Le lacrime sulla “collina del disonore”


di Roberto Puglisi

Salii per la prima volta a Pizzo Sella molti anni fa. Lassù era sbarcato Jonathan Coe, scrittore inglese, per piantare un albero, segno di speranza e di riscatto. Ero un giovane cronista preoccupato. Troppo avevo sentito dire circa la “collina del disonore”. Mi sarei aspettato di incontrare loschissimi ceffi, tipacci con svariate forme di anelli al dito e una parlata da mafiosi nei film americani che di mafia trattano.  Perciò rimasi sorpreso quando, completata “l’acchianata”, cominciai a discutere con  individui normali, perfino gentili.
E costoro mi raccontarono una strana storia: una vicenda inverosimile di case comprate in buonafede e sottratte dalla confisca, nonostante non ci fosse ombra alcuna sull’atteggiamento degli acquirenti che avevano rispettato le regole. Era lecito, almeno, dubitare.

Da cinque anni, percorro le strade di Pizzo Sella ogni giorno, in forza di un legame personale unico, uno di quei legami che sfociano in promesse assolute e corrisposte. Per questo, dai tempi di Coe, non ho scritto più nulla sull’argomento. Sarebbe stato scorretto. Se rompo i sigilli della discrezione adesso, è solo per offrire una semplice testimonianza da cronista, giocando a carte scoperte e avvertendo il lettore.
Cosa ho visto dalle finestre di una casa piantata sulla collina cosiddetta “del disonore”? Ho osservato la sofferenza di una famiglia onesta che aveva risparmiato fino all’ultimo centesimo per comprare una villetta sulla montagna sbagliata. Dobbiamo pensare che l’unica sofferenza degna di attenzione, per cui muoversi e combattere, sia quella dei diseredati, come suggerisce un commento su Livesicilia? O esiste pure una sofferenza dei benestanti, magari buoni, che assistono al rogo pubblico di un sogno senza colpa, né dolo?
Ho annotato in un taccuino immaginario la fatica di gente perbene, l’ho vista dibattersi per sfuggire all’infamia dell’aggettivo “abusivi” (strani abusivi con le carte in regola) e lottare per tentare di diffondere le ragioni di un diritto alla sopravvivenza al cospetto di una città spesso piena di pregiudizi e priva di una reale conoscenza della questione. Li ho visti, molti residenti di Pizzo Sella, mentre spiegavano ai quattro venti che, sì, lo scempio ambientale c’era ma che loro erano stati raggirati come gli altri. E che sarebbe stato  meglio, piuttosto che dissanguarsi in una lotta di carte bollate e sangue col Comune, affrontare insieme il problema della riqualificazione della zona. Quale ingegno fantasioso potrebbe vagheggiare la demolizione di tutte le villette con successiva raccolta del materiale di risulta? Con quali soldi? Con quali prospettive? Intanto qualcuno è morto, lassù. Qualcuno è impazzito di dolore, e il conto in banca non è stato sufficiente, non ha tenuto lo strazio fuori dalla porta.

Poi è piombata, in mezzo ai discorsi, la sentenza che ha sancito un principio abbastanza ovvio. Se non c’è una condotta fraudolenta, se c’è la buona fede, non può esserci una punizione. La confisca è una punizione, è la sottrazione della sicurezza quotidiana, è la minaccia che rende pericolante il tetto sulla testa.
Ci sono state lacrime a Pizzo Sella, tra gioia e incredulità, dopo il verdetto dei giudici. Il lettore valuterà se le lacrime che bruciano sulla guancia per la fine di un incubo ingiusto siano sempre uguali, o se sarebbe più umano distinguerle in base al censo e al colore degli occhi. E sarà ancora compito del lettore giudicare le intenzioni di chi ha scritto. Da parte mia, credo di avere adempiuto soltanto al dovere di cronaca, da una posizione inconsueta.
Forse sarebbe il caso di ricominciare dall’albero di Coe.

da www.livesicilia.it

Il retino acchiappa-farfalle


di Angela Ragusa

Cosa sarà di noi
quando in briciole sparse
diverrà il nostro sogno,
quando pure il ricordo
ogni attimo avrà cancellato
e solo vuoto abiterà
le stanze della memoria…

Cosa sarà del tempo intessuto
tra fili di passione e sentimento,
quando diverrà irto e spinoso
da lacerare anche ultimi brandelli
di un amore che si specchiava
nei laghi della verità…

Cosa sarà di questo cencio
abbandonato tra i dispetti,
pezza vecchia e lercia
sporca di fango,
trascinata nel mare
delle incomprensioni…

Cosa sarà di me
se mai smetto
di leccare le ferite,
(chiudo gli occhi e non immagino)
animale senza tana
(stringo forte il mio retino)
vagabondo tra i pensieri…
(in cerca di farfalle me ne andrò).

Musei: apre a breve primo Museo egizio a Roma


Sara’ presto inaugurato a Roma il primo Museo egizio della capitale. L’iniziativa e’ dell’Accademia d’Egitto, un istituto che si occupa di divulgare la cultura egiziana ed araba in Italia. Come ha spiegato ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL il direttore dell’Accademia, Ashraf Reda, il progetto non prevede solo il museo, ma anche “nuove sale per le mostre di pittura dove gli artisti egiziani potranno esporre le loro opere al fianco di quelle dei colleghi italiani, una sala dedicata all’arte contemporanea egiziana, un teatro e un cinema”. Il tutto dotato delle piu’ moderne apparecchiature, ha precisato Reda, il quale ha ricordato che una sala sara’ destinata ad esporre le collezioni personali di re Farouq I, ultimo re d’Egitto

