Un minuto di silenzio per Haiti ma per Messina no


Innanzitutto, doverosa puntualizzazione: il terremoto ad Haiti è stato sconvolgente, non solo per la forza con cui ha procurato morte e distruzione in una popolazione già di per sé in molta difficoltà, ma anche per la sofferenza che ha generato in tutta la popolazione mondiale.

E ieri, prima dei fischi d’inizio dei due anticipi del campionato di serie A, un minuto di silenzio è stato dedicato alle vittime.

Visto però che la memoria storica non è corta, ricordiamoci che cosa (non) successe sugli stessi campi nella domenica successiva all’alluvione di Messina, quando ancora si contavano i morti.

Ore 15: fischio di inizio di una nuova giornata di campionato. Serie A. Si parte: nessun minuto di silenzio, nessun lutto al braccio. Solo ieri i giocatori di Catania, nell’anticipo con il Bari, hanno giocato con un nastro nero e lo stesso farà il Palermo questa sera contro la Juventus“. Da Alluvione di Messina, lutto solo siciliano (di Davide Billa).

Non voglio aggiungere altro. Basta quanto riportato, per dovere di cronaca

da www.messina.blogsicilia.it

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Meglio in galera che sotto i portici


Quando Bruno Vallora, 54 an­ni, ha scoperto che avrebbe dovu­to scontare ancora un po’ di car­cere ha festeggiato. Ha preso quelle poche monete elemosinate su e giù per via Sac­chi, la strada dove “abita”, ran­nicchiato ogni notte sotto i portici in mezzo a due cartoni, e si è preso l’ultima “ciucca”.
Poi è salito su un taxi («volevo chiudere da signore») e ha detto fiero e deciso: «Mi porti in Que­stura ». Giunto in corso Vinzaglio, ha caramente salutato l’au ti st a (ovviamente senza pagarlo) e ha mostrato i polsi ai poliziotti per essere ammanettato: «Meglio la galera che fare il barbone».
Già qualche mese fa il clochard aveva confessato a questo giorna­le il suo disagio: «Sono malato di Aids, non ho lavoro, sono un di­sperato che ha buttato la sua vita in furti, piccole rapine estorsioni, spaccio. Mia moglie è malata. Purtroppo mi hanno scarcerato e io vivo in mezzo ad una strada».
Poi è passata in giudicato una vecchia sentenza di condanna (9 mesi per tentata estorsione) e per lui la vita è di nuovo cambiata, in meglio. L’ultima bravata a causa della quale Vallora è nuovamente e felicemente finito dietro le sbar­re, risale a qualche anno fa quan­do il barbone si era improvvisato parcheggiatore abusivo. Ma lui non si limitava a chiedere piccoli compensi, avvicinava i suoi clienti e con fare deciso diceva loro: «Dammi i soldi altrimenti ti spacco la macchina». Per un po’ è andato avanti così, fino, a quan­do, in piazza Carlo Felice, è stato denunciato da un automobilista.
Recentemente il barbone aveva cercato di farla finita: ««Volevo buttarmi nel fiume, ho preso la rincorsa da un ponte ma ho senti­to come una mano che mi tirava indietro. La vita non può finire a 54 anni. Insomma, pur di non tornare a delinquere ero pronto ad uccidermi ma non ce l’ho fat­ta».

da www.cronacaqui.it

Il 18 gennaio Riccardo Muti suonerà per i detenuti del carcere di Bollate


 Riccardo Muti suonerà per i detenuti ed il personale del Carcere di Bollate. Come spiega la direttrice del carcere Lucia Castellano “il Maestro incontrerà i detenuti ed il personale del Carcere di Bollate, all’insegna  della più completa informalità: il Maestro suonerà alcuni brani al  pianoforte e parlerà di musica con questo particolare pubblico. Il Maestro Muti ha voluto concedere quest’incontro all’Istituto, come atto  di generosità nei confronti delle persone private della libertà”L’appuntamento è per  lunedì 18 gennaio dalle h 17.30 alle ore 19.30

da www.affaritaliani.it

Il maestrao Riccardo Muti durante una lezione ai suoi allievi orchestrali nel febbraio 2009

http://www.youtube.com/watch?v=-AgfCW4r82A&feature=related

La felicità e la beatitudine…


La felicità e la beatitudine non sono date da abbondanza e ricchezza o splendore di fortuna, nè da alcuna forma di potere o facoltà di nessun tipo di cui l’uomo disponga, ma da assenza di tristezza, mitezza di passioni e da un’inclinazione naturale dell’animo che ci dispone a vedere i limiti di quanto è secondo natura…” (Epicuro, “Sentenze e frammenti, 125, in “Scritti morali”)

Ringrazio Riccardo Di Salvo a cui ho “rubato” questo suo post in Facebook

La cultura fa bene al cuore: meno infarti per chi è stato a scuola almeno 8 anni


Più si studia più si allunga la vita. Insomma, studiare fa bene al cuore. Infatti, chi ha trascorso più di 8 anni tra i banchi di corre un minor rischio di infarto .

