di Loretta Dalola
Archivi giornalieri: 15 giugno 2010
“Vermiglio papavero”
di Angela Ragusa
Rosso rumore, il tuo respiro al tramonto
dopo che il giorno ha gonfiato di ali le ore ,
ricamandole di raggi e di vento…
Rosso desiderio, il tuo pugno di mano
che ferma non resta e tentenna ,titilla,
sobilla di me ogni spazio sensorio…
Rosso fermento, il mio sangue ribolle…
Scioglie le maglie nel pudico groviglio
di paglia intrecciata che incastona sul fondo
vermiglio papavero ,
ritrovato giaciglio per labbra scarlatte.
Orrori da film
di Alessandro Mascia
Mai visto il film “Lo zio di Brooklyn”? A me lo hanno fatto vedere a forza. Non potevo scappare. Come quando infilano un imbuto nella cannarozza di un’oca e la ingozzano per farle ingrassare il fegato. Un trauma. Andate a sbirciarne qualche spezzone su You Tube e rimarrete scioccati. Un film grottesco ambientato nel degrado più totale di una Palermo diroccata e dimenticata. Opera di Ciprì e Maresco, due maestri del trash. Sono riusciti a mettere in scena il raccapricciante in un modo perfetto. E nessuno, pur provando sgomento e turbamento nel vedere “Lo zio di Brooklyn”, può esimersi dal riconoscere ai due del luridissimo capolavoro una genialità fuori dall’ordinario. Oso sottoscrivere che nessuno al mondo potrebbe impressionarsi più di un nativo siciliano nel vedere tale film. Sì, perché il degrado, dalle nostre parti, è come un pendolo che va e viene a seconda dei tempi, delle congiunture economiche, delle amministrazioni pubbliche più o meno farabutte. Lo vorremmo tenere sempre molto lontano da noi, dalle nostre abitazioni, ma a volte ti passa dietro casa e tu non puoi fare altro che subirlo. È un incubo. E credo che ne “Lo zio di Brooklyn” si sia giocato anche su questo: mettere in scena l’abbandono e il degrado di cui abbiamo terribilmente paura.
Perché questo cappello introduttivo che rievoca un gran brutto film? Perché oggi, come vi dirò più avanti, ho rivisto quei terrificanti fotogrammi a poca distanza da casa mia. Perché quel pendolo, ad Augusta, pare essersi impuntato come un somaro. Non ne vuole sentire di allontanarsi. E degrado chiama degrado che chiama degrado. È un circolo vizioso che spinge alcuni beceri a punire la comunità aggiungendo squallore a desolazione e facendo di Augusta un agglomerato apocalittico che repelle i suoi stessi abitanti, figurarsi gli eventuali poveri sventurati turisti. Marcello Veneziani scrive, nel suo pamphlet I vinti, “non c’è degrado urbano che non faccia da grembo al degrado umano”. Su cosa si debba intervenire prima non si sa, se sulla testa malata di qualcuno o su un’Amministrazione che non è capace di frenare il deterioramento urbano.
Stamattina ho scelto di prendere un po’ di sole senza spostarmi troppo da casa. Ad Augusta, in teoria, si potrebbe. A pochi metri da casa mia, a ridosso della Piazza delle Grazie, c’è una spiaggetta frequentatissima dai residenti. L’ormai nota Za Cuncetta sostiene fieramente di esserci cresciuta alla spiaggia delle Grazie e di aver instradato tutti i suoi figli a quei bagni. Il sentiero che separa la mia abitazione dalla spiaggia costringe a passare per una specie di selva curata dagli indigeni che si affacciano sul Golfo Xifonio. Un tocco di verde rilucente che mette di buon umore. Tra i tanti vegetali piantumati spicca un grandioso Ficus Benjamina, ultimo avamposto verdeggiante prima della spiaggia. Oggi, mentre fiancheggiavo sereno il gigante verde, ho ricevuto un sonoro colpo di pendolo in testa. Il pendolo della marcescenza urbana in forma di cassonetti della spazzatura rovesciati sul versante del terrapieno che degrada a mare. E i sacchetti della spazzatura divelti e maleodoranti facevano bella mostra del loro sordido contenuto distribuito sul manto erboso. “Povera spiaggetta” è stata l’unica dimessa protesta balzatami in testa prima di essere strattonato da un urlo sgraziato proveniente dall’acqua. Era proprio lei, la Za Cuncetta, che dimenava le braccia al mio indirizzo sollevando spruzzi d’acqua salata, abbigliata con un attempato costume intero che riusciva a stento a mantenere coese le carni avvizzite, tipo quelle reti per costoni a rischio di crollo. Fatto sta che il disegno flessuoso del costume azzurro, quel menar di braccia e mani e il riverbero del sole sull’acqua mi hanno mandato in confusione e l’ho dovuta raggiungere fino a bagnarmi le scarpe. La vulcanica frequentatrice del lido rionale sbraitava in vernacolo, domandandomi perché non avessi scritto un articolo sullo scempio che, ora, avevamo entrambi sotto gli occhi. A nulla sono valse le giustificazioni secondo cui mi ero appena accorto del fattaccio e che presto mi sarei messo a scrivere. Niente, mi ha porto un pezzetto di carta e ha preteso che scrivessi l’articolo sotto il sole cocente. E mentre vergavo sul retro di una lista della spesa scaduta, mi sono accorto del rassegnato spirito di adattamento dei villici. A gruppetti, imboccavano il declivio che li avrebbe accompagnati fino al mare, eludendo con garbo cassonetti olezzanti e spazzature al minuto come fossero cespi di lentischio o rovi di ginestre. Sì che torcevano il naso, ma nemmeno uno, dico uno, si è così sdegnato da abbandonare l’idea di fare elioterapia in quel tratto di costa. Qualcuno ha addirittura montato la sua solita installazione domenicale – una batteria di ombrelloni variopinti e teli in perfetto stile mercatale –, tutto a pochi metri dalla realtà ributtante.
