Sensibilità chimica multipla: in Italia un milioni di malati


di Antonella Patete

Parla Giuseppe Genovesi, medico e ricercatore che da anni studia la patologia: “I medici non sono preparati e la cosa più grave è che nella maggior parte dei casi i pazienti finiscono dallo psichiatra”. Puglia e Campania le regioni più colpite

donna in studio medico

ROMA – Detersivi, deodoranti, colle, vernici, fertilizzanti, pesticidi, formaldeide, ma anche benzina, toner e campi magnetici ad alta e bassa frequenza. Per la gran parte dell’umanità elementi di tutti i giorni, per alcuni sostanze killer capaci di mandare letteralmente in tilt chi ne viene a contatto per via tattile o olfattiva. La Mcs, acronimo dell’inglese Multiple chemical sensivity, è una patologia che molti non conoscono, ma che coinvolge un numero di persone di gran lunga superiore a quanto non si potrebbe pensare. E che spesso, non essendo riconosciuta in quanto tale, viene scambiata per una nevrosi o una psicosi da curare con l’aiuto di uno psichiatra. Il professor Giuseppe Genovesi medico specialista in endocrinologia, psichiatria e immunologia e ricercatore presso il Policlinico Umberto I di Roma da anni studia la patologia. “Si stima che in Italia le persone affette da sensibilità chimica multipla siano circa 1 milione – spiega -, ma solo 15mila, pari all’1,5% del totale, sanno di avere la malattia”. Ma che cos’è esattamente la sensibilità chimica multipla? “Il termine Mcs è un termine generico, che indica una specifica sintomatologia che interessa ogni organo e apparato – afferma Genovesi. – I soggetti colpiti presentano una condizione di minore capacità di metabolizzare le varie sostanze tossiche esistenti nell’ambiente, che possono essere percepite soprattutto dal punto di vista olfattivo: pesticidi, conservanti, collanti, solventi, derivati degli idrocarburi. Ma alla Mcs si associa spesso anche una particolare sensibilità di tipo elettromagnetico”.

“Se tale condizione non è adeguatamente gestita attraverso la protezione e l’evitamento – prosegue il professore -, nel tempo induce un peggioramento della sintomatologia fino a causare disturbi neurologici estremamente gravi come l’encefalopatia tossica, caratterizzata dalla presenza di disturbi importanti della memoria e dell’umore”. Prima della degenerazione, tuttavia, la malattia può presentare sintomi molto simili a quelli di una un’allergia. I sintomi più comuni sono “senso di bruciore nelle prime vie respiratorie, crisi anafilattoide, cefalea, senso di lipotimia, svenimento, coinvolgimento gastrointestinale e del sistema immunitario fino al coinvolgimento contemporaneo di tutto il network e addirittura all’encefalopatia tossica”.

Nonostante la grande diffusione della patologia che “nei paesi più industrializzati interessa circa il 2% della popolazione”, la maggior parte dei pazienti “non sa di avere questa malattia”. E la responsabilità principale è dei medici “che non sono in grado di riconoscere il problema” e che spesso scambiano i pazienti per allergopatici prescrivendo loro, appunto, delle indagini allergologiche. Tuttavia – e qui viene il peggio – “siccome noi medici applichiamo l’algoritmo specifico, quando una malattia esula da quell’algoritmo improvvisamente diventa una malattia psichiatrica”. E “se il paziente si autoconvince di avere problemi psichiatrici e comincia ad assumere psicofarmaci c’è anche il rischio che la sintomatologia peggiori, perché una delle caratteristiche di questa patologia è proprio quella di compromettere gli enzimi che metabolizzano la maggior parte di questi farmaci”.

Ma la Mcs è anche di una patologia “scomoda” e strettamente correlata alle condizioni ambientali: “Un ambiente sano non può comportare la manifestazione della malattia”, chiarisce Genovesi che precisa anche come, in Italia, alcune regioni risultino essere molto più colpite di altre. “La Campania e la Puglia sono territori stracolmi di termovalorizzatori e, di conseguenza, anche di diossina, di nanoparticelle e di polveri sottili – precisa. – In questo senso l’area di Taranto e l’hinterland napoletano sono un autentico disastro. Ma nessuna regione è esclusa, tranne l’Alto Adige e alcune zone della Valle d’Aosta”. C’è poi il problema del riconoscimento della patologia. “Negli Stati Uniti, Canada, Giappone e Sudafrica e, a livello europeo, in Inghilterra, Germania, Spagna e Austria la malattia è riconosciuta a livello nazionale. – sottolinea Genovesi. – Da noi, invece, è riconosciuta soltanto da alcune regioni del Centro Italia”.da www.superabile.it

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