8 marzo: “Quello che le donne non dicono”


Dedicata ad alcune donne importanti della mia vita:

– MIA MADRE

– LE MIE SORELLE

– MIA FIGLIA

la grande Fiorella Mannoia in questo suo brano che adoro 🙂

http://www.youtube.com/watch?v=F0SKDXFHOoo

8 MARZO…parliamo di carcere e salute


Oggi dicono che sia la festa delle donne e ieri era la giornata dedicata alla lotta contro la sclerosi multipla, per questo pubblico questa lettera di una donna medico che parla di una donna in carcere che soffre di questa grave patologia

PER NON DIMENTICARE QUANTI UOMINI E DONNE SONO RISTRETTI NELLE CARCERI ITALIANE CON PATOLOGIE SIMILI E ANCHE PIU’ GRAVI MA NESSUNO NE PARLA

 Questo il testo integrale della lettera scritta al Corriere della Sera da Melania Rizzoli, deputato Pdl

Gentile Direttore,
le scrivo pubblicamente per rivolgere una pubblica richiesta al dott. Aldo Morgigni. La settimana scorsa sono stata nel carcere giudiziario di Rebibbia, a Roma, per una visita ispettiva sanitaria, ed ho incontrato la detenuta Giorgia Ricci, che mi era stata segnalata nella Commissione d’inchiesta Sanitaria della quale sono capogruppo, come persona affetta da una grave patologia neurologica. La detenuta, 39enne, era in stato di isolamento giudiziario ed io, in qualitĂ  di medico le ho rivolto solo poche domande sul suo stato di salute e sulle terapie a cui si sottopone da dodici anni, e con sconcerto ho verificato che è sicuramente affetta da sclerosi multipla attiva, chiamata anche sclerosi a placche, una patologia neurologica progressiva ed invalidante, ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da varie fasi di remissioni e di riaccensioni, sempre peggiorative, ed è una malattia che si riattiva spesso in coincidenza di particolari e violente reazioni emotive.

 Gentile dott. Morgigni, lei è il Gip che ha scritto e firmato l’ordine di cattura della signora Ricci, e naturalmente io non mi permetto di entrare nel merito del suo lavoro, ma sono costretta a rivolgerle un invito a modificare lo stato detentivo della paziente, le cui condizioni di salute sono assolutamente incompatibili con il regime carcerario. La signora Ricci è sottoposta regolarmente, presso l’ospedale Careggi di Firenze, a cure specialistiche mirate, che prevedono anche una mensile somministrazione, per via endovenosa, di un particolare anticorpo monoclonale, la cui infusione impone il ricovero in ambiente ospedaliero fornito di un centro di rianimazione. La prossima dose del farmaco, essenziale per stabilizzare e rallentare la patologia, e che deve essere somministrato a scadenza regolare, è prevista per il 12 marzo, nel nosocomio toscano, ed è importantissimo che la paziente non manchi a tale appuntamento.

 Io non ho mai incontrato prima la signora Ricci, non conosco i reati commessi nĂ© il motivo del suo arresto, ma conosco bene la patologia di cui soffre e ribadisco, da medico, l’assoluta incompatibilitĂ  con lo stato detentivo forzato, che può essere molto dannoso e responsabile di pericolose recidive di malattia con future lesioni permanenti. Da parlamentare mi appello all’articolo 27 della Costituzione, spesso citato dai magistrati, che recita che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanitĂ ”, e mi auguro che questa disposizione costituzionale venga applicata nel caso della detenuta in questione.

 Gentile dott. Morgigni, non ripeta l’errore che nel 1983 fu fatto, da altri giudici, nei confronti di mio marito, Angelo Rizzoli, allora anche lui 39enne e affetto dalla medesima patologia, che fu incarcerato per 13 lunghi mesi, detenuto in ben cinque penitenziari, senza alcuna assistenza medica nĂ© specialistica, per poi essere assolto, ma con addosso il ricordo di importanti complicanze neurologiche delle quali tuttora subisce le conseguenze. Per tale motivo le scrivo pubblicamente, e le rivolgo un appello a favore di una persona a me sconosciuta, alla quale nulla mi lega, e che probabilmente non incontrerò mai piĂą, ma che ha bisogno di aiuto, del suo aiuto, per la tutela della sua salute fisica che oggi dipende esclusivamente dalle sue decisioni.

 Con stima.
Melania Rizzoli – Medico e deputato Pdl

8 marzo…a modo mio :-)


E siamo a 1.500 inserimenti con questo…spero di avervi regalato abbastanza inputs per nutrire la vostra e la mia mente…

per festeggiare a modo mio l’8 marzo (che dovrebbe essere tutti i giorni dell’anno:-) pubblico nuovamente questa mia filastrocca…

Filastrocca su donne e motori

E’ un’opinione purtroppo latente

che noi donne quando siamo al volante

anche se siamo le piĂą attente

siamo un pericolo costante.

C’è pure un altro proverbio

che dice che donne e motori

e qui nasce con me un diverbio

siano gioie ma anche dolori.

Schumacher in gonnella vengo chiamata

per la mia guida veloce, scattante e sicura

vi invito a provare a fare una passeggiata

e non proverete la benché minima paura.

Dal pianeta carcere :otto Marzo, festa della donna 2010


 Auguri a tutte le donne degli “Uomini Ombra”.

Grazie di darci l’amore che abbiamo bisogno per vivere.

Grazie di seguire i nostri sogni.

Grazie di farci vivere le nostre vite.

Grazie di amarci per come siamo e non per come avremmo potuto essere.