Mentre attendevo che l’esigente Za Cuncetta mi passasse l’articolo in terza bozza, ho proposto di fare una segnalazione ai Vigili Urbani. Mi sono sentito rispondere “A che fano chissi… nenti”. C’è, dunque, una rassegnazione midollare, un fatalismo viscerale, uno sprofondare ineluttabile verso un peggio a cui pare non esserci davvero fine. Io comunque ho chiamato i Vigili che si sono, invece, dimostrati solerti e sensibili al problema. Sono arrivati nel giro di dieci minuti, hanno scattato delle foto e inoltrato richiesta di intervento alla società che ha in gestione i cassonetti della spazzatura. La Za Cuncetta, che ha un’idea tutta sua delle autorità, ha brandito contro i Vigili il cencio su cui avevo appena scritto l’articolo, minacciandoli di fare una vergogna se non si fossero mossi al più presto. Davanti al loro sconcerto ha pensato bene di brandire pure me, afferrandomi per la spalla e scuotendomi come fossi una vecchia scopa di saggina. Manderò dettagliato resoconto ai registi Ciprì e Maresco, invitandoli a considerare Augusta per i loro prossimi successi cinematografici. Ovviamente la Za Cuncetta occuperà un ruolo di primo piano.
“Da quando ho saputo della mia custodia cautelare”
Appena ricevuta e copiata
di Giovanni Lentini dal carcere di Bologna 15.06.2010
non ho più lacrime per piangere, non ho più sentimenti da esternare, né emozioni per vibrare, per tremare, ho solo voglia di urlare gridare sstrillare. Mi guardo intorno e vedo solo muri circolari e polizia penitenziaria. Ci sono solo orari da rispettare Per mangiare, camminare, lavare, telefonare. Bisogn sempre aspettare Sembra quasi che non siamo più uomini da rispettare, ma solo numeri da contare, non sempre ci si può curare, né sempre si può lavorare, bisogna sempre pazientare, dobbiamo sempe ringraziare, menomale che si può studiare. Fra un po’ non saremo più liberi di guardare Nemmeno i muri circolari Per via delle reti che vogliono montare, speriamo ci lasceranno l’aria per respirare. Per fortuna possiamo pensare, sperare e pregare. E’ difficile persino sognare Sei ore al mese per coltivare I rapporti familiari. Non mi resta che Dio da ringraziare, mamma, moglie e figlio da Amare. Voglio urlare gridare strillare, ma soprattutto voglio Amare.
