Gli UFO ad Augusta?


di Daniela Domenici

E’ quello che avrano pensato molti abitanti della città di Augusta pochi minuti fa quando, alzando gli occhi al cielo, hanno visto volteggiare sopra le loro teste una cinquantina di “oggetti” illuminati tutti uguali e in fila come tanti soldatini; con gli sguardi attoniti si saranno chiesti “ma che sta succedendo in città?” oppure “ci vedo doppio?” o ancora “aiuto, un’invasione di marziani…gli UFO…”.

Niente di tutto questo, la fine del mondo è ancora lontana e l’arcano è presto risolto: domani è il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno e la notte più breve, e per celebrarlo senza andare a Stonehenge, che è un po’ distante dalla Sicilia, qui ad Augusta il presidente dell’Hangar Team, Ilario Saccomanno, ha ideato un modo alquanto originale e coreografico: ha invitato i concittadini ad andare all’hangar e a comprare una “sky lantern”, poi quando il crepuscolo ha lasciato il posto alla sera ha invitato  tutti coloro che ne avevano presa una ad accenderla come ha mostrato lui; dopo qualche minuto ha iniziato a riscaldarsi il gas interno e quindi a rendere leggere e volatili le lanterne che si sono alzate nel cielo dirigendosi tutte insieme verso un punto lontano dell’orizzonte.

Uno spettacolo inusuale e davvero emozionante, un’idea originale che ha attratto tante persone per trascorrere in modo diverso la serata e dare il benvenuto ufficiale all’estate.

La musica è veramente il linguaggio universale


Successo, anzi grandissimo successo ripetuto, a distanza di una settimana, dalla corale Euterpe di Augusta e della “collega” norvegese “Alle kan singe” di Oslo lo scorso 17 giugno durante il concerto all’hotel Venus Sea Garden di Augusta nonstante la mancanza del direttore artistico Rosy Messina impegnata in un altro importante evento artistico che la vede protagonista in questi giorni a Copenhaghen.

La sala Nautilus, cornice scelta per i due eventi, era gremita di gente: tra il pubblico personaggi illustri tra le autorità civili e militari venuti per l’occasione dalle province di Catania e Siracusa.

La corale Euterpe e la corale di voci bianche “Fabio Blandino” infatti, dirette dal maestro pro- tempore Cettina Messina, hanno eseguito mirabilmente i pezzi scelti per la serata senza soffrire della mancanza di Rosy Messina dimostrando di avere un livello artistico molto altro.

Il concerto si è svolto in un’alternanza fra i due cori che, per primi i norvegesi, diretti dal maestro Karl Hogset, hanno eseguito brani sia della loro lingua madre che in inglese e francese.

La corale Euterpe ha dimostrato in questa occasione di avere anche un vasto repertorio gospel che è stato gradito dal pubblico che gremiva la sala. I piccoli coristi non sono stati da meno; infatti, pur non avendo il loro maestro hanno eseguito dei pezzi africani di forte ritmo.

Emozionante è stata la performance delle due corali augustane nel canto “When you believe”, colonna sonora del film animato “il principe d’egitto”, eseguita dalla solista d’eccezione Cettina Messina accompagnata stavolta al piano dal maestro norvegese Elise Inger Reitan e in omaggio ai loro colleghi hanno intonato anche un canto in norvegese.

Un momento di forte commozione si è avuto quando il vice presidente della corale Cristina Intagliata e Cettina Messina hanno eseguito insieme una famosissima ninna nanna siciliana “a siminzina”; infatti tra il pubblico forse qualcuno ha ricordato con tenerezza la nonna o la mamma che cantava questo brano che è stato applaudito fortemente.

La corale Alle kan singe ha eseguito due brani popolari “comu si li cugghieru li beddi pira” e “calabrisella” che il pubblico ha accompagnato gioiosamente.

Gran finale dell’evento a cori riuniti hanno eseguito “funiculì funiculà” e “o sole mio”.

La corale Euterpe ha voluto omaggiare il maestro Karl Hogset con una targa, la pianista Elise Inger Reitan con il simbolo della Trinacria in ricordo di questa splendida esperienza vissuta insieme. una targa è stata anche donata all’interprete, la sig.ra Rosanna Padoin.

Un omaggio floreale è stato donato alle donne protagoniste della serata: Cettina Messina per avere diretto la corale, Rosanna adoin quale tramite tra le due realtà e al vice-presidente della corale euterpe Cristina Intagliata che ha curato le pubbliche relazioni e l’organizzazione dei due concerti.

Si sono così salutate le due corali. Il maestro norvegese ha invitato i coristi augustani ad andare a Oslo con l’augurio di ripetere l’evento nella loro terra……….

