di LOretta Dalola
Archivi giornalieri: 6 giugno 2010
Firenze: il “panneggio” di Sollicciano, lo straccio sventola e così nasce un amore
di Laura Montanari
L’amore al tempo del carcere si sventola come una bandiera, è uno straccio bianco o rosso o nero che naviga nell’aria e cerca le parole come può, nel deserto senza intimità di una cella, nel tempo negato di una prigione. Ci sentite da li? Le mani sbucano dalle feritoie di Sollicciano, alla periferia di Firenze. Le mani si allungano fuori dalle finestre con le sbarre e “parlano” da un’ala all’altra di questo istituto che è un edificio ad anfiteatro, così largo che in mezzo ci potrebbe stare quasi un campo da calcio. Le voci non viaggiano abbastanza in quel vuoto e allora i detenuti e le detenute si arrangiano con il “panneggio”. È una specie di chat senza computer, un T9 senza telefonino, un alfabeto morse senza suoni.
Un dialogare per mezzo degli stracci, qualcosa di antico e primitivo, un viaggiare lento, da terza classe rispetto ai bit che attraversano il mondo libero. Un giro del panno per dire “a”, due per dire “b”, tre “c” e così lungo tutte le lettere fino alla “z”. Una fatica leggersi a distanza, ma quando le ore non passano e il silenzio è un mattone, la mano che sventola il pezzetto di stoffa diventa un’ancora, una compagnia, un ciao, un come stai. Qualcosa.
Una giovane regista teatrale, Elisa Taddei, che lavora con la gente di Sollicciano (il 17 e il 18 giugno porterà in scena al Giardino degli Incontri lo spettacolo “Il giardino degli animali”) racconta che nel carcere fiorentino, il panneggio è un linguaggio che va avanti da anni. “Me l’hanno spiegato alcuni detenuti, sono nate anche delle storie d’amore”. Una di certo. Quella fra Marinella e Vito. Lei dentro per spaccio e qualche scivolata precedente, lui per cose analoghe commesse in un’altra città. “Ci siamo spediti qualche lettera dall’interno del carcere, poi un giorno Vito mi ha scritto: stasera vieni al panneggio?”.
Marinella ha venticinque anni e sigarette che si inseguono incessanti sulle labbra mentre nella cucina di casa sua a Pistoia, dove è agli arresti domiciliari racconta: “Una zingara, Salia, che stava in cella con me, mi ha insegnato come si fa. Per un po’di mesi ho detto no, che non mi interessava, ma stavo ore e ore distesa sulla branda della mia cella a guardare il soffitto, con la musica nelle orecchie, a pensare al mio bambino di otto anni, fuori e dato in affido per i miei errori”. Un giorno anche “Mari” allunga le braccia dal terrazzino della sua cella e sventola segnali di stoffa nell’aria: “Ciao, sono qui”.
C’è qualcuno? Una bandierina che sventola, un messaggio di solitudine in bottiglia. Dall’altra parte qualcuno fa altrettanto. Chi è? Sarà lui? “Era proprio Vito, ci eravamo incrociati tramite un’altra ragazza che era in cella con me e che continuava a parlarmene. Così è come se fosse già stato un mio amico. In carcere l’amore scatta subito, basta poco”.
Il cuore sale sull’ottovolante, non è come fuori. Ovunque la passione grida, nel carcere grida come può. “Il panneggio per me era diventato un’ossessione – riprende Mari – c’è stato un periodo in cui andavo a lavorare, in lavanderia o come badante di una detenuta invalida. Lei era in isolamento e da lì non si panneggia. Allora la mattina prima di uscire io e Vito ci si dava il buongiorno sventolando i nostri stracci e poi si contavano le ore e si riprendeva quello strano modo di parlare, a sera”. Lo straccio ha il suo alfabeto: se è rosso vuol dire che il soggetto è occupato, se è nero meglio girare alla larga, se è bianco e steso come un lino ad asciugare tra le sbarre, vuol dire che si aspetta una chiamata. L’altra metà di Sollicciano è in linea. Ma ci sentite da lì?