Carcere di Augusta 4 mesi dopo…
Che bello, mi stanno arivando tante lettere da altre carceri italiane, da detenuti condannati all’ergastolo a cui nessuno dà voce e da quello “nostro”, di Augusta, silenzio assoluto e immotivato se non da un divieto, da un filtro che non posso dimostrare ormai da 4 mesi
…ma fare il bene disinteressatamente alla fine paga: da Augusta silenzio stampa e dalle altre carceri tante lettere piene di poesie, confessioni, racconti, riflessioni…GRAZIE, spero di riuscire a copiare tutto e a pubblicare gradualmente tutto quello che mi è arrivato, creerò la categoria:
VOCI DA ALTRE CARCERI ITALIANE
“Sintesi”
“Ologramma”, l’orchestra che cura con la musica
È nata a Modena pochi mesi fa, ma ha già un’agenda fitta di concerti. È Ologramma, l’orchestra mista di bambini con disagio e non, creata dal Centro europeo di musicoterapia. Frison, direttrice del Cemu:”Il gruppo misto è ormai una sfida collaudata”
MODENA – C’è Leslie, che ha dodici anni, viene dall’Africa e ama suonare lo xilofono. C’è Lucia, che nelle pause tra una canzone e l’altra abbraccia le sue insegnanti chiamandole “principesse”. E c’è Federico, che suona la batteria con una forza inaspettata per la sua età. Sono alcuni dei componenti dell’orchestra Ologramma, nata a Modena nel gennaio scorso all’interno del Cemu, il Centro europeo di musicoterapia. Si tratta di un gruppo corale e strumentale “misto”, che unisce bambini e adolescenti con disabilità e disagi a studenti delle scuole, musicisti e musicoterapeuti. Tutti insieme, insegnanti e allievi, si ritrovano ogni martedì per provare le canzoni del loro repertorio. Il debutto c’è stato il mese scorso, e ora si preparano altri due concerti che si terranno questo mese a Modena. Chitarre, pianoforte, flauti e percussioni: quasi un’orchestra al completo che satura la stanza di note tra un “Oh happy day” e un “We are the world”. Ci sono cinque musicoterapeuti, tre ragazze e due ragazzi, che dirigono l’orchestra, suonano e cantano, aiutando i giovani musicisti a trovare il tempo, la tonalità e, soprattutto, la concentrazione. “La cosa più difficile è tenerli tutti ‘a bada’ – racconta Valentina – , perché l’entusiasmo è grande”. Far suonare per due ore bambini che magari hanno difficoltà a rimanere seduti al banco quando sono a scuola non è certo un’impresa semplice, eppure al Cemu sembrano aver trovato la chiave giusta. “Devi trovare qual è la motivazione che spinge ogni ragazzo a venire qui – spiega Luca -. Gli devi dare un riscontro, capire a cosa vuole aspirare”. E, soprattutto, come puntualizza Ingrid, “ognuno ha i suoi tempi”. Attualmente l’orchestra Ologramma conta trentacinque membri, compresi anche quelli del gruppo teatrale che inframmezza i concerti con testi originali. All’ensemble partecipano ragazzi che usufruiscono del sostegno a scuola, alcuni che provengono dai servizi sociali o altri che semplicemente si sono rivolti direttamente al centro di musicoterapica. “Tengo a precisare che non è un gruppo ‘per’ disabili – spiega la dottoressa Roberta Frison, che dirige il Cemu -. Cerchiamo solo di fare musica, lavorando a tutto campo, soprattutto sulla socializzazione”. L’orchestra Ologramma raccoglie anche ragazzi che difficilmente troverebbero occasioni per imparare a suonare in scuole di musica “tradizionali”, ma si caratterizza come un gruppo musicale “normale”, che non vuole per forza fare leva sulla musicoterapia o sulla diversità che caratterizza i suoi partecipanti. L’obiettivo è cercare di avere ora anche un riconoscimento professionale, perché, come spiega ancora la dottoressa Frison, “le arti espressive vengono troppo spesso relegate al tempo libero. Perché un ragazzo disabile può fare solo il commesso e non il musicista?”. In futuro, invece, il Cemu si augura che l’esperienza di Ologramma possa aprire una prospettiva di vera e propria formazione. “La cosa più bella – conclude Francesca -, è vederli gioire per ogni nota, per ogni battito di mani”. L’appuntamento è fissato dunque per il 17 giugno alle 21 al Parco Divisione Acqui di Modena, e per il 30 giugno al teatro del Tempio, sempre alle 21.
Pistorius ospite d’onore ai Campionati Italiani di Atletica Paralimpica
di Ilaria Fazi
L’atleta sudafricano Oscar Pistorius sarà l’ospite d’eccezione dei Campionati Italiani Paralimpici di Atletica LeggeraTre giorni con il meglio dell’atletica paralimpica italiana in campo, e Oscar Pistorius come ospite d’eccezione. Da venerdì 18 a domenica 20 giugno, allo Stadio Comunale “Romeo Galli” di Imola (Bologna), saranno oltre trecento gli atleti e i tecnici che si contenderanno i Campionati Italiani Paralimpici di Atletica Leggera, organizzati dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico). L’evento rappresenta tra l’altro l’ultima occasione per stabilire i risultati utili alla qualificazione ai Campionati Mondiali dell’International Paralympic Committee (IPC), che si terranno nel gennaio del 2011 ad Auckland, in Nuova Zelanda. Motivo per cui anche i colori azzurri saranno rappresentati al meglio dagli atleti che hanno preso parte alle Paralimpiadi di Pechino 2008.
