La storia di una detenuta incinta che educa alla responsabilità


Nel carcere di Bollate, uno dei più innovativi in Europa, qualche giorno fa una giovane donna detenuta, che frequenta un corso scolastico insieme ad altri detenuti, è rimasta incinta di un compagno: “Io e quel ragazzo ci amiamo e abbiamo fatto l’amore durante le ore di lezione. Sì, sono incinta ma non ho fatto nulla di male, voglio questo bambino”. La notizia è finita sui giornali perché il Sappe, sindacato di polizia penitenziaria, ha inviato comunicati alla stampa e chiesto di accertare le responsabilità. E così una galera che funziona davvero, in un Paese in cui il sistema penitenziario è allo sfascio, è oggi “sotto processo”. Per capirne di più della vicenda, raccontiamo qualcosa di questo carcere attraverso le parole della sua direttrice, Lucia Castellano, che è anche autrice, assieme a Donatella Stasio, giornalista del Sole 24 Ore, del libro “Diritti e castighi”. E poi di seguito riportiamo le riflessioni di una psicologa, che collabora con la redazione di Ristretti Orizzonti.

 Al primo posto c’è la dignità Perché Bollate è un carcere diverso dagli altri? Quando io ho cominciato a fare questo mestiere, pensavo che il mio lavoro era bello perché, nonostante sia bruttissimo tenere la gente chiusa dentro, io potevo farlo in un Paese, l’Italia, che ha un apparato normativo che ci consente di concepire il carcere come un posto sì penoso, terribile, però comunque pieno di garanzie e di diritti. Perché la pena in qualche modo è data dal muro di cinta, e il fatto di non poterlo varcare è già una pena tremenda, credo che, dopo la pena di morte, la pena più terribile sia la privazione della libertà.

Ho cercato perciò di “costruire” un carcere che fosse conforme a questo principio: che all’interno di questa città ci deve essere la possibilità di vivere come se si fosse in una normale cittadina, da cui però è vietato uscire. Ora questa sembra una banalità, però io ho cominciato a immaginare un posto dove non ci fosse alcuna sofferenza aggiuntiva. Tanto per cominciare la persona detenuta a Bollate viene trattata come una persona a cui noi dobbiamo rendere un servizio, come un malato all’ospedale, o come qualunque altro cittadino che ha a che fare con l’istituzione pubblica.

Mentre di solito in carcere c’è un potere assoluto esercitato sulla persona, non c’è una logica di servizio, c’è una logica di potere, quindi “tu sei debole perché sei dentro, io sono forte perché sono dall’altra parte delle sbarre”. Ma l’Ordinamento penitenziario dice tutt’altro: chiama per esempio le celle “locali di pernottamento”, intendendo dire che ci si dorme e però si vive da un’altra parte, mentre invece nelle carceri oggi spesso si dorme e si vive nello stesso posto, venti ore su ventiquattro in cella. Il legislatore è anche attento a dire che l’amministrazione deve “migliorare, rafforzare e rinsaldare i legami famigliari dei detenuti con le loro famiglie”. Significa che i detenuti dovrebbero uscire dal carcere addirittura con dei legami familiari più forti di quelli con cui sono entrati, e come si può fare tutto ciò con sei ore di colloqui al mese, e con 4 telefonate da 10 minuti?

Noi cerchiamo di allargare al massimo queste possibilità, non perché siamo buoni, ma perché ci rendiamo conto che quello che ci chiede di fare lo Stato è costruire una città dove le persone possano mantenere il proprio ruolo e la propria dignità di cittadini, anche se privati della libertà personale. Com’è possibile infatti tentare dei percorsi di rieducazione, togliendo a un detenuto qualunque possibilità di decisione? Come faccio a educare una persona, se quella persona non può decidere neanche se si vuole fare una doccia alle dieci di mattina e non alle otto? Come faccio io a testare la capacità di una persona di aderire alle regole, se poi le regole gliele impongo io e lo muovo io? Secondo me non esiste educazione senza capacità di scegliere, e il carcere oggi non consente questa possibilità.

Noi proviamo a immaginare di riconoscere alla persona detenuta un livello di libertà compatibile con il fatto che quella persona la libertà vera l’ha persa, e proviamo a reimpostare tutto da questa base: questo è Bollate, nel senso che le stanze si aprono alla mattina alle otto e si chiudono alle otto della sera, i cancelli tra un piano e l’altro del reparto sono aperti, per cui si può girare liberamente tutto il reparto. Quindi i detenuti alle otto timbrano il cartellino, se lavorano in un’azienda all’interno del carcere alle dodici finiscono, vanno in cella a mangiare, alle due hanno la scuola fino alle cinque, quindi il carcere è un posto dove tu detenuto impari, ma anche noi, anche il personale, impariamo che comunque c’è una responsabilità, ci sono i diritti e ci sono i doveri.