Premi. Diritti umani: solo il 3% nelle news


Claudia Duque vince il premio “Women and Leadership” all’interno del Premio Ilaria Alpi. Intervista audio

Si chiama Claudia. Per la precisione: Claudia Julieta Duque. Professione: giornalista.
E’ lei la vincitrice del premio Women and Leadership promosso da UniCredit Group all’interno della 16a edizione del Premio Ilaria Alpi a Riccione. Un riconoscimento – sottolinea Antonella Massari, Responsabile Group Identity and Communications del Gruppo bancario – voluto per sostenere la necessità di un’informazione corretta e libera, capace di guardare in profondità e di riflettere sugli eventi del mondo. Un nome, quello di Claudia Duque, che non molti forse conoscono in Italia, ma che in Colombia, dove la giornalista lavora e vive, significa minacce, esilio, censura. Pedinata e controllata Claudia Duque sta continuando da anni il suo coraggioso lavoro per raccontare la verità sulla scomparsa del giornalista colombiano Jaime Garzòn, ucciso nell’agosto del ’99 in circostanze misteriose. Un omicidio nel quale sarebbero implicati anche un paramilitare e diversi componenti delle forze di sicurezza. Da quando ha iniziato ad indagare sulla vicenda di Garzòn, la giornalista colombiana ha cominciato a ricevere minacce e nel 2001è stata costretta a lasciare il suo Paese. Da qualche mese anche sua figlia, una ragazza di 16 anni, è minacciata di morte. Per questo Amnesty International è intervenuta e ha chiesto al Governo colombiano maggiore protezione per la famiglia della giornalista. Raggiunta al telefono da VITA.it, Claudia Duque si dice molto contenta e onorata di poter ricevere il premio all’interno di un evento dedicato alla memoria di Ilaria Alpi. Senza però nascondere le difficoltà del suo lavoro, e più in generale della sua vita: «In Colombia mi occupo principalmente di diritti umani. Per fare un esempio, però, solo il 3-4% dell’informazione colombiana tratta di questi temi. Temi scomodi, e dietro i quali si celano interessi economici molto alti». «Da qualche tempo la mia situazione personale è leggermente migliorata – continua Claudia – ma abbiamo dovuto aspettare che un dossier sul mio conto del DAS (Dipartimento amministrativo di Sicurezza, i servizi segreti colombiani, ndr.), fosse reso pubblico» e aggiunge «Su quel dossier era scritto, nero su bianco, quando, come e a che scopo avrebbero dovuto minacciarmi gli stessi servizi per mettermi a tacere. La verità richiede tempi lunghi. Ma senza credersi eroi, ma giornalisti, l’importante è andare avanti. Ed è per questo che ho firmato anch’io l’appello del Premio Ilaria Alpi per chiedere maggiore impegno ai politici e alle istituzioni sulla verità dell’omicidio ai danni di Ilaria Alpi in Somalia». «Si tratta di un riconoscimento, quello ricevuto da Claudia Duque – sottolinea Antonella Massari, Responsabile Group Identity and Communications di UniCredit – voluto per sostenere la necessità di un’informazione corretta e libera, capace di guardare in profondità e di riflettere sugli eventi del mondo, in linea con l’esempio di Ilaria Alpi e del Premio a lei dedicato”.

da www.vita.it

“Paradiso-Inferno A/R”, storia di un trombettista jazz disabile


Dopo l’incidente che gli ha causato la tetraplegia, Vincenzo Deluci torna a suonare su un palco grazie a una tromba adattata. Un prototipo di “slide trumpet”, una tromba che al posto dei pistoni ha una coulisse scorrevole come nel trombone a tiro, modellato per le sue limitate possibilità motorie. Il 21, 23 e 25 giugno alla Grave delle Grotte di Castellana (Bari). Voce fuori campo di Peppe Servillo

