La sensuale danza delle gocce


di Tiziana Mignosa

Residui trasparenti
dal mare congedati
sull’ambra della pelle
si lasciano gocciare.
 
Germogli saporiti
la pelle fanno a oca
brivido e piacere
sul corpo somma alcova.
 
E’ danza dell’estate
e a gocce
l’arcuata schiena solcano
impertinenti orme, carezze e desiderio.
 
Morbido è il morso
sul labbro che è proteso
salsedine e languore a sorsi
sul frivolo pensiero.
 
Il mare
si fa presto gioco con il sole
capelli a intrecci d’oro e sale
vista che soddisfa, da bere e d’annusare.
 
Tra i radi fili al miele
cristalli fusi a stille
 minute mani sulle gambe
e amata libertà, almeno di sognare.

Francesca Schiavone regina di Parigi, reine de Paris


di Daniela Domenici

Oggi Francesca ha vissuto la giornata più bella della sua carriera di tennista: giocare la finale del prestigioso torneo, secondo del Grande Slam, sui campi di terra rossa del Roland-Garros di Parigi, prima italiana ad aver mai raggiunto questo traguardo nella storia del tennis femminile.  La nostra atleta, 17esima nel ranking mondiale,  si è trovata di fronte la fortissima australiana Samantha Stosur, settima nella stessa classifica: comunque finirà Francesca ci avrà regalato un bel sogno.

Primo set con inizio molto equilibrato, le atlete mantengono il proprio servizio fino al nono game quando la Schiavone lo ruba per la prima volta alla Stosur e si porta sul 5 a 4, probabile turning point del set; infatti poco dopo se lo aggiudica col punteggio di 6 a 4 in 40 minuti di gioco.

Caricata e concentrata, consapevole dell’importanza della posta in gioco, Francesca continua la sua avanzata verso il trono del Roland-Garros anche se sa che è un compito alquanto arduo dato il gap tra lei e la Stosur nel ranking.

Inizio di second set fotocopia del primo con le due atlete che mantengono il proprio servizio fino al quantro gioco quando l’australiana ruba il servizio alla Schiavone  e si porta sul 3 a 1 e poi sul 4 a 1. Al settimo game contro-break dell’azzurra che si porta sul 4 a 3 e poi si riporta in parità rubando nuovamente il servizio alla Stosur.

Francesca non vuole proprio mollare: sente che il titolo è nelle sue corde oggi.

Si va al al tie break che la Schiavone si aggiudica vincendo il set per 7 a 6 e il match in 1h  38 ‘  diventando la prima tenista italiana a vincere in terra di Francia.

Quando la scuola diventa teatro e legalità


Nuovo debutto per Nicola Costa e per il suo “Ritratto di un’Isola”, lo spettacolo che l’attore, regista e drammaturgo catanese porta in giro da anni all’interno di scuole, istituti di pena, teatri ed anfiteatri dell’isola riscuotendo da sempre ampi successi di pubblico e critica.

A calcare la scena questa volta saranno i giovani allievi dell’Istituto Statale “Filippo Eredia” di Catania che, magistralmente guidati da Costa, svestiranno i panni di studenti scolastici per indossare quelli insoliti e impegnativi di “attori” che condurranno il pubblico in un viaggio simbolico e affascinante all’interno della vasta letteratura siciliana attraverso i versi dei nostri “padri letterari”,  poeti e narratori che con la loro opera hanno permesso alla nostra terra di Sicilia di raccontarsi secondo un modello ben lontano da quello descritto dagli stereotipi e dai facili moralismi.

Ma “Ritratto di un’Isola” è anche il viaggio con cui Nicola Costa – già insignito di numerosi riconoscimenti artistici in ambito nazionale ed europeo e tra questi il Premio Nazionale “I fiumi” a Venezia nel 2003 e il più recente Premio Aci e Galatea per il Teatro, ad Acireale nel Agosto 2007-  propone tra i versi e le sfumature di una terra che non ha eguali al mondo quel connubioo quasi perfetto tra humour ed eros, tra passione e religione, tra miseria e nobiltà, lLa forza del popolo siciliano, quella dell’animo e della propria natura, del proprio modo di essere e di vivere la quotidianità ed i sentimenti; ma è anche il ritratto di un tempo che fu: quello della manovalanza mafiosa comandata dai padrini di Cosanostra con la frequente complicità della classe politica, non solo isolana, ma anche e soprattutto italiana.

Nel testo dello spettacolo, tra le tante riflessioni, c’è né una a cui Costa riserva un’attenzione particolare: il “teatro sociale” come strumento di riflessione e aggregazione tra i siciliani di ieri e quelli di domani. “Il teatro – afferma il regista – non può essere bandito da una società che mira a definirsi civile. E se questo accade in Sicilia, avremo perso tutti la nostra battaglia morale”.

