Alzheimer: bambole, cuccioli e musica, efficaci cure soft


Le terapie soft, non farmacologiche, si sono dimostrate efficaci per aiutare i pazienti con Alzheimer, che nel nostro Paese sono ormai 600.000, in crescita al ritmo di 150.000 nuovi casi ogni anno. Aggressività, agitazione, allucinazioni e insonnia, possono ridursi fino al 60 per cento grazie alla compagnia di una bambola o di cuccioli: migliora l’alimentazione dei pazienti, diminuisce lo stress, mentre l’ascolto della musica riduce l’ansia e la depressione dei malati. I buoni risultati possibili con le cure non farmacologiche dell’Alzheimer sono stati discussi dagli esperti riuniti per il decimo Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, a Gardone Riviera in provincia di Brescia.

Chi si ammala di Alzheimer perde man mano il contatto con il mondo: dimentica il nome degli oggetti, non riconosce le persone più care, vorrebbe parlare ma non sa più come. Le terapie scarseggiano, ma un aiuto per affrontare alcuni aspetti della malattia può arrivare da strategie alternative di sollievo per alcuni sintomi e disagi. “I farmaci per la cura dell’Alzheimer possono solo rallentare la progressione dei sintomi – spiega Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria – Si sono quindi diffusi approcci di medicina alternativa, che hanno resistito alla prove di efficacia e vanno sempre più conquistandosi uno spazio tra le cure accettate a tutti i livelli”. Due esempi sono la doll therapy e la pet therapy: entrambe dirigono l’attenzione della persona ammalata di demenza verso un compito, quello di giocare con un cane, un gatto, un criceto o una bambola, perché eviti di concentrarsi sulle idee che riempiono in maniera scoordinata il cervello producendo ansia, agitazione, uno stato permanente di disagio. Una ricerca dell’università di Tolosa in corso di pubblicazione ha dimostrato che in questo modo si riducono del 60 per cento i disturbi comportamentali, il paziente migliora la sua alimentazione e si creano le condizioni per un miglior adattamento all’ambiente.

“La compagnia di un piccolo animale o di una bambola deve essere mediata da un operatore, che indirizzi e aiuti il paziente: in questo modo si ottiene un ambiente più sereno, che favorisce anche i momenti di riposo e un’alimentazione più tranquilla. Non sappiamo perché ciò accada – ha precisato l’esperto – forse c’è una regressione all’età infantile, si attivano ricordi cancellati solo apparentemente dalla malattia, si riescono a sfruttare le capacità affettive residue. Purtroppo l’effetto di pet e doll therapy non dura più di un giorno, il giorno successivo bisogna ricominciare da capo”. La terapia con la musica è più articolata.

Secondo uno studio in via di pubblicazione su Aging and Mental Ealth, condotto dal gruppo di ricerca Geriatrica di Brescia coordinato dal prof. Trabucchi, la musica funziona come una sorta di ‘chiave’ per accedere alle emozioni dei malati: riduce l’ansia, la depressione e i disturbi comportamentali dei pazienti. Sull’aggressività, l’agitazione, le allucinazioni la musica può essere perfino più efficace dei farmaci, senza però alcun effetto indesiderato.

fonte ANSA

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