I sogni dei bambini palestinesi


di Loretta Dalola

Le vere vittime di qualsiasi conflitto sono proprio loro: i bambini che si svegliano urlando, con le lenzuola avvolte intorno alle gambe, o, terrorizzati, tremano sotto le coperte. Le notti dei bimbi palestinesi sono sconvolte dalla repressione israeliana, i loro sonni non sono disturbati da streghe e mostri, ma da elicotteri israeliani, mitragliatrici, soldati in assetto da guerra e carri armati.

 La miseria causata dall’assedio israeliano ( e non entro nel merito di colpe o ragioni) e la morte spaventano i bambini dei Territori occupati, le cui notti sono terrorizzate dalle scene di violenza vissute durante il giorno, nel quotidiano confronto con le forze d’occupazione.

 

 Sono  bambini traumatizzati che devono  controllare le loro paure, adottando tecniche di sopravvivenza, assistendo quotidianamente a scene di violenza,  non sono psicologicamente rovinati, ma turbati e fortemente spaventati.

 Ritengo che se non si corre prontamente ai ripari, questa situazione influenzera’ la societa’ palestinese di domani. La societa’ palestinese e’ come una pentola a pressione per i  bambini, (futuri uomini del domani) che crescono con una intensa coscienza politica, dove la violenza è l’unica legge conosciuta che inevitabilmente influenza la loro crescita e il loro modo di affrontare la vita.

 L’unico vero sogno   che vorrei  augurare loro è quello di essere come tutti gli altri bambini.

 

 Le foto a lato sono del grande fotoreporter Steve McCurry

 

 da http://lorettadalola.wordpress.com

Eiaculazione precoce: ansia competitiva o malattia?


di Loretta Dalola

Il primo passo per affrontare l’eiaculazione precoce è conoscerne le cause, un problema che può essere risolto grazie alle informazioni.

E’ consigliabile in qualsiasi caso chiedere una consulenza specialistica. Si comincia dalla visita andrologica e dal controllo dei parametri medici. A volte alcuni farmaci possono essere di aiuto nel ritardare l’eiaculazione.

Una consulenza psicologica può invece essere molto efficace per riconquistare l’autostima e vincere l’ansia da prestazione.

Gli esperti spiegano che molti italiani colpiti da eiaculazione precoce rimandano una visita con lo specialista in quanto sono convinti che il problema possa risolversi da solo. Purtroppo, a causa di questo comportamento, si crea un carico di frustrazione che è direttamente proporzionale agli anni durante i quali il problema persiste.

E’ utile sensibilizzare gli uomini verso un problema che non è determinato solo da cause psicologiche ma anche fisiche e organiche. Questa condizione ha delle conseguenze a livello emotivo, sulla qualità di vita e, se non affrontata nel giusto modo, diventa un crescente problema per la partner, o per entrambi, fino a mettere a rischio lo stesso rapporto di coppia.
Questo problema provoca ansia, frustrazione, riduce l’autostima e la sicurezza sulle proprie capacità sessuali. Gli uomini pongono numerose barriere ad affrontare il problema e a parlarne. Diverse le motivazioni, prima fra tutte l’imbarazzo.

Ritengo doveroso puntualizzare che non esiste un criterio preciso per definire quand’è che si possa parlare di vera e propria eiaculazione precoce, perché non esiste un tempo stabilito a priori di quanto un uomo dovrebbe “durare”.

Si può dunque parlare correttamente di eiaculazione precoce solo quando vi sia persistente e ricorrente eiaculazione con minima stimolazione sessuale, prima o subito dopo la penetrazione (e comunque prima che l’interessato lo desideri).

Premesso che l’uomo che riesce a durare per ore si vede solo al cinema, sappiamo anche che per il suo orgoglio da leone, spesso l’uomo è portato ad avere dei contraccolpi psicologici forti dovuti all’incapacità di condurre a termine un rapporto sessuale.

L’ansia che deriva dalle prestazioni sessuali rappresenta un problema molto diffuso nella società moderna; la sempre maggiore competizione, anche tra i sessi, così come la pressione mediatica riguardante tutto ciò che concerne il sesso, ha spesso come risultato la paura della prestazione, il timore di non piacere, di non essere abbastanza capaci, di non essere all’altezza del proprio partner.

L’insicurezza della riuscita diventa causa sufficiente per la non riuscita.