 Lucia Castellano, direttrice della Casa di reclusione di Bollate Chi ha paura di quella donna? È paradossale che faccia più notizia e scandalo una nuova vita concepita in un carcere che tante morti che vi avvengono per suicidio, malasanità, cause oscure. Nella Casa di reclusione di Bollate può succedere qualcosa di straordinario come una storia d’amore tra detenuti. Ora è caccia alle responsabilità, e quella storia d’amore è diventata una cosa sporca e pericolosa, che pare abbia messo in crisi l’intero sistema di sicurezza. Eppure stiamo parlando di due persone adulte, anche se in carcere, ritenute capaci di intendere e di volere, malgrado la colpa, e quindi di scegliere, oltre la pena. Ma il fatto è che in carcere si comprime in tutti i modi il diritto alle emozioni, alla sessualità e all’affettività.

Questa “caccia alle streghe sessuali” è la riprova, se mai ne avessimo avuto bisogno, che la pena detentiva è una pena corporale e ciò che si vuole controllare è solo il corpo del recluso. Se poi è una donna, si deve negare ancor di più il suo diritto alla maternità, perché è questo diritto fondamentale che si vuole sminuire, facendolo passare come “atto strumentale”, per cercare di ottenere l’uscita dalla galera. E così si preferisce alimentare il volgare stereotipo del carcere “a luci rosse”, come hanno titolato alcuni quotidiani, e titolavano identici anche nel maggio del 2009, quando a Genova una detenuta marocchina abortì, dopo essere rimasta incinta sembra a seguito di rapporti sessuali con operatori. “Luci rosse” che smuovono sempre le coscienze delle persone troppo “perbene”.

Una riflessione va fatta, riguardo alla tutela della dignità e dell’umanità della persona: la restrizione dell’affettività, della genitorialità, della maternità sono giustificabili con le esigenze della pena? Oppure solo con la gestione della pena stessa? Gli “affetti” sono un’ancora di salvezza per chi sta dentro il carcere e anche la garanzia della presenza di una rete sociale all’uscita, ma nessuno ha il coraggio di spiegare che una legge sugli affetti, oltre a costituire un atto di civiltà e di umanità, forse consentirebbe anche un abbassamento del tasso di suicidi e di autolesionismo: il legame con la famiglia e con le persone amate è infatti il più grande “controllo sociale” che un detenuto possa volere e desiderare. In Spagna, Svizzera, Russia, e tanti altri Paesi, l’incontro intimo è previsto per legge, solo una mancanza di attenzione e di rispetto da parte della politica per le famiglie delle persone detenute non permette che questo avvenga in Italia, perché le famiglie dei detenuti sono ritenute famiglie di serie B.

 Laura Baccaro, psicologa

da www.ristretti.it

 

Coloriamo di giallo…PER EMMA PRESIDENTE


Dato che, purtroppo, non abito a Roma e quindi non posso dare il mio contributo dai balconi, pubblico questo, un mio piccolo contributo, una goccia PER EMMA

Emma ha rinunciato a imbrattare la città con i manifesti abusivi. Fin dall’inizio della campagna ha chiesto a chi la sostiene:

«cambiamo metodo e abitudini elettorali: non imbrattiamo, tutti quanti, il nostro territorio con i manifesti. Addobbate piuttosto le finestre delle vostre case, addobbate i vetri delle vostre auto renderemo disponibili su internet dei formati adatti sia alle macchine che alle finestre».

Il Comitato Emma Presidente ha provveduto a far stampare centinaia di teli gialli da appendere alle finestre e i balconi.

Possono essere prelevati presso il Comitato in via Ripense, 4 dalle 09:00 alle 20:00 o in via Tigré, 4 dalle 10:30 alle 14:30 e dalle 17.30 alle 19:30. Puoi anche telefonare allo 06/90289099.

Se non puoi procurarti il telo presso il Comitato, appendi qualsiasi cosa gialla, il colore della campagna.

Rispondi a questa sfida pubblicando l’immagine del tuo balcone o della tua finestra. Le foto saranno votate dagli utenti. Le foto più creative accompagneranno gli articoli e le iniziative della campagna elettorale sul web.

http://lamia.emmapresidente.it/sfida/seconda-sfida-colora-di-giallo-la-tua-finestra

“Uscita di emergenza” al teatro Vitaliano Brancati di Catania


Domani mercoledì 17 marzo alle ore 21 debutterà al Teatro Vitaliano Brancati in via Sabotino a Catania la commedia “Uscita di Emergenza” di Manlio Santanelli con Lello Arena e Sebastiano Tringali e la regia di Giancarlo Sammartano.

