Fed Cup – 2010: Le convocate di Ucraina vs Italia. Senza sorprese le convocazioni italiane


L'Italia ha conquistato in novembre la seconda Federation Cup della sua storia

L’Italia ha conquistato in novembre la seconda Federation Cup della sua storia

Corrado Barazzutti capitano italiano di Fed Cup, ha convocato le giocatrici in vista del primo turno di Federation Cup 2010 tra Ucraina e Italia in programma dal 6 al 7 febbraio al Palace of Sports di Kharkiv (cemento, indoor).

Queste le scelte fatte da Barazzutti: Flavia Pennetta, Francesca Schiavone, Sara Errani e Roberta Vinci sfideranno la squadra ucraina capitanata da Volodymyr Bogdanov.

Le convocate ucraine sono: Alona e Kateryna Bondarenko, Viktoriya Kutuzova e Mariya Koryttseva. Incontro che si presenta ostico per le azzurre.

Ricordiamo che l’Italia è campione in carica della manifestazione

da www.livetennis.it

Nata da genitori ebrei in campo sterminio in Calabria, torna dopo 66 anni


Quando varca i cancelli del campo Ferramonti di Tarsia è come se i suoi occhi iniziassero a guardare un vecchio film in bianco e nero. Le tragedie della , i campi di sterminio nazisti e gli orrori della Seconda guerra mondiale. All’interno di questo grande film c’è un pezzo della vita di Dina Friedman Semadar, nata 66 anni fa nel campo d’internamento calabrese, è tornata martedì 26 gennaio per la prima volta nella struttura.

Dina Friedman Semadar è figlia di Ditta Friedman, originaria di Berlino, e di Free Noeman. Il padre fu internato nel campo di Ferramonti dopo il naufragio al largo delle coste italiane della nave sulla quale era imbarcato. Era il 1942  Ditta Friedman e Free Noeman si conobbero nel campo d’internamento e dopo due anni diedero alla luce Dina. Alla fine della guerra la famiglia lasciò l’Italia per tornare in Israele.

Oggi Dina, commossa tanto da non riuscire a parlare, entrata nel campo di Ferramonti, gira  tra le baracche cercando di trovare qualche foto dei suoi genitori. Quello di Ferramonti di Tarsia, a una ventina di chilometri da Cosenza, è stato il più grande campo di internamento fascista in Italia. «Entrare a Ferramonti – ha detto – è stato come ritornare indietro nel tempo. E’ così forte l’emozione che sento come un nodo alla gola. Ho vissuto in questo campo da neonata e quindi non ho ricordi di quanto avveniva in questa struttura ma i colori che vedo e gli odori che sento ora mi ricordano i miei genitori ed i loro racconti dei momenti vissuti durante la guerra».

Dina, che è una pittrice, vive in una città a venti chilometri da Tel Aviv. «I miei genitori sono morti – ha aggiunto – ma custodisco ancora gelosamente i ricordi di mia madre che mi raccontava del periodo vissuto qui nel campo di Ferramonti. Mi raccontava delle atrocità della guerra ma allo stesso tempo aveva anche parole positive per tanti italiani che avevano aiutato lei e mio padre. Qui nel campo sto cercando trovare qualche traccia che mi possa aiutare a ricordarli durante la loro permanenza a Ferramonti».

Nel campo di Ferramonti nel periodo tra il 1940 ed il 1943 vi passarono circa 3.000 ebrei di nazionalità straniera. Da due anni una parte del campo è diventato un luogo del ricordo. Nella struttura, infatti, è stato realizzato un Museo Internazionale della Memoria dove sono raccolte oltre 100 fotografie che ricordano la vita di tutti i giorni e le attività del campo, pagine di giornali, testi e romanzi scritti da internati e una pagella scolastica di una bambina ebrea espulsa da una scuola italiana dell’epoca.