Fra l’altro è bene puntualizzare che non essendo “macchine programmate a tempo“, l’insuccesso può accadere, e che quando ciò avviene è necessario prenderne atto evitando di attribuire ad esso significati eccessivamente negativi.

Non deve più rappresentare una sconfitta, un fallimento, un difetto, ma un’occasione di riflessione che può aiutare a riappropriarsi di un modo più sano e naturale di vivere le cose.

Visualizza altro :

http://www.ipsico.org/eiaculazione_precoce.htm

http://www.intopic.it/salute/eiaculazione-precoce/

da http://lorettadalola.wordpress.com

L’inizio e la fine della vita


di Loretta Dalola

A proposito dei destini dell’anima dopo la morte, per l’antica Grecia che mostrava di intendere la filosofia come amore per la conoscenza, si legge appunto l’espressione: «da uomo si è fatta dio» , la morte  diventa pertanto il risultato spontaneo della purificazione dalle passioni in  una forma di trasparenza su se stessi.

Biologicamente la morte è la cessazione di quelle funzioni vitali che definiscono gli organismi viventi. Essa si riferisce sia ad un evento specifico sia ad una condizione. Il concetto di morte si contrappone a quello di vita.

Perché in tutte le cose c’è un inizio e una fine?

E’ come se la natura si preoccupasse di voler terminare ogni volta un ciclo, in cui però la fine non è esattamente identica all’inizio. La fine di un ciclo, che ha avuto un inizio relativamente preciso, è l’inizio di un nuovo ciclo, le cui condizioni sono tutte da scoprire, da sperimentare.

Se il processo è così naturale, importante e universale, perché solo l’essere umano lo percepisce chiaramente o comunque è in grado di intuirlo?

Gli animali vivono il processo in maniera istintiva, come un aspetto intrinseco alla natura, da accettare come un dato di fatto.

La morte ha qualcosa di paradossale, in quanto pur essendo uno dei momenti significativi nella vita umana, il pensiero ha elaborato riflessioni e rappresentazioni a non finire ma  non  traducibili in alcuna esperienza razionale.  In effetti, possiamo avere esperienza solo della morte altrui, che ci addolora in misura proporzionale ai sentimenti provati per quella persona in vita.

Comunque sia, una  vita che abbia condotto un’esistenza normale, dovrebbe avvertire la morte come un fenomeno naturale, come l’inevitabile fine del ciclo della vita.  Forse il rifiuto umano così categorico è legato al concetto  di deperimento fisico, di dolore associato alla malattia o all’ingiustizia di eventi imprevisti e inspiegabile ed è forse questa somma  di fattori che ci induce a vedere la morte non come una soluzione liberatoria.

Il corpo è un involucro del soggetto che naturalmente tende a decomporsi con il trascorrere del tempo e quando si comincia ad avere consapevolezza di questo, si dovrebbe cominciare anche a desiderare di vivere una nuova condizione.

Bisogna cioè fare in modo di abituarsi all’idea che il processo avvenga nella maniera più naturale possibile, nel rispetto dei tempi che ci sono dati di vivere: le transizioni sono sempre dolorose, poiché costituiscono una rottura col passato e l’ingresso in una condizione d’esistenza del tutto nuova, in cui inizialmente ci si muove come principianti.

La morte fa parte della vita, nel senso che ne è un aspetto fondamentale, imprescindibile. La morte dà addirittura significato alla vita, poiché una vita senza morte non sarebbe umana o terrestre, non apparterrebbe neppure all’universo.

La morte dunque è solo l’anticamera di una nuova vita. Tutto è trasformazione.

Vita e morte fanno parte di un immane processo di trasformazione, di cui noi non vediamo né l’inizio né la fine.

Aver paura della morte, significa non aver ben compreso questo ciclo naturale e non saperlo vivere con coerenza.

L’unica cosa di cui bisogna aver paura è proprio questa incapacità a essere naturali, a vivere con naturalezza la propria umanità.

Forse aiuterebbe prendere in considerazione il fatto  che, la nostra tanto preziosa vita, quella a cui siamo tanto terrenamente attaccati, potrebbe essere utilizzata anche per poter salvare altre vite umane.

Io preferisco, una volta morta, che tutti i miei organi siano donati. Mi rende felice pensare che in questo modo una parte di me serva ad aiutare una vita umana, piuttosto che lasciarla inutilmente a putrefarsi sotto due metri di terra.


