Musica: Fiorella Mannoia canta con i ragazzi di Bahia all’Umbria Jazz


Fiorella Mannoia con 20 ragazzi di Bahia canta all’Umbria Jazz 2010. Nel cuore di Perugia, il 18 luglio all’Arena Santa Giuliana i ragazzi brasiliani figli delle favelas suoneranno, canteranno e balleranno per ‘Projeto Axe”, l’organizzazione no-profit nata nel 1990 a Salvador, Bahia (Brasile), ad opera di Cesare de Florio La Rocca, avvocato ed educatore fiorentino, con l’obiettivo di recuperare bambini e ragazzi di strada, esclusi dalla vita affettiva, sociale ed istituzionale. La cultura e la storia di questi ragazzi saranno le protagoniste d’eccezione dell’edizione 2010 dell’Umbria Jazz Festival, il cui programma completo sara’ presentato il 19 maggio. “Dal 1973 ad oggi -ha detto all’ADNKRONOS Stefano Mazzi, dell’associazione Umbria Jazz Festival, a margine della presentazione al Tempio di Adriano a Roma- Umbria Jazz ha cambiato molte anime, e’ diventato un Festival diverso da quello che era nel 1973, quando era del tutto gratuito e si svolgeva solo nelle piazze mentre adesso e’ un festival che si svolge nei teatri, in un’arena e anche per strada. Umbria Jazz -ha aggiunto- negli ultimi due anni ha sviluppato ed ha maturato l’idea che una dimensione di strada ed educativa e pedagogica sembra che sia una parte naturale del progetto Umbria Jazz”. “L’anno scorso -ha sottolineato Mazzi- insieme all’Amref abbiamo fatto il progetto di Nairobi, quest’anno facciamo quello di Bahia e sullo stesso filo rosso penso che in futuro faremo qualcosa legato soprattutto ai bambini e alla musica educativa”. E per quanto riguarda il futuro, ha concluso Mazzi, “mi piacerebbe molto qualcosa dall’Asia pero’ non ho un progetto operativo in tasca”.

fonte Adnkronos

Carceri. L’annus horribilis di un’ordinaria emergenza


  di Valentina Ascione

Cinquantaquattro decessi. Diciotto suicidi. Sembra un bollettino di guerra e in un certo senso lo è. La triste conta dei morti tra i detenuti, dal 1° gennaio di quest’anno, dimostra infatti che nelle galere della civilissima Italia del XXI secolo ogni giorno si combatte una battaglia. E’ la guerra per la sopravvivenza, contro il sovraffollamento, le pessime condizioni sanitarie e igieniche; contro l’inedia, l’imbarbarimento del corpo e della mente. Uno scontro quotidiano con tutto ciò che colloca le nostre carceri fuori dalla Costituzione. Guerra che vede direttori dei penitenziari, agenti, medici, educatori impegnati sullo stesso fronte dei detenuti, alle prese con organici quasi ovunque insufficienti. Questo 2010 già mostra di avere le carte in regola per competere con l’annus horribilis che l’ha preceduto, se non addirittura per puntare al sorpasso. Il 2009, con i suoi 175 morti – dei quali 72 suicidi – ha fatto segnare un record. Il drammatico elenco si allunga tuttavia a ritmi vertiginosi. Impossibile, dunque, escludere che quando questo numero de “Gli Altri” andrà in edicola, il bollettino si sarà ulteriormente aggravato. Eppure quella detenuta è una popolazione giovane: come fa notare l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, i due terzi degli oltre 67 mila reclusi hanno meno di 40 anni e gli ultrasessantenni sono appena 2.500.

 La realtà è che le galere sono ormai diventate delle “discariche sociali”, dove accantonare – e dimenticare – migliaia e migliaia di tossicodipendenti, immigrati, sieropositivi, malati di mente e piccoli delinquenti assimilabili alla proverbiale categoria dei ladri di polli. Sono per lo più i poveracci a finire e restare dietro le sbarre, non i criminali di alto bordo in grado di assoldare i più blasonati principi del Foro. Ma in carcere ci sono anche decine di bambini, a scontare la pena con e delle loro madri, perché nel nostro Paese non si è ancora riusciti a mettere a punto una soluzione semplice come quella delle case famiglia protette. E poi ci sono gli internati, ovvero quelli che hanno già scontato la propria pena, ma poiché ritenuti potenzialmente pericolosi (in base a criteri forse da rivedere) vengono trattenuti nelle cosiddette Case lavoro, dove di lavoro ce n’è ben poco: strutture come quella di Sulmona, teatro di diversi suicidi tentati e riusciti. Nei giorni scorsi il Parlamento ha scelto di perdere una buona occasione per alleviare almeno un po’ l’asfissia nelle carceri.