Stamani nel campo di Ferramonti sono state inaugurate tre baracche recentemente ristrutturate dal Comune di Tarsia che entreranno a far parte del Museo Internazionale della Memoria. Alla manifestazione ha partecipato il presidente della Fondazione Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia, Francesco Panebianco, accompagnato da una delegazione della comunità ebraica.

da www.blitzquotidiano.it

i Modena City Ramblers e Francesco Guccini cantano “Auschwitz”

http://www.youtube.com/watch?v=Wrg8bLaDs04

Meglio Google di un libro per allenare il cervello


Fare ricerche su Internet allena il cervello, e può farlo ancor più che leggere libri, almeno così rivela uno studio che sarà pubblicata sul numero di febbraio del Journal of Geriatric Psychiatry.
Un team di ricercatori dell’università californiana Ucla ha sottoposto 24 soggetti tra i 55 e i 76 anni a due esperimenti: in uno dovevano leggere un libro e nell’altro dovevano fare ricerche su Internet mentre il cervello veniva monitorato con la risonanza magnetica.

La risonanza ha mostrato che, i entrambi i casi, venivano stimolate le regioni cerebrali responsabili del controllo del linguaggio, della memoria e della visione, ma l’uso dei motori di ricerca attiva anche le aree che controllano le decisioni complesse, segno che in questo caso l’attenzione è più sollecitata. “E’ un po’ presto per dire che Google aiuterà a sconfiggere l’Alzheimer – precisa Gary Small, coordinatore dello studio – ma di sicuro l’uso dei motori di ricerca cambia in maniera estensiva i circuiti cerebrali”.

fonte www.rainews24.it

Alzheimer: la religiosità rallenta la demenza senile


La religiosità, intesa come attitudine alla religione o spiritualità, rallenta la progressione della demenza senile. E’ quanto emerge da uno studio di due ricercatori della Clinica geriatrica dell’ Università di Padova, diretta dal prof. Enzo Manzato e pubblicato sulla rivista “Current Research”.

Lo studio è stato condotto su 64 pazienti affetti da in differenti stadi della malattia, monitorando per 12 mesi la progressione della demenza, dopo aver suddiviso gli ammalati in due gruppi: quelli con un basso livello di religiosità e quelli con un moderato o alto livello di religiosità.

Per un anno i pazienti sono stati sottoposti a test per misurare il loro stato mentale e la loro funzionalità nelle attività quotidiane, sia quelle che permettono un primo grado di autosufficienza (vestirsi, lavarsi e mangiare da soli) sia quelle maggiormente complicate (come telefonare).

I malati del gruppo con basso livello di religiosità hanno avuto nell’anno una perdita delle capacità cognitive del 10% in più rispetto a quelli con un livello di religiosità medio-alto. Le come il morbo di non sono guaribili, farmaci e condizioni particolari di vita possono solo rallentarne la progressione.

«E’ noto che gli stimoli sensoriali provenienti da una normale vita sociale rallentano il decadimento cognitivo – ha  spiegato il professor Manzato – ma nel caso dello studio riportato sembra essere proprio la religiosità interiore quella in grado di rallentare la perdita cognitiva. Non si tratta quindi di una ritualità cui si associano determinati comportamenti sociali, bensì di una vera e propria tendenza a “credere” in una entità spirituale».

da www.blitzquotidiano.it

“Il triangolo no”


di Renato Zero – 1978

L’indirizzo ce l’ho, rintracciarti non é un problema,
ti telefoneró, ti offriró una serata strana,
il pretesto lo sai… quattro dischi e un pó di wiskey… wooooh!Saró grande vedrai, fammi spazio e dopo mi dirai, mmm mmm mmm…
che maschio sei…Lui chi é? Come mai l’hai portato con te,?Il suo ruolo mi spieghi qual é?
Io volevo incontrarti da sola semmai,
mentre lui, lui chi é, lui chi é,
giá é difficile farlo con te… Mollalo!
Lui chi é? lui cos’é? lui com’é?
é distratto ma é certo di troppo… Mollalo!
Mi aspettavo lo sai, un rapporto un pó piú normale,
quale eventualitá, trovarmi una collocazione,
ora spiegami dai, l’atteggiamento che dovró adottare… wooooh!mentre io rischierei di trovarmi al buio,
tra le braccia lui…mmm mmm mmm… non é il mio tipo!
Lui chi é?Si potrebbe vedere…si potrebbe inventare…si potrebbe rubare…Lui chi é, lui chi é, lui chi è giá é difficile farlo con te… Mollalo!
Il triangolo no, non l’avevo considerato,
d’accordo ci proveró, la geometria non é un reato,
garantisci per lui, per questo amore un po’ articolato…
mentre io rischierei, ma il triangolo io lo rifarei….
perché no? Lo rifarei…
lui chi é? Lui chi é?
lui chi é? E si vedrá…
lui é…
lui chi é, lui chi é,
e loro, dico loro chi sono?