ROMA – Vincenzo Deluci torna alla musica. Dopo l’incidente stradale che nel 2004 lo ha costretto alla tetraplegia, il giovane trombettista e compositore jazz pugliese sale di nuovo sul palco per suonare dal vivo. E lo fa con “VianDante, Paradiso-Inferno A/R” – il 21, 23 e 25 giugno alla Grave delle Grotte di Castellana (Bari) – grazie alla voce fuori campo di Peppe Servillo, leader degli Avion Travel, e soprattutto grazie all’amicizia di Giuliano Di Cesare, musicista e compagno di tromba fin dai tempi del conservatorio. Insieme, a partire dal 2006, hanno iniziato a progettare il ritorno alla musica live di Deluci. In tre anni sono riusciti a realizzare la loro “invenzione”: un prototipo di “slide trumpet” – una tromba che al posto dei pistoni ha una coulisse scorrevole come nel trombone a tiro – modellato sulle limitate possibilità motorie di Vincenzo, che riesce a muovere lentamente avanti e indietro solo l’avambraccio sinistro. Nel suo spettacolo Vincenzo Deluci rilegge in musica la “Divina commedia” di Dante Alighieri, metafora della vita attraverso la discesa agli inferi e la risalita verso il cielo. Compone così, con il solo ausilio di un puntatore ottico, un’opera inedita, visionaria e corale intarsiata dalle note della sua nuova tromba e impreziosita dalle letture di Peppe Servillo. Il risultato è “VianDante”, un viaggio dal Paradiso all’Inferno, andata e ritorno. Una performance artistica ma che è anche “un’esperienza umana che può toccare inaspettatamente chiunque, nel mezzo del cammin di nostra vita”, si legge nella presentazione. I biglietti si possono acquistare su http://www.bookingshow.com e nei punti vendita convenzionati. Posto unico: 15 euro più prevendita. Informazioni: 349 5291885 begin_of_the_skype_highlighting 349 5291885 end_of_the_skype_highlighting, e-mail: viandante@zonaeffe.it. Per ascoltare uno spezzone dello spettacolo basta andare su YouTube. “VianDante” è anche su Facebook.

da www.superabile.it

Se i detenuti si autotassano…


Ristrutturare un bagno e fare una copertura. Non chiedono molto i detenuti del settore 7 del carcere Ucciardone di Palermo e per ottenere che siano fatti i lavori sono disposti ad autotassarsi di 10 euro ciascuno. E’ l’ultima notizia che arriva dalle carcere filtrata, come di consueta, dal garante dei detenuti, Salvo Fleres. A lui hanno scritto per descrivere la condizione di invivibilità dell’Ucciardone di Palermo. Sovraffollamento, carenze igieniche e di personale (medico, dell’area trattamentale di Polizia penitenziaria), ridimensionamento delle forniture ed aumento dei prezzi al sopravvitto, sono alcune delle segnalazioni dei detenuti che “chiedono espressamente – spiega Fleres – che fine abbia fatto il piano carceri e, soprattutto, che fine fanno i soldi che dovrebbero essere destinati all’Amministrazione penitenziaria. In presenza di una spiegazione plausibile i ristretti sono disposti a tassarsi per la realizzazione di una copertura e per la ristrutturazione del bagno dei passeggi. Se non arriveranno le risposte e soprattutto se non si provvederà con interventi concreti, i detenuti inizieranno uno sciopero pacifico ad oltranza”. Gli ospiti dell’Ucciardone invitano il ministro Alfano a visitare personalmente il carcere per constatare la realtà”. “Aggiungo anche il mio invito al ministro Alfano – conclude Fleres – ad effettuare una visita presso l’Ucciardone per verificare le condizioni di vita all’interno della struttura e gli sforzi che la Direzione ed il corpo di polizia penitenziaria compiono giornalmente per garantire un minimo di vivibilità pur in assenza di adeguati fondi e di personale”.

da www.livesicilia.it

Musica: oggi a Piazza di Spagna un”onda anomala’ di ballerini


Oggi alle 19 un”onda anomala’ di persone vestite di blu scorrera’ danzando giu’ per la scalinata di Trinita’ dei Monti investendo di musica Piazza di Spagna. L’iniziativa di questo ‘flash mob’ nasce dagli ideatori del FlashMob della Stazione Termini ”Tutti Possono Ballare” Francesco Minotti e Mario Crocetta, in collaborazione con romaflashmob.it e Guedado Crew, ed e’ dedicato alla musica e all’estate.

‘Onda anomala’ sara’ un potente mix coreografico e scenografico allo stesso tempo, pensato per i circa 2000 partecipanti previsti, che inonderanno di ”blu” la Scalinata di Trinita’ dei Monti simulando una gigantesca onda e proseguiranno a ballare sulle note di brani come Surfin’ Usa, Azzurro, Beat It, Limbo Rock, Swing e l’immancabile Around the World. L’ evento prodotto da Festa Europea della Musica salutera’ l’arrivo dell’Estate Romana, con il messaggio che ”non esistono limiti di eta’ o di capacita’ tecniche per esprimersi, bisogna avere faccia tosta e voglia di divertirsi, perche’ tutti possono ballare”.