I tentativi della BP cominciano a funzionare
Catania, guida turistica è… muta
Addetto visite al Palazzo Platamone
Quando la realtà supera la fantasia. C’è anche una guida muta per dare informazioni ai turisti che vogliono visitare Palazzo Platamone, di proprietà del Comune di Catania. L’uomo si esprime solo a gesti. La scoperta è stata fatta dall’assessore comunale alla Cultura. Il dipendente è stato assunto perché era nell’elenco dei disabili, si sono giustificati i dirigenti comunali. Così è stato destinato a fare da custode-guida. E’ stata il neoassessore comunale alla Cultura, la stilista Marella Ferrera, durante una visita al ristrutturato Palazzo nobiliare, noto anche come Palazzo della Cultura, a sollevare il caso. Il Palazzo Platamone è uno degli edifici storici del tardo medioevo di Catania, che ospita l’assessorato alla Cultura del Comune etneo, e diverse mostre di pittura. Nel suo cortile, denominato della Cultura, spesso sono organizzati frequentati incontri culturali, spettacoli e esposizioni d’arte. Il palazzo apparteneva alla illustre e ricca famiglia dei Platamuni che si distinse nel campo commerciale ma che ebbe anche importanti esponenti che primeggiarono nell’ambiente politico ed ecclesiastico.
fonte tgcom
Il telefilm polizesco è un buon esempio di televisione
Delitto nei quartieri alti
Scultura: scolpire sospesi tra cielo e terra, sette scultori sulla vetta del monte Altissimo (LU)
Scolpire sospesi tra cielo e terra, immersi nella nobilta’ della materia, in un assoluto corpo a corpo con la forma dell’idea, sulla vetta del Monte Altissimo, a 1200 metri sul livello del mare. Nell’inedito scenario, il simposio di scultura ”Sette scultori alla Cava delle Cervaiole, Altissimo 2010|2011” nasce per iniziativa di due artiste scandinave, da diversi anni legate alla Versilia: la norvegese Inger Sannes e la svedese Yemisi Wilson. Da dopodomani al 2 luglio si svolgera’ il progetto pilota che vedra’ entrambe le scultrici protagoniste, mentre nell’estate 2011 a Sannes e Wilson si uniranno, per il completo sviluppo del simposio, Lars Widenfalk, Alena Mate’jkova’, Eva Ziggy Berglund, Diana Andersson e Dag Birkeland. Un’iniziativa, a cura di Valentina Fogher, che vede la collaborazione della Henraux grazie alla quale l’antica cava diventera’ visitabile
Un fascino infinito rivestono da sempre le cave apuo-versiliesi, per quel loro specchiarsi sul mar Tirreno, per il pregio della materia che da oltre duecento anni se ne estrae, per l’antica storia che vede tra i suoi testimoni piu’ significativi Michelangelo Buonarroti che aveva esplorato quei luoghi intorno al 1518 apprezzandone l’immensa ricchezza mineraria. A questo spettacolo paesaggistico andra’ ad aggiungersi la seduzione dell’atto creativo. Il simposio prevede che gli artisti salgano per quattro settimane in cava, dove, fianco a fianco ai cavatori, lavoreranno alla realizzazione delle loro opere. Ogni fase della giornata e del loro operare sara’ ripreso e documentato dal regista Piero Tartagni. Piccoli gruppi di visitatori, ogni martedi’ e giovedi’ pomeriggio, a partire dal 15 giugno, dalle ore 14.30 alle ore 17.30 circa (partenza dalla sede della Henraux | via Deposito, 269 a Querceta), potranno visitare la cava ed incontrare gli scultori al lavoro. La visita, gratuita, deve essere prenotata alla segreteria della Henraux, chiamando lo 0584 761217. ”Lavorare -spiega la curatrice Valentina Fogher- con il marmo tagliato da poco dalla montagna, sulla vetta delle Cervaiole, per uno scultore e’ come per un cristiano pregare con la piu’ fervente passione all’interno della Basilica di San Pietro: e’ il massimo della sacralita’ della scultura”
fonte Adnkronos
Mamme H davanti al Quirinale: “Perché ha firmato una manovra penalizzante?”