Renato Zero interpreta questo suo celebre brano

http://www.youtube.com/watch?v=zwpjBxDzqr0

“Misty”


Look at me
I’m an helpless as a kitten up a tree
and I feel like I’m clinging to a cloud
I can’t understand
I get misty
just holding your hand

Walk my way
and a thousand violins begin to play
or it might be the sound of your hello
that music I hear
I get misty
the moment you’re near

You can say
that you’re leading me on
But it’s just what I want you to do
don’t you notice how hopelessly I’m lost
that’s why I’m following you

On my own
would I wander through this wonderland alone
never knowing my right foot from my left
my hat from my glove
I’m too misty and too much in love

You can say…

On my own…

the great jazz singer Ella Fitzgerald sings this wonderful song

http://www.youtube.com/watch?v=mQouJdvB80U

Il vescovo di Grosseto: a Vendola non amministrerei mai la comunione, la pratica omosessuale? Mi fa ribrezzo


 
di Bruno Volpe
 
Non dare la comunione a Vendola e omosessuali conclamati. Opportuno scomunicare i cattolici che si sposano civilmente. La pratica omosessuale, peccato gravissimo. Resistere all’ Islam, religione violenta. Gli ebrei non sono più fratelli maggiori

“Come Vescovo che non cede alle lusinghe della modernità, dico che la pratica conclamata della omosessualità é un peccato gravissimo, costituisce uno scandalo e bisogna negare la comunione a tutti coloro che la professino, senza alcuna remora, proprio in quanto pastori di anime. Io non darei mai la comunione ad uno come Vendola”: lo afferma il Vescovo Emerito di Grosseto, Monsignor Giacomo Babini. Eccellenza, che pensa della pratica omosessuale?: ” mi fa ribrezzo parlare di queste cose e trovo la pratica omosessuale aberrante, come la legge sulla omofobia che di fatto incoraggia questo vizio contro natura. I Vescovi e i pastori devono parlare chiaro, guai al padre che non corregge suo figlio. Penso che dare le case agli omosessuali, come avvenuto a Venezia, sia uno scandalo, e colui che apertamente rivendica questa sua condizione dà un cattivo esempio e scandalizza”. Che cosa devono fare …

… gli omosessuali?: ” chi ha la tendenza ha diritto alla misericordia e non ad essere discriminato, ma colui il quale addirittura ne fa vanto, si mette fuori della comunione della Chiesa e non merita questo sacramento. Fanno in tempo a pentirsi da questo orribile difetto. Lo ribadisco: all’omosessuale praticante e conclamato non va amministrata mai la comunione, quando si presenta davanti, il ministro abbia il coraggio di tirare avanti. Ad uno come Vendola io non la amministrarei mai”. Eccellenza, nella parica quotidiana le nozze in Chiesa sono diventate delle celebrazioni spesso disordinate: “certamente e occorre porre rimedio. Ma come al solito molti Vescovi italiani mettono il lucchetto al cancello quando i buoi sono già scappati. Se certi Vescovi dormono é impossibile celebrare degnamente le nozze in chiesa, senza stravaganze che le rendono ormai spettacoli. Bisogna fra capire che il matrimonio in chiesa é una cosa seria e non limitarsi ad una coreografia. Poi si dica chiaramente ai cattolici che loro devono scegliere il sacramento. Se in tutta libertà vanno al comune, sappiano che opera la scomunica latae sententiae, si mettono fuori da soli dalla chiesa”. Il Vescovo parla della recente visita del Papa alla Sinagoga: ” l’ Osservatore Romano la ha lodata e penso che il Papa abbia fatto bene a visitarla. Ma con la stessa franchezza é arrivato il momento di affermare che gli ebrei non sono più i nostri fratelli maggiori. Meglio, lo sono stati sino all’arrivo di Cristo, poi lo hanno abbandonato e non conosciuto. Loro sono contro la storia e dal Nuovo Testamento in poi hanno scelto di non essere nostri fratelli. Sull’albero dell’ulivo é stato fatto un inserto diverso. La Chiesa é nata da Cristo e non dagli ebrei”. Ha visto quello che accade in Nigeria?: ” la conferma che l’ Islam é una religione violenta ed anticristiana e che distinguere tra Islam moderato e estremo non ha senso. L’Islam é unico e il brodo di coltura sono proprio i Paesi moderati. Nazioni slamiche ricche ad Haiti non hanno mandato neppure un soldo. Bisogna svegliarsi dal letargo e difendersi dall ‘ Islam, prima di essere colonizzati”.