fonte Adnkronos

Ustica non finisce mai


di Roberto Puglisi

MAZARA DEL VALLO. E poi Pasquale Diodato (nella foto), che tutti chiamano Lino, sale le scale della sua casa di Mazara, sale fino a una stanza adornata di immagini e memoria. In diverse foto, in varie pose, in una sorta di lapide moltiplicata, riposano sua moglie Giovanna Lupo, sua figlia Antonella, i figli Vincenzo e Giuseppe. Il 27 giugno del 1980, Giovanna, Antonella, Vincenzo e Giuseppe si legarono al disastro con le cinture di sicurezza del DC 9 Itavia di Ustica. Pasquale accompagnò tutti e quattro all’aeroporto di Bologna. Era la vigilia delle ferie. I saluti delle partenze non si ricordano, quando segue la normalità degli arrivi. Ma, da quel giorno, gli ultimi sorrisi della signora Lupo e dei suoi figli sono rimasti sospesi in una nuvola che accompagna la vita di Lino. Lui si porta appresso la sua nube. Le foto al muro sono gocce di pioggia in continua caduta su ciò che è stato perduto. Lino è stato muratore. Anche nella vecchiaia i muscoli restano possenti, seppure piegati. Gli occhi si inumidiscono, le parole si stringono in un nodo alla gola. Trent’anni non bastano se il dolore continua a urlarti dentro come una bestia. E non c’è risarcimento che tenga e non c’è consolazione che sollevi, quando la verità, dopo tre decenni, è ancora quasi impalpabile, dissolta come i corpi in mare. Mntre Lino racconta, un coro muto lo ascolta in condolente partecipazione. Ecco la sua nuova moglie e il suo nuovo figlio. Sono coloro che vennero dopo Ustica e che hanno scelto di portare un macigno che non gli apparteneva. La donna ha scelto subito, accettando di sposare un uomo con un bagaglio carico di fotografie e lacrime. Il ragazzo ha scelto col tempo, imparando a circondare di tenerezza la ferita nel cuore di suo padre, a suo modo è stato una medicina portentosa il farmaco dell’ineluttabile. Il figlio postumo accarezza le foto degli altri figli che morirono: “Li ho sempre considerati come miei fratelli. Infatti mi chiamo Vincenzo, come il mio fratellino che non conosco, macinato nella sciagura”. Il primo Vincenzo aveva dieci anni e non crescerà mai più, rimarrà con quella dolce e interrogativa espressione infantile nel ritratto appeso al muro. Il secondo Vincenzo ha superato il confine dell’età bambina. E’ partito dopo ed è approdato più lontano, come un sasso scagliato nel mare per rabbia e per speranza. Lino con gli occhi umidi parla: “Non ce l’ho con i politici di adesso. Non ce l’ho con i militari che eseguono gli ordini. Ce l’ho con i signori onorevoli di allora, con chi ha depistato, con chi ha allontanato, con chi ha impedito che saltassero fuori la responsabilità. Non ci sono soldi per pagare questa infamia”. I soldi del risarcimento, Lino il muratore, li ha presi. E gli sono serviti a poco. “Non ho potuto dare un lavoro, una prospettiva a Vincenzo (il nuovo figlio). L’assicurazione voleva pagare quindici milioni per i miei. Teneteveli, ho detto. La vita dei miei cari non vale così poco”. Antonella aveva sette anni, Giuseppe solo dieci mesi. Lino racconta col passato prossimo, tempo e modo della vicinanza desiderata: “Li ho messi sull’aereo, ci siamo salutati. La mia era una famiglia allegra. Ricordo ogni sguardo, ogni frase, ogni piccolo dettaglio. Mi sono sistemato in macchina. All’ora dell’incidente ho sentito una fitta, un cazzotto allo stomaco. Sì, lo so che può sembrare incredibile, però è andata così. Me la sono presa con me stesso: Lino, che vai a pensare”. Lino-Pasquale avrebbe raggiunto i suoi dopo, nella terra natale di Sicilia, per le vacanze. Il programma di un’estate serena era tracciato e sorvegliato da un radar benevolo. A Punta Raisi, a Palermo, c’erano i nonni e gli zii. Aspettavano la famiglia Diodato per indirizzarla lungo la strada di un giugno accogliente. Il resto è la storia di tutti i parenti degli ottantuno passeggeri del DC 9 Itavia. E’ la storia degli alibi, dell’aereo che non atterra perché c’è ritardo, forse sta girando sull’aeroporto, forse chissà che diavoleria è accaduta. Invece, mentre sbocciavano le domande e cominciavano a tingersi d’angoscia, tutto era già compiuto. Lino parla. Ha una faccia da muratore stanco. Troppi muri, troppa polvere. La ricostruzione della sua integrità, ammesso che ci sia riuscito, è stata lenta e faticosa. “Ci sono poche persone che devo ringraziare. Ringrazio gli avvocati Vanessa e Vincenzo Fallica che ci hanno assistito con scrupolo, Ringrazio la signora Bonfietti che tanto ha lottato perché altrimenti non ce l’avremmo mai fatta. Ringrazio Andrea Purgatori, il giornalista che ha scopertto il mistero di Ustica. Senza di lui nulla sarebbe emerso”. Lino non può sapere che proprio in questi giorni è morto, a 48 anni, Corso Salani, l’attore che dava volto e voce al cronista coraggioso ne “Il muro di gomma”. Lino non ha mai voluto vedere quel film che è servito soprattutto agli altri, a quelli che non c’erano, né dentro, né intorno a quel maledetto aereo. Salani ha organizzato il suo decollo, quasi alla vigilia del trentennale del disastro che così profondamente ha incarnato. Sempre le rotte sono misteriose in ogni tipo di viaggio. E poi, quando il fiato si scioglie in risacca, quando non c’è più nulla da sussurrare, quando non è più possibile stringere le dita tra le dita senza spezzarle, Pasquale Diodato che tutti chiamano Lino sale le scale della sua casa, sale fino alla stanza di Ustica. Dice: “Li ho davanti agli occhi, nel mio cuore, in ogni giorno, in ogni momento. Non passa mai. Non finisce mai”. E sua moglie, la donna con gli occhiali che è venuta dopo la tragedia, la donna che è arrivata per raccattare i cocci, annuisce e piange anche lei. Non ha mai rifiutato la memoria della famiglia precedente e il riflesso di un’altra che fu madre e moglie dello stesso sguardo. Ha condiviso le spine, ha accolto le foto, ha abbracciato le poche gocce di sole e le molte gocce di pioggia. Ha preso il buco nero di Ustica e, nel suo campo straziato, ha seminato indicibile amore.