Una decina di madri di figli disabili hanno chiesto udienza a Napolitano. Ricevute dalla sua segreteria, hanno spiegato “che cosa significa la disabilità nel vivere quotidiano: le persone più fragili hanno bisogno di maggiori risorse. Gli ausili e l’assistenza costano e le famiglie non sempre ce la fanno” ROMA – Non ci stanno più e hanno voluto farsi sentire. Una decina di madri di figli disabili, si chiamano Mamme H, ieri mattina hanno sostato per un’ora davanti al Quirinale in attesa di essere ricevute dal presidente della Repubblica. Sono state ascoltate dalla sua segreteria. Arrivate un po’ da tutta Italia, avevano chiesto udienza a Giorgio Napolitano “perché ha firmato una manovra economica che penalizza le persone disabili soprattutto in materia di sanità, invalidità e istruzione”, dice Marina Cometto, torinese, madre di Claudia (una ragazza di 37 anni completamente non autosufficiente). “Considerare spesa improduttiva lo Stato sociale è un segno di inciviltà da quando l’Italia ha sottoscritto la Convenzione Onu del 2006, che sancisce i diritti dei disabili in quanto persone – continua la signora Cometto -. Non si può parlare di improduttività quando la disabilità dà lavoro a tanti operatori sanitari, insegnanti ed educatori, per non parlare di tutte le aziende produttrici di ausili e delle case farmaceutiche”. Le Mamme H non hanno chiesto nulla alla presidenza della Repubblica: hanno voluto solo “spiegare che cosa significa la disabilità nel vivere quotidiano”. Ed è per questo che la signora Cometto ha portato con sé e consegnato il video di sua figlia, che necessita di essere assistita 14 ore al giorno (lo si può vedere su You Tube
http://www.youtube.com/watch?v=qMA09KFDsec
“Le persone più fragili hanno bisogno di maggiori risorse, gli ausili e l’assistenza costano e le famiglie non sempre ce la fanno: molte madri hanno dovuto rinunciare al lavoro, altre invece stanno aspettando il prepensionamento anticipato”, spiega Marina Cometto. “E dopo di noi che ne sarà dei nostri bambini dai capelli bianchi?”, si chiede un’altra madre. “Non vogliamo che altre donne continuino a sacrificarsi, come abbiamo fatto noi, per rendere la vita di nostro figlio il più dignitosa possibile e salvaguardare il bene psicologico e affettivo del resto della famiglia”, le fa eco un’altra madre. Le rimostranze del gruppo Mamme H sono state raccolte in una lettera indirizzata a Napolitano, in quanto rappresentante di tutti i cittadini italiani e quindi anche dei loro figli, e consegnata al consigliere di Stato per gli affari interni Alberto Ruffo: la speranza che hanno ora è quella di “ricevere un segnale che dimostri che non tutta la politica è proiettata solo alla redditività delle persone”, si legge nella lettera. Anche se il consiglio ricevuto dalla segreteria della presidenza della Repubblica è stato quello di “far pressione sulle forze parlamentari”.
Inizia la Fattoria degli scrittori, il primo reality per gli autori di domani
Ha preso il via la Fattoria degli scrittori, primo esperimento di reality dedicato alla scrittura che si svolgerà, fino al 10 giugno, nell’agriturismo Il Mulino, a Cannicchio a Pollica, in provincia di Salerno. Dieci aspiranti scrittori passeranno sette giorni a scrivere, confrontarsi e imparare in un’esperienza formativa che è un incrocio tra un tirocinio e un reality. L’obiettivo è scrivere un racconto e vivere il processo editoriale di analisi preliminare, stesura e editing con il supporto e i suggerimenti degli addetti ai lavori. Le giornate saranno regolate da un rigoroso ritmo di lavoro: inizio alle 7.30, a letto alle 23.30. Ogni giornata prevederà letture ad alta voce, scrittura, seminari, confronti individuali e di gruppo e letture. I tutor saranno Marco Cassini, cofondatore di “minimum fax”, attualmente direttore commerciale, Leonardo Luccone, direttore di Oblique Studio e curatore delle collane Greenwich e Gog per Nutrimenti e Paolo Baron, l’ideatore di Toilet, la collana di racconti da leggere in bagno, che nel 2006 ha fondato la 80144 edizioni. Al termine dell’esperienza, il materiale più interessante verrà pubblicato in un volume dedicato all’evento. Durante il periodo formativo saranno effettuate delle riprese video che potranno essere pubblicate sul web o mandate in onda su una tv nazionale. Le giornate di lavoro si potranno seguire nel sito www.fattoriadegliscrittori.it