Ian Bostridge l’antitenore


di Alberto Mattioli

Pensate a un tenore-tipo italiano. Vi immaginate subito un fisico sovrabbondante, una voce solare, acuti formidabili e tenuti a perdita di fiato, un repertorio Donizetti-Verdi-Puccini, una preparazione musicale limitata al minimo indispensabile e talvolta meno, una cultura generale più ristretta ancora. Negli intervalli fra un’opera e l’altra, il nostro sarà impegnato a sedurre qualsiasi donna gli passi accanto, a divorare piatti di spaghetti e a cantare ‘O sole mio in uno stadio.

Sono luoghi comuni, che hanno o avevano un fondo di verità (come le mezze stagioni, che effettivamente non ci sono più) e comunque resistono tenacemente nell’immaginario collettivo se non nella realtà, specie delle ultime generazioni che sono assai più evolute. Però servono a descrivere «a contrario» Ian Bostridge, anzi sir Ian dato che è CBE (Commander, commendatore, dell’Ordine dell’Impero Britannico), classe ‘64, che domani alle 21 canta in Conservatorio per l’Unione Musicale accompagnato dal pianista Julius Drake.

Bostridge è l’antitesi antropologica del tenore della tradizione operistica italiana. Intanto, più che magro è filiforme ed è così pallido da sembrare esangue. Poi, è un intelletuale. Laureato a Oxford in Storia, la sua tesi sulla stregoneria nella vita pubblica inglese dal 1650 al 1750 è diventata un libro. Ha collaborato con testate prestigiose come il Guardian, il Times Literary Supplement, Opernwelt, l’Independent e Standpoint. Un volume che raccoglie i suoi scritti è annunciato per l’autunno. Intellettuale anche nella vita privata, Bostridge ha sposato la scrittrice Lucasta Miller, con cui forma una coppia molto «cool Britannia» e molto unita, o almeno si direbbe dopo averli visti di recente, all’Audiutorium di Roma, assistere alla seconda parte di un concerto (nella prima lui era sul palco a cantare) seduti accanto mano nella mano. Anche il fratello di Bostridge, Mark, è uno scrittore e critico, autore di una celebre biografia di Florence Nightingale.

Secondo la solita Wikipedia, i Bostridge sono anche bisnipoti di Joyce: però non James, ma suo cugino John «Tiny» Joyce, un’altra celebrità ma per più pedestri (è il caso di dirlo) ragioni: era un celebre calciatore, indimenticato portiere del Tottenham prima della Prima guerra mondiale.

Bostridge, inteso come il tenore, non ha quella che si definisce una bella voce né una tecnica italiana ortodossa. Anzi esibisce uno di quei timbri tipicamente inglesi, secchi, adenoidei, in bianco e nero, si direbbe anglicani. Le scelte di repertorio vengono di conseguenza: a parte Mozart e Händel, poca opera e per lo più moderna (il debutto sulle scene avvenne nel ‘94 come Lisandro nel Sogno di una notte di mezza estate di Britten in una famosa regia di Baz Luhrmann, quello di Moulin Rouge) e soprattutto molte Liederabend. A Torino porta infatti un programma double face, con una scelta insolita e non banale di pezzi di Schubert nella prima parte e il meraviglioso ciclo Dichterliebe di Schumann nella seconda.