Due personaggi, due “naufraghi”, emblema di una condizione esistenziale comune a ogni essere umano che abbia perso, o abbia voluto perdere, il senso del reale e ogni rapporto con il mondo esterno.

Pacebbene, ex sacrestano, e Cirillo, ex suggeritore teatrale, entrambi di un’età indefinibile, si muovono in uno spazio concreto eppure metafisico, pensato a misura dallo scenografo  Lello Esposito, in cui la tradizione figurativa e concettuale di un immenso sud sussurra e grida. Messi a dura prova da un’esistenza che ha lasciato loro soltanto l’amaro sapore della memoria, non sono in grado di esprimere altra volontà se non quella di spostarsi su e giù per l’unica stanza che costituisce il loro covo in una smania di emigrare che però non li porta mai oltre la soglia di casa. Ognuno geloso dei suoi piccoli segreti, dei suoi oggetti personali tramite i quali riesce a mantenere la propria identità, impegnati in un continuo scambio di dispetti, in una gara di racconti e di storie vissute anni addietro miste a bugie e “coloriture” con un sentimento comune: la paura di rimanere soli e affrontare ciò che non si conosce e si trova fuori da quella stanza.

“Beati i senzatetto perché vedranno il cielo” recita con una parafrasi evangelica il sottotitolo di “Uscita di Emergenza” che non è solo un testo teatrale ma un vero saggio cifrato di antropologia, intatto nella sua visione profetica di un mondo sradicato, fuori ruolo e misura, dove nel degrado dello sfondo sopravvivono a basso rilievo uomini soli  che raccontano di vite trascorse, vite sprecate, ora solo esistenze.

La molla di carica del racconto cigola ad arte per mostrare l’inarrestabile bisogno di vita per cui una persona è spinta a divenire un personaggio. Ansia, istinto, pazzia, desiderio oscuro di felicità, liberazione, si travestono, tra avanzate e ritirate, nella sfida a chi fa più baccano, più clamore” . I costumi sono firmati da Daniela Catone, le musiche di scena sono di Germano Mazzocchetti

I cani, gli uomini e le donne


PERCHE’ I CANI SONO MIGLIORI DELLE DONNE – 1) Il padre di un cane non verrà mai a cercarti 2) Un cane apprezza che tu lasci i vestiti sul pavimento 3) Il cane limita il suo tempo in bagno ad una veloce bevutina 4) Un cane non si aspetta che gli telefoni 5) Un cane non impazzisce se ti dimentichi il suo compleanno 6) Un cane non si preoccupa dei cani che hai avuto in precedenza 7) Un cane non si aspetta mai fiori 8) Più fai tardi, più e’ felice di vederti 9) Un cane non fa shopping

PERCHE’ I CANI SONO MIGLIORI DEGLI UOMINI – 1) I cani non hanno problemi a mostrare i loro sentimenti in pubblico 2) I cani sentono la tua mancanza quando sei partita 3) I cani si sentono in colpa quando hanno fatto qualcosa di sbagliato 4) I cani ammettono di essere gelosi 5) I cani sono molto espliciti nel chiedere di uscire 6) I cani non giocano con te criticandoti e ridendo su come lanci la palla 7) Puoi addestrare un cane 8) I cani sono facili da comprare 9) La peggiore malattia che ti può attaccare sono le pulci 10) I cani capiscono cosa significa la parola NO! 11) I cani non mentono quando ti baciano

PERCHE’ I CANI SONO COME GLI UOMINI: 1) Entrambi prendono troppo spazio nel letto 2) Entrambi hanno una paura irrazionale delle pulizie con l’aspirapolvere 3) Entrambi segnano il proprio territorio 4) Nessuno dei due ti dice cosa gli passa per la testa 5) Più sono piccoli più tendono ad essere nervosi 6) Entrambi hanno una particolare avversione per le pattine 7) Nessuno dei due lava i piatti. Escluso qualche caso (non per i cani!) 8) Entrambi “scorreggiano” sfacciatamente 9) Nessuno dei due nota quando ti tagli i capelli 10) Entrambi apprezzano i giochi di lotta 11) Entrambi guardano con sospetto il postino ed il lattaio 12) Nessuno dei due capisce che cosa ci trovi nei gatti.

da www.dolusiadas.org

 