 Un’inedita ricollocazione sullo scacchiere politico ha visto Lega, Italia dei Valori e Pd uniti nel respingere la proposta della radicale Rita Bernardini – eletta nel gruppo dei democratici  – di concedere la sede legislativa alla discussione del disegno di legge Alfano in Commissione Giustizia. Ciò avrebbe accorciato l’iter per l’approvazione di misure contenute nel ddl di legge governativo, quali gli arresti domiciliari per i detenuti con meno di un anno da scontare e la messa in prova degli imputati per reati che prevedono una pena non superiore a tre anni. Provvedimenti preziosi nell’immediato, costretti invece a imboccare il normale percorso parlamentare, lungo e tortuoso. Senza uno slancio comune di legalità, umanità e ragionevolezza, senza una ferma volontà politica e istituzionale, con ogni probabilità la prossima estate saranno in 70 mila a far fronte all’afa dietro le sbarre. Tutt’altro che al fresco.

da www.radicali.it

Alzheimer: bambole, cuccioli e musica, efficaci cure soft


Le terapie soft, non farmacologiche, si sono dimostrate efficaci per aiutare i pazienti con Alzheimer, che nel nostro Paese sono ormai 600.000, in crescita al ritmo di 150.000 nuovi casi ogni anno. Aggressività, agitazione, allucinazioni e insonnia, possono ridursi fino al 60 per cento grazie alla compagnia di una bambola o di cuccioli: migliora l’alimentazione dei pazienti, diminuisce lo stress, mentre l’ascolto della musica riduce l’ansia e la depressione dei malati. I buoni risultati possibili con le cure non farmacologiche dell’Alzheimer sono stati discussi dagli esperti riuniti per il decimo Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, a Gardone Riviera in provincia di Brescia.

Chi si ammala di Alzheimer perde man mano il contatto con il mondo: dimentica il nome degli oggetti, non riconosce le persone più care, vorrebbe parlare ma non sa più come. Le terapie scarseggiano, ma un aiuto per affrontare alcuni aspetti della malattia può arrivare da strategie alternative di sollievo per alcuni sintomi e disagi. “I farmaci per la cura dell’Alzheimer possono solo rallentare la progressione dei sintomi – spiega Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria – Si sono quindi diffusi approcci di medicina alternativa, che hanno resistito alla prove di efficacia e vanno sempre più conquistandosi uno spazio tra le cure accettate a tutti i livelli”. Due esempi sono la doll therapy e la pet therapy: entrambe dirigono l’attenzione della persona ammalata di demenza verso un compito, quello di giocare con un cane, un gatto, un criceto o una bambola, perché eviti di concentrarsi sulle idee che riempiono in maniera scoordinata il cervello producendo ansia, agitazione, uno stato permanente di disagio. Una ricerca dell’università di Tolosa in corso di pubblicazione ha dimostrato che in questo modo si riducono del 60 per cento i disturbi comportamentali, il paziente migliora la sua alimentazione e si creano le condizioni per un miglior adattamento all’ambiente.

“La compagnia di un piccolo animale o di una bambola deve essere mediata da un operatore, che indirizzi e aiuti il paziente: in questo modo si ottiene un ambiente più sereno, che favorisce anche i momenti di riposo e un’alimentazione più tranquilla. Non sappiamo perché ciò accada – ha precisato l’esperto – forse c’è una regressione all’età infantile, si attivano ricordi cancellati solo apparentemente dalla malattia, si riescono a sfruttare le capacità affettive residue. Purtroppo l’effetto di pet e doll therapy non dura più di un giorno, il giorno successivo bisogna ricominciare da capo”. La terapia con la musica è più articolata.

Secondo uno studio in via di pubblicazione su Aging and Mental Ealth, condotto dal gruppo di ricerca Geriatrica di Brescia coordinato dal prof. Trabucchi, la musica funziona come una sorta di ‘chiave’ per accedere alle emozioni dei malati: riduce l’ansia, la depressione e i disturbi comportamentali dei pazienti. Sull’aggressività, l’agitazione, le allucinazioni la musica può essere perfino più efficace dei farmaci, senza però alcun effetto indesiderato.

fonte ANSA

L’ospedale di Augusta


di Enzo Inzolia

 Il tempo ormai stringe: per l’Ospedale di Augusta, purtroppo, siamo alle ultime battute.