Oltre agli spazi espositivi, saranno create una serie di strutture di servizio, come un ristorante, una foresteria e laboratori per giovani artisti. Ma il fiore all’occhiello del progetto e’ senz’altro il Museo egizio, un’anteprima assoluta a Roma. Reda ha assicurato che lo spazio “sara’ pronto tra qualche settimana” in occasione dell’80mo anniversario dalla fondazione dell’Accademia. Saranno piu’ di 120 i pezzi in esposizione, che copriranno la fase faraonica ma anche quella copta e greco-romana fino al periodo islamico. “La scelta dei reperti e’ stata fatta dal ministro della Cultura, Farouq Hosni, e dal segretario del Consiglio supremo delle antichita’ egizie, Zahi Hawass”, ha spiegato il direttore dell’Accademia, precisando che tra i pezzi vi sono anche “oggetti provenienti dalla collezione di Tutankhamon”, mentre altri sono “frutto di scoperte recenti”.

fonte Adnkronos

I “mille” e l’inchiesta su un “monumento mai nato”


Un inno ripudiato e sostituito dal “Va pensiero” verdiano. La radio ufficiale di un partito che tifa contro la nazionale di calcio. Le divisioni per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità … ma che sta succedendo all’Italia? Che cosa è rimasto del mito, dei sogni, dei progetti, che animarono i fautori del processo di unità nazionale, 150 anni fa? Perché non riusciamo ad essere Stato? Forse per capirlo bisogna venire a Marsala, lì dove è cominciata la storia moderna del nostro Paese, con lo sbarco di Garibaldi e dei Mille l’11 Maggio di 1860. Marsala, nell’estrema punta occidentale della Sicilia, è diventata famosa in tutto il mondo grazie a Garibaldi. Potrebbe essere il luogo simbolo dell’Unità d’Italia, e invece, dopo 150 anni, ancora in città non si è riusciti a progettare e completare un monumento degno dell’importanza storica di quell’evento. Di questa costruzione si parla dal giorno dopo lo sbarco di Garibaldi, ma dopo anni di promesse non mantenute, tentativi andati a vuoto, scandali, ancora non si è visto nulla. La redazione di http://www.marsala.it e di Rmc 101, la radio della provincia di Trapani, si sono occupati proprio di questo, con l’inchiesta dal significativo titolo “Non più Mille – Lo sbarco di Garibaldi a Marsala: storia di un monumento mai nato, di una memoria negata” (Coppola Editore). Giacomo Di Girolamo, Antonella Genna, Francesco Timo, hanno chiesto ai lettori e ai radioascoltatori di partecipare alla costruzione di un esercizio di memoria collettiva sulla storia di questo monumento mancato. Sono stati tantissimi i contributi, le foto, le testimonianze, i documenti inviati alla redazione, e i tre giornalisti hanno costruito un’esilarante, per quanto amara, galleria di atti, cose dette, leggi promulgate, articoli di giornale, lettere e appelli, dall’inaugurazione della prima colonna commemorativa (con la dicitura involontariamente comica, a 150 anni di distanza, “in attesa di più degno monumento”) fino all’apoteosi finale del mega cantiere inaugurato da Bettino Craxi nel 1986 per la costruzione del monumento, bloccato due anni dopo perché abusivo. Il cadavere cementizio di quell’aborto – celebrazione involontaria dell’incompiuto siciliano – fa ancora bella mostra di sé nel cuore del lungomare di Marsala. “Gli italiani sono i peggiori nemici dell’Italia unita” diceva amaramente Massimo D’Azeglio. Leggendo le pagine dell’inchiesta “Non più Mille” si capisce perché gli italiani non hanno mai acquisito il senso dell’identità nazionale. Nella sua piccola storia, il vuoto simulacro del Monumento a Garibaldi e ai Mille a Marsala è l’oblio della nostra nazione, la metafora del “Grande Collasso Italiano di questi anni”. “Non più Mille” è stato presentato a Marsala proprio in occasione della visita del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per i 150 anni dell’Unità d’Italia. L’inchiesta, che ha il patrocinio della Fondazione Italia 150, è arricchita dai contributi di Roberto Alaimo, Nino Amadore, Gian Antonio Stella. “Non più Mille” verrà presentato a Palermo il prossimo 22 Giugno alle 18 alla Libreria Broadway.“Insieme agli autori interverranno Nino Amadore, Lino Buscemi. Il libro nel frattempo è arrivato alla seconda ristampa. L’inchiesta, radiotrasmessa a puntate su Rmc 101, avrà anche una adattamento teatrale. Milano, Roma, Torino, sono le principali città in cui il lavoro dei tre giornalisti verrà presentato, in un percorso che ricalca, 150 anni dopo, quello dei protagonisti del Risorgimento. Le prossime presentazioni di “Non più Mille” sono previste il 25 Giugno, alle 19 e 00 nella piazza del porto, a Castellammare del Golfo ed il 9 Luglio, ore 19,00 alle Mura di Tramontana, a Trapani.

da www.livesicilia.it

Cuore nudo


di Maria Grazia Vai

Sulle note di BUDDHA BAR “ Sacral Nirvana

Sei miraggio
tra i coni d’ombra di un prisma
Profumo di labbra bagnate
e di candele scianti

Adorna delle tinte di seta
sei d’ambra la goccia, densa
di carnali
e luminosi amplessi

Liquido, vibrante e lucido
Color di geranio,
di muschio e conchiglie

Cuore nudo
Cuore di lupo

Ti trattengo
sulla pelle dischiusa
Nello scrigno dorato,
nelle mie stelle di cera

E sei tremulo, straziante respiro
Della pioggia, un gemito
Del mare l’impeto,
sinuoso il battito

Mentre
scivoli dentro – e sconfini,
fiorisce l’onda

tra le onde – e le pietre.