Tra i suoi prossimi impegni ricordiamo quello fissato per l’ormai vicino 24 Giugno nella splendida cornice del Teatro Antico di Taormina dove al fianco di alcuni prestigiosi colleghi quali Mariella Lo Giudice, Gino Paoli, la PFM e Roy Paci prenderà parte allo spettacolo Ad ali spiegate in memoria di Angelo D’Arrigo.

L’appuntamento per “Ritratto di un’Isola” è invece fissato per abato 12 Giugno con inizio alle ore 17:30 nell’Aula Magna dell’I.S.I.S. “Eredia” di Catania (ingresso libero sino a esaurimento posti) per uno spettacolo da non perdere che, ancora una volta, non mancherà di emozionare il pubblico presente.

Il gatto e le rose


di Alfredo Sole dal carcere di Opera – Milano

C’è un vecchio detto: “Non tutto il male viene per nuocere”. Beh, non è che io sia d’accordo con questo, tutti i mali nuocciano ma a volte si può ottenere, insieme al male, qualcosa di buono, nel caso che racconterò, qualcosa di bello.
Per un paio di settimane ho sofferto di un gran mal di stomaco da costringermi a una visita specialistica (niente di grave, adesso sto bene). Il Centro Clinico si trova dentro il carcere, in uno stabilimento separato. Ero già quasi guarito dai miei dolori quando mi avvisano che dovevo recarmi al Centro Clinico per una gastroscopia. Sia io che un altro compagno, anche lui per una visita, siamo stati accompagnati da un agente. Pensavo, non avendolo visto prima, che ci si recasse attraverso un qualche lungo corridoio, invece siamo usciti fuori dallo stabile. Circa duecento metri da percorrere all’aria aperta! La mia paura che di lì a poco una sonda avrebbe attraversato il mio apparato digerente entrando dalla gola, svanì alla vista di quel lungo viale costeggiato da un roseto. Siamo a maggio, il mese delle rose. Ero pur sempre dentro il carcere ma quelle rose, quel profumo, erano un pezzetto di natura così bella ai miei occhi che rallentai il passo per poterne godere il più possibile. Non fu solo il roseto a rendere quella mattina così stranamente piacevole. Stavo camminando in senso rettilineo! E non il solito avanti e indietro in pochi metri di cortile. Mi venne da ridere perchè mi accorsi che non riuscivo a camminare in modo fluido. Perdevo un po’ di equilibrio. Troppo spazio aperto davanti a me. Per la prima volta in quasi 20 anni le suole delle mie scarpe erano sporche per aver camminato su una strada seppur una strada dentro il carcere.
Cos’è la bellezza della natura senza animali. Quella mattina ci fu anche quello. Usciti dal Centro Clinico, appena fuori dalla porta, l’agente che ci accompagnava si fermò a parlare con un dottore, credo. Io e il mio compagno di conseguenza, ci fermammo ad aspettare. Incrociai lo sguardo con un grosso e bellissimo gatto dal pelo lungo. Era a una ventina di metri da noi. Mi chinai e lo chiamai. Con mio stupore vidi che si avvicinava a passo lesto, senza timore. I gatti che vivono dentro le mura dei carceri di solito non sono affettuosi, sono per lo più dei vagabondi senza nessun padrone e diffidenti. Questo invece si avvicinava fino a farsi accarezzare e si mise pure a fare le fusa. Mentre io lo accarezzavo, lui con la sua pancia gonfia me lo confermava visto che sicuramente era incinta. Istintivamente gli toccai la pancia, ma fu uno sbaglio. Fece un salto da felino all’indietro e mi diede una zampata sulla mano, ma non volle farmi del male, non aveva tirato fuori gli artigli, fu come se volesse dirmi: “ehi, vabbè che lascio che mi accarezzi, ma vedi di non esagerare o la prossima volta tiro fuori gli artigli”. Capii il messaggio, gli avvicinai di nuovo la mano sotto il musetto e lui tornò a leccarmi e a darmi piccoli morsi ma senza farmi male. Si avvicinò l’agente e l’incanto svanì in un momento. Il felino scappò via.
Beh, tutto sommato quel mal di stomaco mi ha regalato una bella giornata…

