, ma siamo anche legati
a coloro che sono al di sotto di noi: gli animali, le piante, le
pietre.
Capirete meglio in cosa consista questo legame, osservando come
circolano le due correnti – ascendente e discendente – nel tronco
di un albero: la corrente ascendente trasporta la linfa grezza sino alle foglie, dove questa si trasforma in linfa elaborata, mentre la corrente discendente trasporta la linfa elaborata che
va a nutrire l’albero.

Nell’Albero cosmico, l’uomo si trova sul passaggio delle due correnti che lo attraversano, e deve imparare a lavorare consapevolmente con esse. Quando è riuscito ad attirare la saggezza, la luce e l’amore dal Cielo, li trasmette
agli esseri situati al di sotto di lui e collegati a lui, fino ai
minerali. Poi, grazie a un’altra corrente di circolazione, quelle
forze – ancora attraverso lui – risalgono partendo dai minerali
fino ai regni superiori della Creazione. Chi si collega
coscientemente alla catena vivente degli esseri, è abitato dalla
gioia, dalla luce e dalla pace.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

I fiori e i frutti della nostra anima


Le radici, il tronco e i rami… È tutto ciò che resta di un albero
in inverno, dopo che i fiori e le foglie della primavera e i
frutti dell’estate sono caduti. Sono quindi le parti più
materiali che resistono e rimangono in permanenza durante tutto
l’anno, mentre gli elementi più sottili e delicati fanno la loro
comparsa soltanto periodicamente. Infatti, giunto l’anno
seguente, ecco di nuovo le foglie, i fiori e i frutti. Se non si
conoscessero le leggi che reggono la natura, ci si potrebbe
preoccupare di fronte allo spettacolo di tutti quegli alberi
neri e spogli. Ma queste leggi sono conosciute da tutti, e
ognuno aspetta la primavera seguente per vedere la rinascita
della vegetazione.
Facciamo ora un’analogia: a che cosa corrispondono, nella vita
dell’uomo, i fiori, le foglie e i frutti dell’albero? Alle
ispirazioni che lo visitano di tanto in tanto e che sono le
manifestazioni della sua anima e del suo spirito. Le ispirazioni
vengono e poi ci lasciano, e quando ci lasciano, non dobbiamo
scoraggiarci. Avendo la nostra anima e il nostro spirito già
dato dei fiori e dei frutti, essi fioriranno e fruttificheranno
di nuovo. Noi dobbiamo solo lavorare, preparare le condizioni
affinché quei fiori e quei frutti siano sempre più belli, più
profumati, più succulenti. ”

Omraam Mikhaël Aïvanhov