La missione assegnata


“Perché tante persone si aggrappano a questa esistenza? Perché
ignorano che la loro vita non termina con ciò che si è deciso di
chiamare “morte”. Gli esseri umani sono addirittura capaci di
commettere tutti i crimini per sopravvivere, contraendo così dei
debiti karmici che un giorno dovranno pagare. Il discepolo di una
Scuola iniziatica ha invece un altro atteggiamento. A volte dice
fra sé e sé: “Che fatica vivere sulla terra, dove si è limitati,
scherniti, violentati, tormentati, calpestati!” Egli però sa
anche che è giunto qui per fare un lavoro e riparare i propri
errori del passato. Quindi accetta, pensando che quando avrà
terminato quel lavoro, potrà vivere libero nello spazio.
Ecco la verità che gli spiritualisti conoscono, e perciò, anche
se sanno che la vera vita è altrove, sono convinti di avere
qualche cosa da fare sulla terra. Finché non hanno sistemato
tutto, finché non hanno finito il lavoro che il Cielo ha
assegnato loro, il resto li lascia indifferenti. Non si chiedono
se preferiscano vivere o morire, vogliono soltanto terminare il
proprio lavoro. Ma non appena questo è terminato, con quale gioia
se ne vanno, perché sanno che alla terra non vale la pena
aggrapparsi.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

E io qualche giorno fa avevo creato e pubblicato questo post, incredibile, in tempi non sospetti, sembra che Aivanhov l’abbia immaginato per me…:-)

“Avrai un grande destino” mi ha detto l’amica, studiosa di astrologia, un giorno in cui, incontrandola casualmente per strada, le ho chiesto, per gioco, di leggermi la mano. “Questa linea è molto rara, ce l’hanno in pochi e tu non solo ce l’hai in tutte e due le mani ma è pure lunghissima e ininterrotta. E’ un indice chiarissimo del fatto che hai un grande destino, che lascerai un segno…pensa che anche papa Woytila ce l’ha come le tue…”.

Addirittura…ma qual è il mio destino? Cosa devo ancora fare e cosa, invece, ho già fatto per meritarmi di essere una predestinata?

Siccome sono profondamente convinta che la mia missione per cui sono stata mandata su questo pianeta stia per concludersi, che questo mio ciclo di vita sia l’ultimo dei tanti che ho già vissuto e che tra poco tornerò alla Casa, l’anno scorso, in questi stessi giorni, ho provato a scrivere un mio breve testamento spirituale e l’ho affidato, in perfetta buona fede ma erroneamente, col senno di poi, a una persona che ritenevo fosse quella giusta per conservarlo preziosamente anche perché avevo chiesto, come ultimo regalo, a questa stessa persona una favore a cui tengo molto: cantare al mio funerale “Over the rainbow” che adoro sia per il testo stupendo che per la musica struggente. Ma questa persona “arrisultàu acìto”, come si dice in siciliano che è anche la sua lingua natìa cioè, traducendo alla lettera, “sembrava un ottimo vino invece è risultata aceto” e quindi ho sbagliato clamorosamente.

Oggi, a distanza di un anno da quel giorno, ho preso la decisione di affidare a tutti voi, amiche e amici che mi seguite con affetto leggendo tutto quello che scrivo qui nel mio sito, il mio testamento spirituale: non sono Raimondo Vianello, lo so, non ho né la sua fama né la sua biografia artistica e quindi non avrò la risonanza quasi planetaria che ha avuto la sua morte e il suo testamento spirituale, ne sono perfettamente consapevole, ma sento il desiderio di dirvi alcune cose su di me e spero di trovare in voi ascolto e affetto.

Nei prossimi giorni ve lo sottoporrò (se non cambio idea nel frattempo o se…), intanto un “grazie” senza confini.