da www.livesicilia.it

La festa del popolo “Pride” la diversità che arricchisce la città


di Miriam Di Peri

Diecimila secondo gli organizzatori, poco più di un migliaio secondo la Digos. Poco importa quanti fossero, ieri pomeriggio, in corteo per le strade di Palermo. Erano lì, con la loro allegria, i loro colori, la loro voglia di manifestare una diversità che per un giorno la città ha potuto percepire come ricchezza. C’erano i single e c’erano le coppie. C’erano i gay, le lesbiche, i trans, i bisessuali, gli etero. C’erano le mamme giovani, insieme ai loro bambini. E c’erano le mamme mature, accanto ai figli omosessuali presenti al corteo. C’erano le associazioni che per statuto lottano contro i pregiudizi sessuali e c’erano le associazioni di promozione sociale. Arci e Arcigay, Muovi Palermo e Articolo tre, Agedo e Amnesty International, insieme. C’erano gli elettori di destra e quelli di sinistra, insieme nel giorno del tributo alla diversità intesa come risorsa. “È stato l’evento politico dell’anno” dicono gli organizzatori. In ogni caso, è stata una parata che la città ricorderà a lungo.
I partecipanti si sono radunati a piazza Magione a partire dalle 15 e lì è iniziata la festa, fino a poco dopo le 17, quando il corteo ha cominciato il suo percorso. Piazza Magione, via Lincoln, Foro Italico, corso Vittorio Emanuele, via Roma, via Cavour, piazza Verdi. Il popolo gay ha attraversato il cuore della città vecchia, non lasciando indifferente nessuno, durante il suo passaggio. Alla testa del corteo, la storica coppia gay di Palermo, Massimo e Gino, mostravano un cartello con su scritto “30 anni di vita, lotta e amore insieme”, in ricordo del trentennale dalla morte dei due ragazzi omosessuali di Giarre e dalla nascita nel capoluogo siciliano del primo circolo Arcigay d’Italia. Sul primo carro della parata, la madrina della giornata, Vladimir Luxuria, che ha commentato la manifestazione descrivendo la sua grandissima emozione davanti all’evento. Anche Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, presente al corteo, si è detto profondamente emozionato per il successo della giornata. Ai balconi, i palermitani guardavano incuriositi la folla di gente che invadeva le strade. Qualche casalinga ha accennato dei passi al tempo di musica, tra i tanti giovani che, dalla strada, applaudivano e le invitavano a scendere. Certo, qualcuno ha riso sotto i baffi, qualcun altro ha sussurrato commenti poco gentili, ma dopo le polemiche che durante gli scorsi giorni hanno accompagnato l’attesa per il Sicilia Pride 2010, ieri è stato il giorno di festa, il corteo ha sfilato tra i manifesti pubblicitari del Pride e quelli dei giovani del Pdl che recitavano “Coppie gay: no a matrimoni e adozioni”, in un rispetto reciproco che non ha portato a scontri diretti.
E la festa è andata avanti tutta la notte sul grande palco del Pride Village, che ha ospitato in piazza Verdi, davanti il teatro Massimo, le performance dei Licks, Cipria, Hank, Gennaro Cosmo Parlato, Viola Valentino e i Quartiatri.

da www.livesicilia.it

I pezzi i cuori muoiono sempre


di Patrizia Pugliese

Sono le 3.32 del mattino, una volontaria che si occupa di problematiche legate al carcere, mi ha appena mandato una serie di mail in cui mi “avvisava” dell’uscita della mia lettera su diversi blog o siti nazionali.