Visualizza altro :http://www.aido.it/

da http://lorettadalola.wordpress.com

Le donne


 

 
DONNE !!! Ricordatevi che uno strato di polvere protegge i mobili…
Una casa è più bella se si può scrivere “ti amo” sulla polvere sul mobilio.
  Io lavoravo un tot di ore ogni fine settimana per rendere tutto perfetto, “nel caso venisse qualcuno”.
Alla fine ho capito che “non veniva nessuno”, perché tutti vivevano la loro vita passandosela bene !!!
Ora, se viene qualcuno, non ho bisogno di spiegare in che condizione è la casa: sono più interessati ad ascoltare le cose interessanti che ho fatto per vivere la mia vita.
Caso mai non te ne fossi accorta… la vita è breve, goditela!
Fa’ pulizia, se è necessario…
Ma sarebbe meglio dipingere un quadro, scrivere una lettera, preparare un dolce, seminare una pianta, oppure pensare alla differenza tra i verbi “volere” e “dovere”.
Fa’ pulizia, se è necessario, ma il tempo è poco…
Ci sono tante spiagge e mari per nuotare, monti da scalare, fiumi da navigare, una birretta da bere, musica da ascoltare, libri da leggere, amici da amare e la vita da vivere.
Fa’ pulizia, se è necessario, ma…
C’è il mondo là fuori: il sole sulla faccia, il vento nei capelli, la neve che cade, uno scroscio di pioggia… Questo giorno non torna indietro…
Fa’ pulizia, se è necessario, ma…
Ricorda che la vecchiaia arriverà e non sarà più come adesso… E quando sarà il tuo turno, ti trasformerai in polvere.

Carcere: ogni 2 giorni muore un detenuto


di Lorenzo Alvaro

Sono 76 da inizio anno di cui circa un terzo si suicida Con il suicidio di Aldo Caselli, avvenuto nel carcere di Reggio Emilia, salgono a 76 i detenuti morti da inizio anno: 21 si sono impiccati, 6 sono morti per avere inalato gas, 49 per malattia. Questi i dati resi noti dall’“Osservatorio Permanente sulle morti in carcere” di cui fanno parte Radicali Italiani, Associazione “Il Detenuto Ignoto”, Associazione “Antigone”, Associazione «A Buon Diritto”, Redazione “Radiocarcere” e Redazione “Ristretti Orizzonti”

 Chi era il detenuto
Aldo Caselli 44 anni, detenuto nel carcere di Reggio Emilia, si è tolto la vita ieri notte, tra le 22,30 e le 23. L’uomo avrebbe annodato le lenzuola alle sbarre della cella per impiccarsi. era in carcere da pochi giorni, ma era stato arrestato altre volte per reati vari. Dopo un periodo agli arresti domiciliari, l’ulitmo arresto solo tre giorni fa, il 17 maggio scorso. Era stato fermato dai carabinieri perché sospettato di aver compiuto una rapina, armato di una mannaia, ad un ristorante di Castelnuovo di Sotto in provincia di Reggio Emilia. Caselli, con precedenti di tossicodipendenza, un lungo via vai dal carcere, era malato da tempo. Per questo nell’aprile 2009 il tribunale di sorveglianza di Bologna gli aveva concesso i domiciliari presso una struttura specialistica, la comunità terapeutica “Bellarosa” di Reggio Emilia.

Tutti i numeri
Dall’inizio dell’anno sono trascorsi 130 giorni: in questo periodo 21 detenuti si sono impiccati, altri 6 sono morti dopo aver inalato del gas dalla bomboletta da camping (potrebbe trattarsi di suicidi, ma più probabilmente si tratta di “incidenti” accaduti mentre il detenuto ricercava lo “sballo”) e 49 sono morti per malattia: in totale 76 persone decedute in cella, con una media superiore a 1 ogni due giorni. Tra i 21 suicidi “certi” 5 avevano meno di 30 anni, 8 tra i 30 e i 40 anni, 4 tra i 40 e i 50 anni, 3 tra i 50 e i 60 anni, 1 più di 60 anni (39 anni l’età media). 17 erano italiani e 4 stranieri. Lo scorso anno, dal 1 gennaio al 20 maggio i detenuti suicidi furono 22, nello stesso periodo del 2008 furono 15, nel 2007 furono 13, nel 2006 furono 20, nel 2005 furono 18.