 Auguri a tutte le nonne, madri, compagne, sorelle e figlie degli “Uomini Ombra”.

Grazie di trasformare la nostra tristezza, malinconia e solitudine in felicitĂ .

Grazie di amarci e di farvi amare.

Grazie di continuare ad abitare nei nostri cuori.

Grazie di fare sorgere il sole dentro di noi tutte le mattine.

 Auguri a tutte le donne della “Compagnia dell’Amore” degli “Uomini Ombra”.

Grazie del vostro affetto che ci sta riempiendo il vuoto delle nostre giornate.

Grazie di lottare con noi e per noi.

Grazie di farci dividere con voi le nostre avversitĂ  e sofferenze.

 Auguri a tutte le donne del Gruppo “Urla dal silenzio” su Facebook.

Grazie della vostra solidarietĂ  e amicizia.

Grazie di stringere le nostre mani.

Grazie dei sorrisi che ci mandate dalle sbarre.

 Auguri a tutte le donne della Comunità Papa Giovanni XXIII vicine agli “Uomini Ombra”.

Grazie dell’amore che ci donate senza prendere nulla in cambio.

 Auguri a tutte le donne del mondo.

Grazie di essere la metĂ  della nostra anima.

I nostri cuori vi sorridono, vi abbracciano e vi baciano.

 Gli ergastolani in lotta per la vita di Spoleto

  N.B. Gli “Uomini Ombra” sono gli uomini né morti, né vivi,  condannati alla pena della “morte viva”: l’ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio.

www.informacarcere.it     www.urladalsilenzio.wordpress.com

8 marzo, i cento fiori delle donne disabili


di Franco Bomprezzi

8 marzo, diluvio di retorica, di frasi fatte, banalità, mimose all’incrocio, cene fra donne, galanterie non richieste, routine di una ricorrenza che dovrebbe ricordare un terribile incendio in una fabbrica, ma quasi nessuno lo sa o ci pensa. Non voglio aggiungere le mie banalità. Eppure penso, vedendo le immagini di Francesca Porcellato, atleta paralimpica che a 39 anni, alla vigilia dei giochi di Vancouver, è emozionata come una ragazzina e diventa rossa per i complimenti in video di Alex Del Piero, alla forza dirompente di comunicazione emotiva che le donne, anche nella disabilità, portano con sé.

Una forza che è anche tenacia di appartenenza di genere, orgoglio e consapevolezza. Consiglio a tutti, in vista dell’8 marzo, di visitare il sito della Uildm, Unione Italiana Lotta alla distrofia muscolare, perché al suo interno si trova un vero giacimento di documenti e di materiali per capire che cosa vuol dire disabilità al femminile. Il “gruppo donne” della Uildm ha dodici anni di vita, e fanno parte del coordinamento Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Gaia Valmarin e Marina Voudouri. Le cito tutte perché meritano davvero che sia conosciuto questo lavoro certosino, fatto di questionari, seminari, incontri, approfondimenti di tutte le tematiche più delicate e “normali”, dalla maternità alla sessualità, dal lavoro alla famiglia, dal rapporto con il corpo al trucco e alla bellezza.

E’ una storia esemplare di comunicazione parallela e sotterranea, un torrente carsico di idee e di sollecitazioni culturali che il mondo del giornalismo ignora, avendo a portata di mano storie eccezionali (le interviste recenti a due donne con distrofia che raccontano come sono diventate mamme) ma anche testimonianze di questa doppia difficoltà, perché quando si è disabili e donne si devono affrontare, nella nostra società, entrambe le condizioni di discriminazione. Lo dico non per farmi bello, come maschio progressista e benpensante (anche se forse un po’ lo sono), ma perché è vero.

E c’è un altro mondo sommerso che merita il nostro affetto, la nostra considerazione, ma soprattutto un grande rispetto: il ruolo delle donne che accudiscono, proteggono, aiutano a vivere, ogni giorno, migliaia di persone con grave disabilità, non autosufficienti, ma oggi più di qualche decennio fa, ancora in casa, nella propria dimora, nella propria famiglia, e non in una camerata di istituto. Vengono alla ribalta solo quando la cronaca si fa drammatica, o la mancanza di aiuti risulta così sfacciata da non poter essere del tutto ignorata.

Ma sono lì, tutti i giorni, tutte le notti, tutto l’anno, e non mollano mai, rinunciando molto spesso alla propria esistenza di donne libere, in grado di programmare una gita, un weekend, un giro di shopping, una sera a teatro. Sono queste donne a rappresentare in buona misura la salvezza e l’esistenza in vita per tanti, tantissimi, disabili non autosufficienti. Vorrei che almeno ci pensassimo un po’ di più, cominciando anche ad ascoltare la loro voce, i loro diritti, le loro proposte.

Ci sono poi le donne che vengono da lontano, e che ora sono qui, nel nostro Paese, lasciando nel loro cuore il dolore per una famiglia abbandonata e divisa solo per cercare di sopravvivere economicamente. Le etichettiamo come badanti, le mettiamo in regola solo dopo averle considerate clandestine, e poi ci fermiamo subito, per non lasciarci coinvolgere dalle loro vite di donne, dalle loro fragilitĂ  che non possono neppure ammettere, chiamate a risolvere i nostri problemi, a mettere le mani sui nostri cari in cambio di denaro.

Mi piacerebbe un 8 marzo dedicato alla dignità delle donne con disabilità e delle donne vicine alla disabilità. Un grazie non basta, ma è almeno il minimo che si meritano. Felice 8 marzo, con un sorriso.

da www.vita.it