Follia


di Tiziana Mignosa
E’ follia pura
anche quel solo voler afferrare
poche parole sul vassoio della conoscenza
con chi della sembianza
è inconfutabile copia.
Esca
che rapisce e ti trascina
in quel vortice allo specchio
sussulto ed emozione
tra la pelle e il cuore.
Imprudente
come la falena colla fiamma
tra il desiderio e la certezza
aneli il tuffo
nella visione menzognera.
Follia
che t’induce a farneticare
che non sempre
la copia nella vita
segue l’originale
così che il sosia frettoloso
potrebbe beffare tempo e sentimento
e col traguardo tra le mani
spacciarsi
per l’originale.
Giustificazione
che la benda alla ragione mette
quando comprendi che l’incanto
non è per il bello che hai davanti
ma per chi non riesci a dimenticare.

“Diamante”


di Maria Grazia Vai

Di te,
che sei respiro, il mio respiro
è pieno

Di te, caduto a pioggia
Nudo
sui miei sensi

ritrovato sei, la chiave nel mio scrigno

Di te
delle tue mani,
piene
dei miei seni

sul ventre morbido, resina indugia

Effimero frutto,
perlato sentiero
di te
colma è la bocca

Di te
Dentro te, distesa
aspetto penetrante il passo

Arriverà da oriente

Di rosea goccia,
sarai diamante.

“La regressione dell’HOMO ITALICUS” di Sebastiano Milazzo dal carcere di Spoleto


Ricevuta, copiata e pubblicata

Una volta c’erano i Calamandrei, i Vassalli, i Pertini, i De Gasperi, i Togliatti. Poi c’è stato il garantista Bertinotti il quale, prima di ogni elezione, affermava che l’ergastolo è una pena infame, e quando l’on. Ersilia Salvato era riuscita a farne approvare l’abrogazione alla Camera, il garantista Bertinotti ha pensato bene di far cadere il governo per non abolirlo e per cancellare l’affronto ha fatto scomparire dalla politica l’on. Ersilia Salvato.

Tipica regressione dell’Homo Italicus.

Dopo il garantista Bertinotti è venuto uno più garantista di lui che ha chiamato il suo partito il Partito della Libertà, l’on. Berlusconi, che in coerenza con il nome del suo partito ha tolto definitivamente ogni speranza agli ergastolani per poterli mostrare come trofei ogni volta che qualcuno del suo partito viene preso con il sorcio ancora in bocca.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus.

Una volta avevamo l’on. Moro che insegnava ai suoi studenti “E per quanto riguarda questa richiesta della pena, di come debba essere la pena, un giudizio negativo, in linea di principio, deve essere dato non soltanto per la pena capitale che istantaneamente, puntualmente, elimina dal consorzio sociale la figura del reo, ma anche nei confronti della pena perpetua, l’ergastolo che, privo com’è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento e al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumano non meno di quanto lo sia la pena di morte”.

Ora abbiamo l’avv. Calvi del PD che afferma “sì, sono favorevole all’abolizione dell’ergastolo ma non per coloro che hanno agevolato l’attività della criminalità”.

Qualcuno lo avvisi che senza il reato associativo l’ergastolo non lo prende nessuno in Italia.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus.

Abbiamo avuto il sen. Gozzini, ora abbiamo i circuiti differenziati  voluti da Oliviero Diliberto e dal dott. Caselli e chi sconta la pena in quei circuiti quando fa istanza per un beneficio riceve la risposta con un prestampato, uguale per tutti, che afferma “Rilevato come la cartella personale dell’istante non rechi traccia di alcun accertamento di condotta collaborativa con la giustizia ex art. 58 ter o.p. ovvero della collaborazione irrilevante o impossibile, ritenuto pertanto di dover denegare, allo stato, la richiesta di permesso premio, si dichiara inammissibile l’istanza”.

Con questa risposta viene imposta l’omologazione della follia di applicare la pena di morte senza doverlo ammettere “Ha 87 ani – Vive in uno stato d’incoscienza. Dicono che con il acldo che fa indossi ancora il cappello e le calze di lana dell’inverno, sempre gli stessi. E che la biancheria pulita che gli portano in carcere riesce intatta al posto di quella sporca. Sta solo in una cella dell’infermeria di Pagliarelli, sporco e abbandonato a se stesso. Se non gli danno da mangiare non mangia, se non lo reggono non cammina. E soprattutto non capisce” Alessandra Ziniti su Repubblica del 3 agosto 2008.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus.

Siamo partiti col diritto romano che stabiliva l’eguaglianza tra patrizi e plebei e ora abbiamo la Santanchè che è capace, nello stesso contesto, di criticare ferocemente i magistrati che concedono un beneficio penitenziario e con la stessa ferocia definire i magistrati subdoli attentatori alla democrazia quando si ostinano a non capire che a Scajola gli hanno pagato, a sua insaputa, un appartamento a Roma con vista Colosseo.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus.