Non ho sonno.

Ho appena finito di parlare con uno di loro, una guardia carceraria, “l’omino apri-porta” lo chiamo io… Sono turbata. Non riesco a dormire. Ho bisogno di scrivere scrivere scrivere, forse vorrei urlare, ululare, miagolare, nitrire, abbaiare…. Farmi sentire da tutti, dall’universo intero ma qui tutti dormono.

Il mio incontro con la realtà carceraria è stata devastante dal punto di vista emotivo, umano. Alcune scene ricostruite stasera mi riportano ai grandi soprusi, eccidi della storia, uno su tutti, l’olocausto, il disprezzo verso gli ebrei, i diversi. Non posso e non voglio fare il nome della guardia in questione. Mi trovo a Trieste. La guardia non lavora in Friuli, ma ciò che mi ha raccontato avviene in tutte le carceri italiane.

Potrei titolare il mio pezzo…. I PIEZZI I CORI MUOIONO SEMPRE

Chiamerò la mia guardia Gesù, perchè ai miei occhi stasera è parso come una sorta di messia. Sono stata invitata a cena da un gruppo di amici triestini, tra questi un ragazzo sulla trentina, brizzolato, aria stanca, invecchiata. La serata si apre con una serie di antipasti e si concluderà su un divano dove io mi improvviso giornalista con tanto di penna e taccuino (ne porto sempre uno in borsetta). Ho fatto la freelance in passato, in varie testate della mia regione di origine: la Calabria. Terra ricca di contraddizioni come tutto il meridione del resto.

Dopo le prime presentazioni, banali e piuttosto stucchevoli, io e Gesù cominciamo a dialogare. Mi dice subito: “Faccio un lavoro duro, un lavoro che alcune volte mi costringe a non dormire….” Incuriosita gli chiedo che razza di lavoro è un lavoro che non ti lascia dormire, provo ad immaginare, passo a rassegna numerosi lavori: l’operaio turnista, l’infermiere, il camionista…. Gesù incalza… “ Sono una guardia carceraria, un agente, lavoro presso il carcere di…..”

Rimango attonita per un’istante… Non posso crederci che un incontro del tutto inaspettato (questo) mi condurrà al pianto, alla riflessione, al senso di vuoto, di smarrimento…. fino a toccare punte estreme di vera e propria angoscia.

Io mi chiamo Patrizia, Patrizia Pugliese ho 35 anni e un cervello che non ama la menzogna e le ingiustizie. Anch ‘io ho lavorato in carcere (docente di lettere), in quello di Tolmezzo, carcere di massima sicurezza, un’enorme quadrato color cemento… Avevo appena finito, un 5 ore prima, se non di più, di scrivere una lettera a Carmelo Musumeci, lo trovo un uomo di grande spessore. Era una lettera di ringraziamento ai miei ragazzi dell’ AS.

A Gesù dico subito quello che penso del carcere, dell’ergastolo ostativo, del reinserimento sociale dei detenuti, dell’incongruenza tastata con mano, dell’indifferenza di alcuni miei colleghi pur di non andare a scomodare un sistema che fa comodi a molti. Parlo con lui di uomini-ombra , cerco di farlo ragionare, le uniche parole dette.. “Lo so, Patrizia, ma non dipende da me… Io faccio solo il mio lavoro”

Quando hai iniziato a fare questo lavoro? Incalzo io… Cerco di capire anche l’altra metà… Stasera ho deciso di stare ad ascoltare l’altra metà del carcere_mela…

Gesù:” Sono circa 10 anni che faccio questo lavoro”….

Patrizia: “… E ti piace?”

Gesù: “… Bhè piacermi, è una parola grossa… diciamo che sopravvivo”

Patrizia: “Sopravvivi a cosa?

Gesù : “Al dolore, alla storia dei deboli, dei marocchini, degli albanesi, ma di tanti, anzi troppi ragazzi italiani. Sai quanta gente mi sono ritrovata dentro.. Ed erano miei amici… Ad un tratto ero obbligato a non vederli non solo come amici, ma anche come  uomini…  Ma…“Pezzi”

Patrizia: “Pezzi? Cosa significa pezzi?”

