di Loretta Dalola
A “Che tempo che fa”, Rai3, ospite Vandana Schiva, una delle scienziate più famose al mondo. Attivista politica e ambientalista, è tra le figure più prestigiose che si battono a livello internazionale contro la globalizzazione liberista.
Ha appena pubblicato un libro: “Ritorno alla Terra – La fine dell’ecoimperialismo”, una lettura consigliata, per chiunque abbia a cuore il futuro del pianeta.
Vandana Shiva spiega perché i tre problemi più urgenti per l’umanità – la fame nel mondo, il peak oil e il surriscaldamento globale – siano profondamente collegati tra loro e perché ogni tentativo di risolverne uno, senza implicare necessariamente tutti gli altri, si sia rivelato finora fallimentare.
La crisi alimentare e quella finanziaria dipendono dalle stesse cause, il sistema attuale parte dal presupposto che tutto è merce, ognuno di noi ha invece un valore intrinseco dobbiamo immaginare una realtà in cui gli esseri umani contano più dei profitti.
Parole importanti e disarmanti che fanno capire come l’umanità abbia tagliato i ponti con la terra, la prima cosa importante da fare è proprio il riconoscimento che la regola di avidità ha portato alle conseguenze che tutti conosciamo, la terra è vulnerabile, ed è necessaria una ripresa dei principi della cultura contadina, basata su produzioni di nicchia, sostenibilità, comunità locali, e giustizia ambientale.
Vandana Shiva ci dimostra così che è ancora possibile immaginare un futuro in cui si riuscirà a superare la dipendenza dal petrolio e dalle assurde regole dettate da una globalizzazione sfrenata. Mai come oggi, a causa del progressivo esaurimento del petrolio e di cambiamenti climatici sempre più violenti, la necessità di fonti energetiche alternative e sostenibili sta diventando impellente.
Chiunque vende un progresso che ci porta alla distruzione vende un progresso sbagliato, dobbiamo aumentare il benessere degli uomini e i doni della natura devono essere condivisi da tutti.
Questa analisi chiara e precisa è subordinata a scelte politiche decisive, ma tutti sappiamo che la politica non è sensibile a queste questioni.
Nonostante l’urgenza delle istanze ecologiste, l’Occidente industrializzato non ha ancora compreso ciò che il resto del mondo sa già da tempo: ci stiamo rapidamente avvicinando a una catastrofe alimentare.