Dopo le tante passerelle e le infinite rassicurazioni provenienti da destra e da manca, Sua Sanità Serenissima (tanto a lui che gli frega?)  l’Assessore Russo, incurante dei diritti e delle esigenze di cittadini e di territori, ha deciso che il nostro Ospedale va chiuso e, con interessate complicità, vuole pure farci credere che siamo fortunati; come si suol dire: c…. e mazziati!

Prendiamo atto che di tanto in tanto qualche anima pia, magari memore dei tanti voti ricevuti, si è ricordato del Muscatello e di quanto esso sia importante per la nostra collettività; con piacere dalla stampa apprendiamo perfino della tardiva conversione di chi fino ad ieri, con splendida e competente metafora, predicava che “non possono starci due pizzerie a distanza di cinquanta metri”.

Meglio che niente, ma ci crediamo assai poco; e, se alcuni hanno almeno il pudore di tacere, altri (vero, on. De Benedictis?) hanno avuto l’impudenza di dichiarare sulla stampa tutta la propria soddisfazione per la rapina che si sta consumando ai danni di Augusta, come se il decreto non esistesse e non fosse una tragica realtà!

Il tempo stringe, dicevamo; l’Assessore pare che a fine mese, finalmente, farà grazia della sua presenza in quel di Siracusa ma non si è capito a quale scopo; una cosa è certa: se pensa di venire per l’ennesima passerella con annessa presa per i fondelli è meglio che se ne stia a Palermo e ci risparmi lo spettacolo; se invece ritiene che i diritti di una Città e di un intero territorio siano meritevoli di attenzione fissi  subito la data per l’incontro che gli è stato richiesto e nel quale potranno essere ragionevolmente discussi i diversi, e a lui evidentemente sconosciuti, termini del problema. 

Ma siccome non abbiamo ancora messo l’anello al naso né, ancor meno, ci piace che la nostra pazienza venga scambiata per fessaggine, è anche il caso di dire forte e chiaro che, se necessario,  ancora una volta noi Augustani ci difenderemo da soli, come cinquanta anni fa, contro l’arroganza di quanti considerano la nostra Città alla stregua di una colonia da spremere e sfruttare; è il momento di affermare che Augusta è determinata, senza alcuna velleità campanilistica, con senso della responsabilità, con la civiltà che è sua tradizione ma con altrettanto rigore, a tutelare con ogni mezzo lecito il proprio diritto alla salute.

Nessuno può dimenticare che Augusta ed il suo porto sono stati il motore dell’economia della provincia e della regione; che qui migliaia di famiglie hanno trovato lavoro e benessere quando tutto attorno era fame e povertà; nessuno deve oggi dimenticare che qui si produce tuttora il cinquanta per cento della ricchezza della provincia, gran parte di quella regionale e quota significativa di quella nazionale; che qui si produce gran parte dell’energia italiana.

Così come nessuno può dimenticare i danni sull’ambiente e sull’uomo che l’industrializzazione selvaggia hanno causato e per i quali è arrivato il momento del giusto riconoscimento e del giusto corrispettivo.

La luce


Il sole viene chiamato “lampada dell’Universo” perché illumina il
mondo, ed è grazie alla sua luce se possiamo vedere. Quando non è
il sole a illuminarci, abbiamo bisogno di altre fonti di luce:
lampadine, candele, torce elettriche, fari…
Gli oggetti sono dunque visibili solo nella misura in cui una
luce cade su di essi e li illumina; è una legge del mondo fisico
ed è anche una legge del mondo spirituale. Ma nel mondo
spirituale, non esiste alcuna lampada che potremmo accendere come facciamo con quella delle nostre scale o della nostra camera; se in quel mondo vogliamo vedere, dobbiamo proiettare una luce da noi stessi. Ecco pe ché sono pochissimi gli esseri capaci di
vedere sul piano spirituale: perché aspettano che gli oggetti
vengano illuminati, quando invece sta a loro proiettare i raggi
che li metteranno nelle condizioni di vedere.”

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Il testo originale del testamento spirituale di Raimondo Vianello


Ringrazio un gentilissimo lettore, Nik, che col suo commento mi ha segnalato questo.

Ecco il testo delle parole che ieri sono state attribuite come testamento spirituale al grande Raimondo Vianello ma che in realtà lui ha “preso in prestito” da Henry Scott Holland (1847-1917) canonico della cattedrale di St. Paul (Londra) come commento a un brano di Sant’Agostino. 