«Questa edizione del Campionato Italiano “open” – dichiara Luca Pancalli, presidente del CIP – rappresenta un nuovo punto di partenza per l’atletica paralimpica italiana. Accanto infatti a campioni riconosciuti come Porcellato, La Barbera, Lippi, Cionna, Cocchi, Nalin, Endrizzi e Bernardi, che hanno fatto e ancora rappresentano la storia del nostro movimento, mi auguro di trovare nuovi talenti che sappiano raccogliere, nel futuro prossimo, l’eredità di questi nostri straordinari campioni, visto che, con i Mondiali del prossimo anno in Nuova Zelanda e soprattutto con la Paralimpiade di Londra nel 2012, l’Italia è attesa da verifiche di rilevante importanza. La partecipazione di una qualificata pattuglia di atleti stranieri, uno su tutti l’amico Oscar Pistorius, rappresenta la ciliegina sulla torta di una manifestazione che, sono certo, saprà regalare momenti di autentico spettacolo».
«Grazie alla presenza di campioni di alto livello come Pistorius – aggiunge Gianni Scotti, presidente del CIP dell’Emilia Romagna – e a quella dei nostri atleti che hanno preso parte alle Paralimpiadi di Pechino, ci auguriamo che ad Imola si possa vivere un grande spettacolo di sport per tutti gli appassionati. Sarà una testimonianza viva e trainante per gli atleti che si avvicinano adesso alle discipline paralimpiche con sacrificio, passione, agonismo e forza di volontà».
Tra i partecipanti ai Giochi del 2008 in Cina, saranno dunque presenti a Imola Roberto La Barbera, “il barbaro”, argento nel salto in lungo; Stefano Lippi, amputato, già iridato e argento paralimpico; Fabrizio Cocchi, mezzofondista ipovedente che ha vinto il Mondiale; Maurizio Nalin, già campione paralimpico del pentathlon; Germano Bernardi, pesista paraplegico, già medagliato mondiale e paralimpico; la “rossa” Francesca Porcellato, pluricampionessa nell’atletica e oro nello sci di fondo alle recenti Paralimpiadi Invernali di Vancouver; Walter Endrizzi, bronzo paralimpico nella maratona; Andrea Cionna, mezzofondista non vedente già campione mondiale. Sarà tra l’altro anche l’occasione per l’esordio della prima amputata bilaterale italiana, Giusy Versace.
Queste le specialità previste: corsa su pista sprint, 100, 200 e 400 metri; mezza distanza, 800 e 1500 metri; distanza lunga, 5.000 e 10.000 metri; staffetta 4×100 e 4×400; salto in alto; salto in lungo; lancio del disco; lancio del peso; lancio del giavellotto; clava.
La manifestazione – che è stata presentata nel corso di una conferenza stampa presso la Sala Consiliare del Comune di Imola – sarà realizzata a cura del CIP Emilia Romagna e del Dipartimento Atletica Leggera del CIP, con la collaborazione dell’Amministrazione Municipale imolese, del Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (Bologna), della FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera), del Comitato Provinciale di Bologna e Regionale dell’Emilia Romagna del CONI, oltre che con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, della Provincia di Bologna e del Comune di Imola. Sponsor ufficiali dell’iniziativa l’Hotel Molino Rosso di Imola e Banca Carisbo.
Fotografo del gay pride denuncia: “Insultati, minacciati e derubati”
Il tam tam di facebook rilancia una storia di insulti e omofobia. A pochi giorni dalla parata del 19 giugno, che costituisce la conclusione del ‘Sicilia Pride Palermo 2010′, il primo mai realizzato in città, il fotografo del Pride, Francesco Paolo Catalano, ha raccontato di aver subito un episodio di omofobia. Era in via Chiavettieri – ha denunciato il fotografo – nel quartiere della Vucciria a Palermo, per un set fotografico con dei modelli. Mentre i modelli si truccavano per le foto in macchina sono stati apostrofati con insulti omofobi e minacciati. Dopo pochi minuti di assenza, hanno ritrovato il vetro della macchina rotto, la valigetta dei trucchi rubata, insieme a soldi ed altri oggetti. Ad una richiesta di spiegazioni e di eventuali testimonianze, i presenti hanno risposto: “Questo è stato il nostro benvenuto, froci di merda, anzi dovevano bruciarvi pure la macchina. Pezz’ i arruso (in siciliano “pezzo di frocio”)”.
“Palermo – dice il Coordinamento stop omofobia – sta accogliendo molto bene il ‘Sicilia pride Palermo 2010′: Istituzioni, istituzioni culturali, universita’, artisti, associazioni, gente comune: la città si sta riempendo di asterischi (che richiamano il logo del pride) e di persone che partecipano agli eventi in calendario e che aspettano la parata finale del 19 giugno con entusiasmo. Ma insieme a questa città accogliente e libera dalle discriminazioni – continua la nota -, c’è la Palermo che, come accade nel resto d’Italia, discrimina, insulta, emargina”.