Abbiamo avuto Beccaria e siamo finiti con i march ettari mediatici che nel fare il gioco delle parti con i politici, dicono loro, io ti do in televisione del mafioso e del camorrista, tu per far vedere che non lo sei, approvi leggi sempre più repressive contro gli altri, così noi vendiamo libri e ci facciamo contratti miliardari con la Rai e tu puoi continuare a combattere il male degli altri e mai il tuo.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus.

Una volta c’era il fascismo che raccomandava ai carcerieri “Le relazioni tra le famiglie e i detenuti si mantengano affettuose, esortando le famiglie a dare ai detenuti frequenti notizie e buoni consigli”. Ora si allontanano i detenuti dalle residenze dei famigliari oppure si destinano in regimi carcerari che scavano un solco sempre più profondo tra il condannato e i propri affetti.

Tipica dimostrazione di regressione dell’Homo Italicus

Una volta si andava nelle piazze a protestare contro la pena di morte applicata in America, ora un giudice americano nega l’espulsione di un italiano avvalendosi della testimonianza di un agente FBI che,  a proposito del 41bis, ha riferito al giudice “Lo useranno per ottenere informazioni” e il giudice ha motivato la negazione dell’estradizione “C’è il rischio che venga sottoposto al regime di carcere duro previsto dall’art 41bis del codice italiano, un trattamento che equivale alla tortura”. E nessuno protesta.

Fattoria sociale gestita da disabili in un territorio distrutto dall’ecomafia


di Maria Nocerino

A Marigliano, Napoli, la cooperativa socialeOttavia impiega 13 giovani tra i 20 e i 35 anni affiancati da un tutor e da alcuni contadini. Su una superficie di circa duecento ettari, i ragazzi coltivano zucchine, melanzane ed altri prodotti tipici

ragazzo down in una serra NAPOLI – Un territorio martoriato dalle ecomafie può tornare ad essere Campania felix. Con questo spirito la cooperativa sociale Ottavia realizza a Marigliano, Napoli, una fattoria sociale. A vestire i panni di produttori sono 13 giovani disabili fisici e psichici, tra i 20 e i 35 anni, affiancati da un tutor e da alcuni contadini che stanno sul posto. Su una superficie di circa duecento ettari, i ragazzi coltivano zucchine, melanzane ed altri prodotti tipici del territorio, categoricamente “a chilometro zero”. Per garantire una migliore qualità, tutti i prodotti vengono coltivati esclusivamente con concimi naturali e i terreni sono coperti da una specie di rete, per evitare attacchi di animali ma anche infiltrazioni di diossina e polveri nocive. “Cinque dei ragazzi che lavorano al progetto – spiega il presidente della cooperativa, Antonio D’Amore – percepiscono un regolare stipendio mentre per gli altri, per il momento, abbiamo previsto un rimborso spese”.

Accanto all’inserimento lavorativo, l’iniziativa, finanziata dalla regione Campania e promossa in collaborazionecon La Gioiosa, Pomar e Agricola Verde, persegue il fine del recupero delle radici culturali della terra e degli ingredienti necessari a preparare piatti tipici tradizionali. Tra i prodotti riscoperti dalla terra di Marigliano la torzella, ibrido di cavolo e broccolo, il fagiolo a formella, molto più digeribile di quello normale e indicato per anziani e bambini, il mais a pasta bianca, particolarmente adatto per cucinare le frittelle tipiche del posto, la zucca a pasta gialla e le melanzane napoletane. La fattoria è stata inaugurata a marzo 2010 ma solo da pochi giorni è possibile anche acquistare i suoi frutti al mercatino “a chilometro zero”, ogni venerdì mattina a Marigliano (via Raffaele De Blasio 4).

“La nostra idea – sottolinea Antonio D’Amore – è quella di rilanciare l’ozio, non come spreco ma come ripresa di tempi naturali. In più il rapporto qualità-prezzo dei nostri prodotti è ottimo: la qualità è nettamente superiore alla media e i prodotti, poiché saltiamo un passaggio, costano almeno 30 centesimi in meno a quelli di mercato”. Garanzie queste che vengono anche certificate di volta in volta da un Comitato tecnico scientifico di esperti di cui si avvale Ottavia. “Presto – annuncia il responsabile della coop nonché coordinatore del progetto – racconteremo questa esperienza in un libro di ricette sui piatti tipici del nostro territorio”.

da http://www.superabile.it

EMIRATI. Sconto sui taxi per vedove e divorziate


Lo riferisce un giornale locale

Le divorziate avranno il diritto di pagare meno usando un taxi negli Emirati, cosi’ come potranno usufruire della tariffa scontata del 25% le vedove, gli orfani e i famigliari dei rifugiati. Il ministero degli Affari sociali distribuira’ agli aventi diritto una card da esibire sulle auto pubbliche, riferisce un quotidiano locale, mentre le cooperative private di taxi potranno rivolgersi al ministero ottenere i rimborsi dello sconto fatto al cliente. Ma il privilegio tocca soltanto ai locali; a turiste e straniere residenti, viene precisato, niente sconto, anche se vedove o divorziate.