Tredicenne come Pistorius


di Tommaso Romanin

Quando si calerà la maschera sul volto, impugnerà il fioretto con il suo braccio artificiale e respirerà di nuovo quello che si prova quando si sta per fronteggiare un’avversaria, sarà passato un anno e mezzo dalla malattia, o come preferisce ricordare la sua famiglia, da quel brutto incidente che ha portato via a Beatrice le braccia e le gambe. Tredici anni da Mogliano Veneto, ‘Bebe’ (così la chiamano tutti) ha tagliato il suo traguardo: essere la prima persona al mondo a tirare di scherma con quattro protesi. Lo farà domenica pomeriggio, a San Lazzaro di Savena, alle porte di Bologna, invitata al campionato regionale paralimpico dell’Emilia-Romagna. “‘Bebe’ è emozionatissima – racconta orgoglioso il padre Ruggero Vio, sempre al fianco della figlia nella lunga riabilitazione – e sono certo che farà di tutto per vincere. Non è nel suo carattere venire a prendere delle mazzate”. La ragazzina dovrà sedersi su una carrozzina. “Ma il suo sogno, il nostro sogno – prosegue il padre – è quello di riuscire un giorno a gareggiare in piedi. E’ difficile, ma se è arrivata fino qui non è giusto metterle dei limiti. L’obiettivo, intanto, è partecipare ai campionati italiani paralimpici a Foggia, in giugno. Ha solo bisogno di traguardi”. Giovanissima promessa della scherma, da quando aveva sei anni Beatrice girava l’Italia inseguendo la sua passione. Fino al 20 novembre 2008, quando fu colpita da una setticemia, un’infezione del sangue che poteva costarle la vita e che l’ha portata, uno dopo l’altro, all’amputazione di tutti e quattro gli arti. Sei mesi di ospedale, poi la faticosa ripresa.

E l’incontro con il centro protesi Inail di Vigorso, vicino a Bologna. Piano piano si è rimessa in piedi, ha ricominciato a camminare, scrivere, dipingere (un’altra sua grande passione), a uscire in tenda con gli scout. Ma lei, per dimostrare che “nella scherma ci si mette il cuore”, come ha detto una volta durante una discussione da bimbi con il fratello calciatore, ha continuato a covare il sogno sportivo. “Abbiamo conosciuto Pistorius, lo scorso anno”, ha spiegato il padre, che ha anche dato vita ad un’associazione per raccogliere fondi, per Beatrice e per permettere di fare sport ad altri bambini amputati. “Oscar è venuto ad una nostra iniziativa. Ha corso con Bebé, l’ha spinta in carrozzina e poi lei ha spinto lui. Si è innamorato e si sono contagiati a vicenda con la loro forza”. Ma un conto è l’atletica. Un altro è la scherma, dove servono protesi speciali, fatte apposta per tenere in mano un’arma di acciaio. “A dicembre ne abbiamo parlato con Fabio Giovannini, allenatore della nazionale paralimpica. A gennaio Bebé ha provato. Ma non è andata bene. Le protesi le facevano male”.

Poi a marzo, sempre a Vigorso, la svolta. “Quelli di Arte Ortopedica si sono inventati questo prototipo di braccio artificiale. Lei l’ha provato ed è andata benissimo. E’ tornata agli allenamenti. E domenica se la vedrà con altri disabili”. Ma lei questa parola non l’ha mai digerita, e in questi mesi ha continuato a ripetere: “Datemi le gambe e vedrete”.

fonte ANSA

“Il bosco della confusione”


di Tiziana Mignosa

Quando t’inoltri
nel fitto bosco della confusione
gli alberi si fanno presto specchi errati
difficile così trovare la via dove splende il sole.
 
Ogni volta che non ti chiedi
quello che veramente vuoi
è come se bendassi gli occhi
dentro la sacca dei desideri tuoi.
 
Ma ciò che afferri e rilasci poco dopo
diventa come la torta che solo un attimo hai voluto
dolce è l’impasto che però s’affloscia senza forno
e che mai sarà delizia per il tuo palato.
 
Seguendo come fai l’incerto condottiero
ti ritrovi presto dentro al sogno opposto
sovrano traballante del momento
impera qualche ora al primo posto.
 
E mentre i calzari impolverati
narrano di te e dei chilometri percorsi
t’accorgi che neanche un passo in più hai fatto
oltre il recinto del tuo giardino.