Naturalmente, un cantante così è molto attento alla musica contemporanea. Hans-Werner Henze gli ha dedicato un ciclo di Lieder e lo ha scelto per la prima assoluta della sua Opfergang, recentemente a Roma. Qui Bostridge doveva fare il cane, nel senso che interpretava appunto una misteriosa bestiola che cerca inutilmente di salvare un relitto umano alla deriva e ne viene invece uccisa. Il pezzo di Henze è bello, ma Bostridge è stato fantastico. Quindi andate al concerto: un tenore che canta da cane così bene è da non perdere.

da www3.lastampa.it

Che i giornalisti raccontino le nostre carceri. Perché nessuno possa fare finta di niente


di Marta Bonafoni
“Ristretto”. Nel dizionario di italiano si legge: “racchiuso, stretto, limitato, angusto”. Ristretto è anche uno dei sinonimi che gli stessi detenuti usano per definire la propria condizione di reclusi. Limitati, appunto. Ristretta e limitata sempre di più è oggi la possibilità per i giornalisti di entrare nelle carceri. Per raccontare. Fare sapere.

Mica solo i fatti tragici che si consumano lì dentro, cosa peraltro fondamentale – quel racconto – alla salute stessa di una democrazia.

Ma la quotidianità dei penitenziari, la vita dei reclusi.Perché stare dentro non può e non deve significare essere fuori: dalla realtà  e dal racconto della stessa.

Non so se vi è  capitato durante le feste appena passate di guardare qualche tg in cui, improvvisamente, si sono in effetti aperti i cancelli di un carcere romano. Era arrivata la Befana – si diceva – in quei giorni in cui la retorica (capitanata dai mass-media) dice che bisogna “essere tutti più buoni”! A me è capitato di vedere un paio di quei servizi: le telecamere indugiavano sui visi dei figli dei detenuti, sulle facce dei reclusi. Un pezzo di colore – come si dice – confezionato su quei volti grigi e su sorrisi rari. Marziani, sembravano, quegli uomini e quelle donne inquadrati sul piccolo schermo.

Specie rare, come ti può capitare di vederle al Bioparco. Anzi no, perché i servizi sulle bestie nelle gabbie del Bioparco sono decisamente di più di quelli che passano in televisione per raccontare le carceri italiane.

Una delle emozioni più forti fino ad oggi provate facendo la giornalista mi ha investito alcuni anni fa ascoltando Radio Popolare di Milano e la sua trasmissione Fuori di cella, con i familiari dei detenuti a salutare i loro parenti reclusi: quelli da una parte al telefono, gli altri in cella con le radioline accese.

Era, quella, l’emozione di una possibilità. Per i diretti interessati, che per un attimo potevano entrare in comunicazione tra loro oltre alla restrizione. Per i giornalisti, che troppo spesso dimenticano che si può – o si deve – svolgere questo mestiere non per fare da megafono ai forti ma per dare voce ai deboli. Per la politica e le istituzioni (anche quelle penitenziarie), perché la conoscenza e la trasparenza dovrebbero essere sempre amiche del buon governo.

Poi c’è il dramma delle carceri, come quello vissuto fino a esserne ucciso da Stefano Cucchi. Anche in quel caso Stefano sarebbe rimasto solo un numero, se non ci fosse stato il coraggio della sua famiglia a mostrarne le foto del supplizio.

Prima di quelle immagini la morte di Stefano non era una notizia. Dopo, sono arrivate le prime pagine. Abbiamo visto: per nessuno è stato più possibile fare finta di niente.

Dovrebbe essere sempre così, e non solo quando ormai è troppo tardi.

da www.linkontro.info

Consigli del profeta per cercatori sinceri


La porta più ampia per raggiungere l’intimità della Presenza Divina è l’umiltà. Ma questa porta è allo stesso tempo la più bassa, così che chi entra deve entrare chinando la propria testa, con l’intero proprio sé chinato in massima umiltà.

Tradizione Sacra dell’Islam.

da www.sufibazar.com