Gesù: “ Così vengono chiamati i detenuti, “pezzi”… Ma anche noi guardie…Insomma, sì… Siamo tutti dei pezzi… Nel bene e nel male….”

Patrizia: “Ah… Dunque tra di voi vi chiamate pezzi…”

Gesù: “Si tra di noi comunichiamo così, se per esempio in sezione ci sono 30 detenuti noi diciamo 30 pezzi…”

Patrizia: “E… Come li trovi questi pezzi? Cioè li trovi umani?”

Gesù: “…Dipende… Diciamo che gli italiani sono più educati… Gli extracomunitari rompono sempre il cazzo… Ma.. Io.. Una volta ho salvato un marocchino… Aveva tentato di uccidersi con il laccio delle scarpe…Ma io l’ho salvato…”

Patrizia: “Come hai fatto a rompere il laccio delle scarpe dal collo del”pezzo”?

Gesù: “Facile, ho usato un accendino… Ma mica è l’unico che ho salvato… Sai quanti… Io non sono cattivo come certi miei colleghi… Sai quante volte mi hanno detto… Stronzo e lascialo morire lì quel delinquente…. Ma io non voglio pesi sulla coscienza, Patrizia, io quando torno da mia moglie e da mia figlia devo guardarle dritte negli occhi… Alcune volte mi ritornano in mente scene non belle che ho visto nelle varie carceri italiane….”

Patrizia: “Tipo? Che cosa hai visto di tanto sconvolgente?”

Gesù: “Mamma, forse è meglio che non te lo dica, tu sei una ragazza, forse ti prende paura…”

Patrizia: “ No, vai pure avanti, io non ho paura, altrimenti non sarei andata a lavorare in un carcere di massima sicurezza”…

Gesù: “Una volta, un albanese, aveva appena saputo della madre morta…. Dopo poche ore si era aperta la pancia con una lametta per farci la barba… Aveva le budella di fuori… Sono corso in bagno a vomitare… Non ho dormito per diverse ore…”

Patrizia: “Perchè secondo te ha sentito la necessità di aprirsi la pancia? Qual’è il motivo di un gesto così estremo?”

Gesù: E senti, Patrì, quello stava già depresso.. Sai quanti depressi ci stanno in carcere? Forse, dico io, non gli avranno dato il permesso di andare ai funerali e lui ha cercato di uccidersi… Poi.. lo saputo dopo, è stato ricucito e si è salvato… Ma io non ho dormito, per mesi ho avuto incubi, sudavo e mia moglie che mi implorava di cambiare lavoro… Cambiare lavoro adesso? E cumme facciu a cangiare… A’ Crisi….”

Patrizia: “A proposito di depressione (io studio psicologia a Trieste) ho notato che molti ne soffrono. Anche  a Tolmezzo, una volta ho sentito un ragazzo urlare, non era un mio allievo, era della comune, uno straniero, poteva avere 24 anni. Sembrava uno zombie. Ho chiesto alla mia collega delle medie cosa fosse successo… lei mi ha risposto che prima era un ragazzo brillante, un tipo attento alle lezioni, mentre, adesso è da un paio di giorni che si comporta strano. Mi ha detto che gli stanno dando delle pillole per calmarlo. Il ragazzo si recherà da solo in sezione in perfetto stato confusionale. Credo che sia stato punito per questo, sento le urla di un appuntato che incalza… “E che diamine!!! Questi dottori di merda che li imbottiscono di psicofarmaci!!!! Poi vedi come si riducono. “ La guardia in questione è fuori di sé, invece di calmare il ragazzo in preda a un vero e proprio stato di ansia lo riempe di insulti…” Il giorno dopo si presenterà tutto fasciato… Si è procurato delle lesioni agli arti superiori con la lametta….”

Gesù:”Ma sai quanti in carcere si tagliano, si provocano ferite per protesta…”

Patrizia” E voi che fate in questi casi”?

Gesù: “ Cosa vuoi che facciamo? Li portiamo in infermeria, medicati, un calmante, per avere un colloquio con uno psicologo… Ne passa tempo devi fare le domandine… E non sempre ti vengono inoltrate.. Per cattiveria, alcune non partono nemmeno…”

Patrizia:” Già, gli psicologi… Loro che ruolo hanno dentro un carcere, possibile che non intervengano? Possibile che non si rendono conto del recupero della persona. Se quello che mi dici è vero, io non potrei mai fare la psicologa in un carcere… qui si stanno violando i diritti umani. Questa è roba da denuncia…”

Gesù: “ Ma chi vuoi che parli? Prova tu a dire queste cose… Vedrai come ti rompono le palle… Come Saviano…. finiresti…Non ho mai visto in tanti anni di carcere un educatore, un professionista esterno denunciare questo stato di cose… Tanto a chi vuoi gliene freghi dei detenuti? Io però ho la coscienza a posto una volta ho salvato un marocchino da un tentato suicidio… lui poi si è ripreso e mi ha detto grazie… Piangeva come un bambino… Mi ha detto che aveva il diritto di morire, che lui era un cane e che sua moglie avrebbe capito così come anche il bambino… Crescendo. Gli ho detto che non doveva farlo, che la moglie e suo figlio lo aspettavano….”