Mostre: a Pontedera (Pisa) la vita e l’arte di Dario Fo e Franca Rame


”Pupazzi con rabbia e sentimento”, la vita e l’arte di Dario Fo e Franca Rame dal 17 aprile al 26 giugno in una mostra allestita in tre sedi espositive: il Centro per l’Arte Otello Cirri, la Fondazione Piaggio Museo Piaggio ”Giovanni Alberto Agnelli” e il Centrum Sete So’is Sete Luas a Pontedera, in provincia di Pisa. Il Centro per l’Arte Otello Cirri ospitera’ le prime opere del giovane pittore Fo, gli autoritratti, i ritratti di donne a matita o su tela ad olio, le prime opere legate agli spettacoli realizzati tra gli anni ’60 e ’70, i relativi arazzi e le storiche marionette della Famiglia Rame. Nei locali della Fondazione Piaggio Museo Piaggio ”Giovanni Alberto Agnelli” potranno essere ammirati invece gli arazzi su tela, fotografie di scena di Dario Fo e Franca Rame, manifesti, locandine degli spettacoli teatrali realizzati sia in Italia che all’estero e le maschere della Commedia dell’Arte di Sartori. Sara’ inoltre disponibile, su appuntamento, la sala video dove si potranno visionare le registrazioni complete di numerosi spettacoli della coppia. Al Centrum Sete So’is Sete Luas sara’ esposta la parte centrale della mostra con i fondali di alcuni spettacoli, i burattini, i costumi di scena della Sartoria Pia Rame indossati da oltre 60 pupazzi in disequilibrio che sembrano recitare, oltre a tutta la produzione pittorica di Dario Fo dagli anni 1980 ad oggi ed una sezione dedicata alla compagna di vita e di scena: Franca Rame. Inoltre sara’ a disposizione del pubblico la sala video per la visione di alcuni brani di spettacoli della Compagnia Fo-Rame.

fonte Adnkronos

Roma: conto alla rovescia…-5 – only 5 days left…


Mancano 5 giorni alla Maratona di Roma, il più partecipato evento sportivo di atletica, centomila persone al via tra professionisti, amatori e semplici persone che vogliono trascorrere qualche ora in mezzo ai “grandi” della corsa, andiamo tutti all’arrivo ai Fori Imperiali ad applaudire questi atleti e atlete, ci saranno anche molti disabili con le loro handbykes…

Only 5 days left for Rome Marathon, the most participated athletic event, 100.000 people at the start, professional runners, amatorial ones and common people who just want to spend some hours among the “big”, the top runners…let’s all go to the arrival at Fori Imperial to clap these athletes, there will be also many disabled athletes with their handbykes…

Ci impegniamo noi e non gli altri


Dedicata all’on. Aldo Moro che si è impegnato in prima persona perchè credeva nel suo ideale e ha perso la vita.

di don Primo Mazzolari
Ci impegniamo noi e non gli altri, unicamente noi e non gli altri, ne’ chi sta in alto ne’ chi sta in basso, ne’ chi crede ne’ chi non crede. 
Ci impegniamo senza pretendere che gli altri s’impegnino con noi o per suo conto, come noi o in un altro modo. 
Ci impegniamo senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna, senza condannare chi non s’impegna, senza cercare perché non s’impegna, senza disimpegnarci perché altri non si impegnano. 
Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore, un utile che non sia una delle solite trappole generosamente offerte ai giovani dalla gente pratica. Si vive una sola volta e non vogliamo essere giocati in nome di nessun piccolo interesse. 
C’interessa di perderci per Qualcuno che rimane anche dopo che noi siamo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci. 
C’interessa di portare un destino eterno nel tempo, di sentirci responsabili di tutto e di tutti, di avviarci, sia pure attraverso lunghi erramenti, verso l’Amore. 
Ci impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo. Per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non e’ amabile, anche quello che pare rifiutarsi all’amore perché dietro ogni volto e sotto ogni cuore c’e’, insieme a una grande sete d’amore, il volto e il cuore dell’Amore. 
Ci impegniamo perché noi crediamo nell’Amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perdutamente.

16 marzo 1978 Strage di via Fani a Roma


Oggi 32 anni fa in via Fani a Roma veniva rapito Aldo Moro, uno dei più grandi statisti che l’Italia abbia mai avuto, e venivano uccisi gli uomini della sua scorta.

 

L’on Moro verrà poi ritrovato ucciso il 9 maggio, 50 giorni dopo, nel bagagliaio di una R 4, in via Caetani dopo una prigionia atroce.

Alla memoria di questi uomini dedico oggi l’introitus del Requiem di Mozart, l’orchestra è diretta da sir Georg Solti.

http://www.youtube.com/watch?v=mb3bwGb0glQ&feature=related

“Amore perverso”


di Angela Ragusa

Miele ,dolce sapor della tua bocca
quando si lascia assaporare
come ciliegie turgide d’estate
che il sole di giugno
ha reso mature e polpose…

Labbra che si offrono
al delicato desio della notte
e seguono contorni perlati
di orizzonti corporei…
… e l’aurora dei sensi
appare d’incanto
sgorgando in brividi
dalla calma di un mare
che solo la voglia
di amore perverso
trasforma in tempesta.