da www.informacarcere.it

Cultura: aprono ‘Le stanze di Tobino’ nell’ex manicomio di Moggiano


Aprono ”Le Stanze di Tobino” nell’ex-manicomio di Maggiano. Come ha letto e come rilegge oggi, a cento anni dalla nascita del suo autore, Le libere donne di Magliano una scrittrice come Silvia Ballestra, classe 1969, sensibile ai temi delle emergenze al femminile? E cosa racconta di Tobino uno scrittore come Maurizio Maggiani che condivide con l’autore viareggino molte cose, dalla geografia dei luoghi alla vocazione anarchica e popolare? O chi come Giorgio Van Straten ha fatto dei maestri toscani, da Tobino a Bilenchi, tesoro di scrittura? L’occasione per ascoltarli, insieme a Mario Monicelli che di Mario Tobino era amico e che ha fatto, pochi anni fa, del Deserto della Libia un film dal titolo ”Le rose del deserto”, sara’ l’inaugurazione di una parte dell’ex-manicomio di Maggiano, alle porte di Lucca, dove lo scrittore-psichiatra ha vissuto fino alla fine dei suoi giorni.

L’11 giugno alle ore 16, infatti, la Fondazione Mario Tobino inaugura, dopo un lungo restauro, la Palazzina Medici, e cioe’ l’ala dell’ex-Ospedale Psichiatrico di Maggiano che ospitava l’alloggio dei medici e dove si trovano le ”Stanze di Tobino” con il loro spartano arredamento originale, la scrivania, le penne, i libri, la macchina da scrivere. La Fondazione avvia cosi’, nel grande e suggestivo complesso medioevale, il percorso di costruzione del Museo e del Centro di studi tobiniani: sia per la sezione letteraria sia per quella di storia della medicina, della psichiatria e del disagio sociale. Il Centro potra’ contare sulla formazione di un archivio bibliografico, sul riordino della biblioteca e sull’esposizione dei piu’ significativi strumenti medici e scientifici. Inoltre, grazie all’accordo chiuso con le Teche Rai, sara’ possibile visionare l’immenso patrimonio televisivo di interviste, ritratti, cronache di Premi letterari che vedono protagonista Mario Tobino.

fonte Adnkronos

“Donne amate”


di Francesco Sabatino

Donne amate,
liete
a Dioniso
danzate.
Di gioia
a lui
cantate.
I vostri corpi
ignudi
al piacere
consegnate.
 
Danzate,
 
danzate,
 
danzate.
La vostra mente
dalla morale
liberate
Nel fuoco del peccato
danzate.
Con lo spirito finalmente
liberato,
da vuoti ed inutili sensi di colpa
che altri v’hanno inculcato,
alla natura divina del mondo
partecipate.
Danzate,
danzate,
danzate. 
 

Libri: esce ‘Il divino pallone, metafisica dei piedi da Platone a Totti’


Heidegger era un’ottima ala sinistra, Derrida un buon centravanti, Camus giocava in porta, come Giovanni Paolo II. E un numero non piccolo di filosofi ha utilizzato il calcio per fare filosofia. In libreria dal 9 giugno il ”Il divino pallone. Metafisica dei piedi da Platone a Totti”, un libro divertente e colto firmato da Giancristiano Desiderio per i tipi della Vallecchi (pp. 312, euro 15). Un viaggio nel prato verde, teatro del gioco piu’ amato del mondo, ma anche negli spazi del pensiero con filosofi meno tristi di quanto comunemente si pensi. Si scopre cosi’ che Sarte amava dire che il calcio e’ una metafora della vita, Wittgenstein giunse alla svolta del suo pensiero guardando una partita di calcio, Marleau-Ponty spiegava la fenomenologia parlando di calcio. Come mai? Il calcio si basa su un principio: il controllo di palla. Ma il principio non puo’ essere finalizzato a se stesso. Per giocare bisogna necessariamente abbandonare la palla

Controllo e abbandono sono i due principi del calcio e della vita. La filosofia, come gioco della vita, si basa su regole calcistiche: per filosofare bisogna saper mettere la vita in gioco. E’ per questo motivo che nel Divino Pallone si spiega l’Idea di Platone con Pele’, la contraddizione del non-essere con Garrincha, la virtu’ e la bellezza con Platini, ma anche l’inverso: il genio di Maradona con la ”logica poetica” di Vico, la visione di gioco di Falcao con il mito della Caverna, il cucchiaio di Totti con la metafisica di Aristotele. E tanto altro ancora. Il calcio, infatti, non e’ solo una metafora, ma un paradigma cognitivo che da’ scacco matto perfino al fenomeno politico piu’ drammatico della modernita’: il totalitarismo. Hitler e Stalin pretesero di controllare tutto e ci riuscirono. Pretesero di controllare anche il pallone. E persero. Il calcio ci fornisce il modello per non ricadere piu’ nel totalitarismo. Un libro che mostrando il controllo di palla nel gioco della vita, sulla ‘fasce del campo’ indica anche insospettabili somiglianze fra calcio e filosofia