Patrizia: “Quanti anni di detenzione doveva scontare questo marocchino?”

Gesù: “ In totale solo due anni, gli mancavano circa 300 giorni?”

Patrizia: “Solo 300 giorni? E per un anno lui ha tentato di farla finita….Pazzesco…”

Gesù:”Si.. Ma sai quanta disperazione c’è… A me fanno pena.. Sembrano leoni in gabbia, una volta a uno gli ho raccolto una pagnotta da terra, lui era dentro la cella.. E la pagnotta è cascata fuori dalle sbarre.. Bhè io l’ho raccolta … Un mio collega si è avvicinato al detenuto e con violenza gli ha detto….Sei fortunato che stasera hai trovato lui… Per me potevi pure morire di fame pezzo di merda!!!”

Patrizia: “ Ma come si ammazzano il più delle volte?”

Gesù:” Si impiccano, si strangolano con i lacci delle scarpe, si tagliano le vene con le lamette oppure si mettono un sacchetto di plastica in testa e ci infilano il fornellino e aspirano il gas…”

Patrizia: “Quanto ci impiega un detenuto a morire per asfissia..?

Gesù: “ Bhè credo un paio di minuti.. Io li ho sempre trovati morti… Alcuni lasciano biglietti di perdono, una volta mi fece impressione la morte di un ricco imprenditore, si era ammazzato così. Lo ricordo educato, un signore, un vero signore… e dentro di me pensavo che era tipo da Hotel Hilton e non da carcere……”

Patrizia: “ Ti è mai capitato di pestare in carcere qualcuno o di assistervi”? Avvengono i pestaggi in carcere?”

Gesù: “Certo che avvengono i pestaggi in tutte le carceri italiane….Io.. no.. mai pestato nessuno… Non ci riesco… Quando vedo mi allontano…. Non voglio vedere e sentire le urla.. Sembrano quelli dei maiali.. Quando vengono uccisi… Ma sai.. Alcuni se la cercano, alcuni ti provocano, ti ci portano a mettergli le mani addosso… Alcuni se la cercano..”

Patrizia. “Si capisco che qualche detenuto possa arrivare alla provocazione, ma non pensi che il fatto di stare 24 ore su 24 al chiuso in celle sovraffollate… aumenti gli scatti d’ira… E’ un po’ come provocarli.. E comunque ci sono delle leggi che tutelano i detenuti… Non avete comunque il diritto di alzare le mani , dovete sorvegliare e garantire l’ordine non picchiare senza pietà…Dunque il caso di Stefano Cucchi potrebbe essere veritiero? Potrebbe essere stato pestato ?”

Gesù: “ Certo che è stato pestato… Si usano delle buste nere, da spazzatura per non lasciare troppe tracce e su quelle si pesta… Poi si sanno i punti da colpire…Ma nessuno ti dirà mai che è stato pestato.. Si suppone….”

Patrizia: “ E tu? Trovi giusto, tutto questo? Lo trovi giusto? Anzi umano?”

Gesù: “ Io non lo trovo né giusto e né umano, ma nelle carceri funziona così, è il sistema e nessuno può farci niente, neanche io che sono buono, tanto al posto mio… arrivano i cattivi….”

Patrizia:” Hai mai pianto, tornando a casa dal lavoro, pensando ai suicidi, ai pestaggi, ai soprusi verbali”?

Gesù: “ Senti Patrì, tu sei una brava ragazza, hai un cuore grande e a te stasera voglio dirti la verità, commosso sì, pianto no… Sono stato addestrato a non piangere, a non ridere, sono stato addestrato a essere un pezzo……”

Prima di congedarsi mi saluta col capo chino e mi tende la mano “ E’ stato un piacere Patrizia. I detenuti di Tolmezzo sono stati fortunati ad averti come professoressa… Ma stà storia non stà a raccontarla nessuno… Sei giovane, bella, divertiti, dimentica il carcere, fatti stè ferie e lascia perdere, tu mi sembri a Saviano a stessa fine fai se non ti calmi… E non stà a raccontare quello che ti ho detto… anche tu senu piezz e nessuno ti ascolta”.