Versione originale di Henry Scott Holland

I suppose all of us hover between two ways of regarding death, which appear to be in hopeless contradiction with each other. First there is the familiar and instinctive recoil from it as embodying the supreme and irrevocable disaster…

But, then, there is another aspect altogether which death can wear for us. It is that which first comes to us, perhaps, as we look down upon the quiet face, so cold and white, of one who has been very near and dear to us. There it lies in possession of its own secret. It knows it all. So we seem to feel. And what the face says in its sweet silence to us as a last message from one whom we loved is:
“Death is nothing at all. It does not count. I have only slipped away into the next room. Nothing has happened. Everything remains exactly as it was. I am I, and you are you, and the old life that we lived so fondly together is untouched, unchanged. Whatever we were to each other, that we are still. Call me by the old familiar name. Speak of me in the easy way which you always used. Put no difference into your tone. Wear no forced air of solemnity or sorrow. Laugh as we always laughed at the little jokes that we enjoyed together. Play, smile, think of me, pray for me. Let my name be ever the household word that it always was. Let it be spoken without an effort, without the ghost of a shadow upon it. Life means all that it ever meant. It is the same as it ever was. There is absolute and unbroken continuity. What is this death but a negligible accident? Why should I be out of mind because I am out of sight? I am but waiting for you, for an interval, somewhere very near, just around the corner. All is well. Nothing is
hurt; nothing is lost. One brief moment and all will be as it was before. How we shall laugh at the trouble of parting when we meet again!”

So the face speaks. Surely while we speak there is a smile flitting over it; a smile as of gentle fun at the trick played us by seeming death…

Testo di Sant’Agostino

Se mi ami non piangere
Non piangere per la mia dipartita. Ascolta questo messaggio. Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo; se tu potessi vedere e sentire ciò che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine, e in quella luce che tutto investe e penetra, non piangeresti.
Sono ormai assorbito dall’incanto di Dio, dalla sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e meschine al confronto. Mi è rimasto l’affetto per te, una tenerezza che non hai mai conosciuto. Ci siamo visti e amati nel tempo: ma tutto era allora fugace e limitato. Ora vivo nella serena speranza e nella gioiosa attesa del tuo arrivo tra noi. Tu pensami così. Nelle tue battaglie, orièntati a questa meravigliosa casa dove non esiste la morte e dove ci disseteremo insieme, nell’anelito più puro e più intenso, alla fonte inestinguibile della gioia e dell’amore. Non piangere, se veramente mi ami. – Sant’Agostino d’Ippona, vescovo

 da www.riflessioni.it

Atletica, mezza maratona di Napoli: disabile fa 21 km spinto da atleta


 Ha commosso tutti sul traguardo della maratona internazionale ‘Citta’ di Napoli-Trofeo Banco di Napolì, la gara svoltasi questa mattina con arrivo e partenza in piazza del Plebiscito.

 E’ la storia di Alessandro Barba, che a 29 anni ha fatto un esordio davvero particolare sulla mezza maratona (21,097 km): per 21 chilometri è stato spinto dal suo allenatore e così anche lui ha potuto tagliare il traguardo. Un desiderio che aveva da tempo quello di poter partecipare ad una prova tanto importante e mai realizzato fino ad oggi. Mai realizzato perché Alessandro, praticamente dalla nascita, vive su una sedia a rotelle a causa di una grave malformazione.

 Oggi ha potuto coronare il suo sogno grazie a Mario De Maio, atleta e allenatore che ha accolto con entusiasmo l’idea di spingere la carrozzina sulla quale Alessandro Barba vive, dal primo fino all’ultimo metro della mezza maratona: 21,097 km accompagnati dal tifo degli altri podisti e dal sostegno delle persone incontrate per strada.

 Sul traguardo Alessandro è stato portato a spalle da Mario De Maio e da altri atleti. “E’ stata una giornata bellissima – ha detto Alessandro – e devo ringraziare Mario per quanto fatto”.

 Con le lacrime agi occhi Mario De Maio: “Ci sono stati momenti duri, in cui temevo di non riuscire a completare l’opera. Ma a darmi forza è stata la gente e lo stesso Alessandro. Il suo sorriso, il suo continuo incitamento ci hanno spinti fino al traguardo.

 Oggi Alessandro Barba ha coronato un sogno grazie allo sport: ai nostri amministratori, dunque, dico di investire di più nell’attività sportiva, perché così rendono felici e forti chi è meno fortunato”.

 da www.blitzquotidiano.it