da www.vita.it

Parigi, furto d’arte, tuffo al cuore!


di Loretta Dalola

Un Arsenio Lupin colpisce il museo di arte moderna. Incappucciato e vestito di nero ha portato via 5 capolavori per un valore di 500 milioni. Per entrare nei locali gli è bastato rompere un vetro non collegato con l’allarme. I quadri trafugati sono firmati da grandi maestri della pittura mondiale: tele di Picasso, Matisse, Modigliani, Braque e Leger

Due delle opere rubate, L’olivier près de l’Estaque di Georges Braque; ‘Le pigeon aux petits pois’  di Picasso appartengono al filone artistico detto “cubismo”.   Termine impiegato per la prima volta dal critico Vauxcelles, che intendeva etichettare in senso dispregiativo l’aspetto frammentato e sfaccettato dei quadri di Picasso e Braque. Il cubismo si proponeva di offrire all’osservatore una visione totale della realtà, a prescindere da come essa si presenta allo sguardo. A questo scopo gli oggetti venivano raffigurati come se fossero stati colti da più angolature e punti di vista. L’organizzazione in una stessa immagine di lati diversi di uno stesso oggetto era, però, in contraddizione con le leggi della prospettiva tradizionale, che imponevano all’artista la scelta di un unico punto di vista centrale. Il cubismo comportò l’abolizione della prospettiva.

 Lo stile di Matisse è  un naturalismo convenzionale che risente delle influenze accademiche dei suoi primi maestri, poi però, col passare del tempo, egli si avvicina all’arte contemporanea, soprattutto a quella degli impressionisti, che comincia a sperimentare, conquistandosi fama di ribelle. La caratteristica principale dell’arte di Matisse è l’uso del colore per la creazione di sagome e per l’organizzazione di piani spaziali: il colore diventa così lo strumento principale per la riuscita delle sue opere.

 Il pittore Léger realizza lavori con carattere e contenuto spiccatamente sociale, ruotante intorno al mondo della macchina e dei meccanismi, espressi in modo monumentale.

  Modigliani diventa famoso per il suo rapido modo di lavorare;si dice completasse un ritratto in una o due sedute e una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti.

 Impossibile rivendere quei  quadri – “È stupido rubare quadri così, si tratta di imbecilli e basta”, ha detto Pierre Cornette de Saint-Cyr, commissario delle esposizioni del Palais de Tokyo. “Con quadri del genere non ci si può fare niente – tutti sono già al corrente, i siti Internet sono già pieni di notizie e immagini. Nessuno può pensare di vendere questi quadri, per questo dico che è stupido rubarli. A meno che non si voglia fare un ricatto alle assicurazioni. Ma io sono convinto che li ritroveremo. Con quadri del genere è così, è successo con L’Urlo di Munch”.

 La storia del collezionismo d’arte è costellata di episodi sgradevoli e truffaldini. Tra tutti, quella dei furti è certamente la più dolorosa, soprattutto quando ad essere rubata è l’opera d’arte di un museo la cui perdita diventa un danno per l’intera collettività che viene privata di un patrimonio culturale irripetibile. Il lunghissimo elenco dei furti è una lista che comprende opere o oggetti d’ogni genere e d’ogni tempo.

 Soffro e mi dispiace dare questo genere di notizie anche perchè  i francesi possiedono un discreto numero di buone gallerie ed un cospicuo numero di grandi artisti e giovani leve dell’arte contemporanea.

 Speriamo in futuro di tornar a parlare di grandi mostre e di estrose forme creative invece che di sparizioni dolorose.

 Opere rubate:

 L’olivier près de l’Estaque di Georges Braque;

 Nature morte aux chandeliers di Fernand Lèger;

 La Pastorale di Matisse;

 La donna con il ventaglio di Modigliani e

 Le pigeon aux petits pois’ di Picasso

 Visualizza altro: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201005articoli/55214girata.asp

 http://iltempo.ilsole24ore.com/interni_esteri/2010/05/20/1160990colpo_grosso_parigi_rubate_opere.shtml

 http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_20/parigi-furto-capolavori_69239b38-63f6-11df-ae00-00144f02aabe.shtml

 a http://lorettadalola.wordpress.com

d