da http://www.vita.it

Come eravamo diversi quando ancora c’era Joe


di Roberto Puglisi

Quest’uomo che fu sindaco nostro e della speranza – malinconico o perplesso nello scatto – può essere benedetto o inchiodato con diversi aggettivi, tutti forse legittimi. Ma a distanza di anni, vorrei dirgli grazie per un dono, uno soltanto. Per avere preso per mano e condotto a Palermo il corpo e l’anima di Joseph O’ Dell – condannato a morte e assassinato in Virginia – per averlo trapiantato qui, nel cuore di tutti. E il dono resta, anche se non ne siamo stati degni.
Joseph detto Joe fu ucciso con un’iniezione letale il 23 luglio del 1997, tra un po’ sarà compleanno.  Pochi giorni dopo, per volere di sua moglie, Lori Urs, e ostinazione di Leoluca Orlando, conobbe la pietosa sepoltura di Palermo, una delle città che più l’aveva amato e che più si era battuta contro un’esecuzione non suffragata dalla certezza. Ma c’era molto altro dietro la partecipazione che ci teneva svegli le notti. Gli occhi di quell’uomo avevano attraversato l’oceano e si erano impressi in una zona molle della nostra sensibilità. Vittorio Zucconi di “Repubblica” scriveva articoli che ci portavano Joe, un estraneo,  in casa. Si compì il miracolo della vicinanza con uno talmente lontano.  Lui, Joseph, diventò uno di noi. Colpevole o innocente, non saremmo rimasti indifferenti per la sua sorte. Non avremmo permesso la sua esecuzione senza battere ciglio, senza un grido. E, in quella età mezzana dell’estate, Palermo si vide finalmente cambiata, all’apice del suo rinascimento. Palermo, come una persona unica, sapeva amare e consolare, sapeva allargare le braccia e stringere per confortare, poteva essere un punto di riferimento: da capitale della mafia a roccaforte della dolcezza. Palermo amava e soffriva gratis per un milite ignoto della condanna capitale.

Sono tornato un paio di anni fa sulla tomba di Joe, che mi tenne sveglio per più di una notte, a Santa Maria di Gesù. Una lapide spoglia. Anche le ultime mani che portavano fiori si sono dileguate. Ho tentato di accarezzare la pietra tombale, come si accarezza un viso, per cercare un contatto, per ritrovare il me stesso di allora. Niente, nemmeno una stilla di pietà, neanche un battito. Forse siamo cambiati tutti e con noi è mutata Palermo. Ha smarrito la compassione, per diventare sporca, feroce e raminga. Magari è solo tempo che passa. Ieri la nostra bandiera era Joe ‘O Dell, oggi il nostro simbolo è una pantera che si aggira tra i boschi. Ed è già nobile, perché poi c’è la munnizza. Colpa di chi? Forse pure dell’uomo della foto e dei sogni che non seppe inverare, delle promesse che non riuscì a mantenere. Forse pure nostra, perché scambiammo il sindaco per un Mago di Oz. Intanto, il guaio è fatto. Abbiamo dato il cuore in pasto alla smemoratezza. Ecco perché fissare gli occhi dell’uomo della foto è un gesto che riflette di sponda malinconie assortite. Mette tristezza.
Riposa in pace Palermo. Addio Joe.

da http://www.livesiiclia.it

Cinema e colonne sonore: Salvino Strano al pianoforte


di Daniela Domenici

Ieri nella sera in una cornice molto particolare, il cortile all’aperto dell’hotel Palazzo Zuppello di Augusta, la FIDAPA di Augusta, a conclusione del suo anno sociale, ha ospitato Salvino Strano, un pianista di origine augustana, che abbiamo applaudito anche nelle vesti di fisarmonicista, in un concerto di musiche per film dal titolo “IMMAGINI TRA LE NOTE – Un viaggio musicale al centro dell’ottava arte”.

La parte del leone l’ha fatta, naturalmente il premio Oscar Ennio Morricone del quale Salvino Strano ha eseguito IL BUONO IL BRUTTO IL CATTIVO (1966), CITTA’ VIOLENTA (1970), LE BAMBOLE DI VETRO (1971), IL SEGRETO DEL SAHARA (1988), LA PIOVRA 5 (1990) e My heart and I (1990).

Non potevano mancare brani immortali, scolpiti nella nostra memoria, come COLAZIONE DA TIFFANY (1961), OTTO E MEZZO (1963), VIVERE PER VIVERE (1967) fino ai più recenti LEZIONI DI PIANO (1993) e IL POSTINO (1994).

La scaletta comprendeva ben quindici brani che hanno inondato di note il cortile di questo hotel nel centro storico di Augusta: un momento di assoluta magia senza tempo regalatoci da Salvino Strano.