Il nesso è il risultato di un ampio studio, pubblicato sulla che ha messo a confronto, in 52 Stati, circa 12mila infartuati e 14 mila persone in buona salute.

Finora sapevamo che un giro vita abbondante, poca attività fisica, troppe sigarette, mangiare poca frutta e verdura possono mettere a dura prova la salute del nostro cuore. Diversi studi nei Paesi occidentali hanno poi evidenziato un legame tra più elevato status socioeconomico e minor rischio di malattie cardiovascolari.

Tuttavia, non era ancora del tutto chiaro se i diversi indicatori utilizzati per individuare le condizioni socioeconomiche, come per esempio istruzione, reddito familiare, tipo di lavoro svolto, fossero ugualmente importanti. Inoltre, si sapeva poco su come lo status socioeconomico agisca sul rischio cardiovascolare nei .

Ora, un gruppo di ricercatori svedesi ha scoperto che è l’istruzione, indipendentemente dal reddito familiare, dal lavoro svolto o dai beni posseduti, è associata direttamente col rischio di un attacco di cuore. In particolare, spiega una delle autrici della ricerca, Annika Rosengren, cardiologa del Sahlgrenska University Hospital di Goteborg: «Un livello di istruzione, uguale o inferiore a 8 anni di , può significare un maggior rischio di avere un infarto, circa il 30% in più rispetto a chi è più istruito. La correlazione è più marcata nei paesi ricchi, ma evidente anche nei Paesi meno sviluppati». I motivi? « Sarà necessario approfondirli; probabilmente sono dovuti alla migliore conoscenza dei fattori di rischio e quindi a una migliore prevenzione», afferma Rosengren. Secondo lo studio, infatti, più alte percentuali di obesità addominale e cattive abitudini come fumo, poca attività fisica, scarso consumo di frutta e verdura, spiegano circa la metà del rischio connesso a bassi livelli di istruzione.

«Non c’è dubbio che chi è più istruito conosca meglio i fattori che mettono a rischio il cuore – conferma il professor Filippo Crea, direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma -. La prevenzione è la migliore arma contro le malattie cardiovascolari. Tenere sotto controllo peso, colesterolo, pressione, diabete, non fumare, fare attività fisica e mangiare frutta e verdura già da piccoli, aiuta a ridurre nettamente le malattie cardiovascolari. Non possiamo dimenticare i risultati soddisfacenti che abbiamo ottenuto finora – continua il cardiologo -, ma non dobbiamo abbassare la guardia. Per esempio, basta un calo di attenzione sul fumo e i ragazzi riprendono in mano le sigarette».

«Per ora i risultati suggeriscono che «migliorare i livelli di istruzione nelle nazioni in via di sviluppo potrebbe essere una valida contromossa per contenere la rapida diffusione di malattie cardiovascolari anche in quei Paesi», conclude Rosengren. «In Cina – fa notare Crea – fino a 15 anni fa non c’erano bambini grassi. Oggi l’obesità infantile è diventata un’epidemia, che mette seriamente a rischio il cuore. Per questo è necessario fin dai banchi di apprendere sane abitudini, come corretta alimentazione, niente sigarette e regolare esercizio fisico».

da www.blitzquotidiano.it

“Nell’universo di te”


di Angela Ragusa

E trasfomerò il tuo silenzio
in voce sonante…
…si leverà alta
da canne di organi antichi
chiusi da sempre
in cattedrali gotiche
che lasciano volare
alto lo stupore
mentre la luce oltrepassa
sottile quei vetri colorati
impolverati dal tempo…

Angeli sbirceranno
e solleticheranno
con le loro risa
le fiammelle di ceri accesi…
In afflato prodigioso
di vortici e turbinii
coglierò le tue parole
che scandiranno i secondi
di ogni nostro dire…

Le mie labbra gemmeranno
di purpureo fiore
che a te offrirò
se null’universo di te
mi accoglierai….

Psicologia: la coazione a ripetere


Poche cose sono cosi’ centrali nella psicologia e nella vita di ciascuno di noi come la coazione a ripetere. Credo che chiunque – o quasi – si sia chiesto almeno una volta nella vita perche’ lui stesso o comunque persone a lui vicine, facciano sempre gli stessi errori, incontrino sempre lo stesso tipo di persone. Ovviamente, molti anni fa ormai, me lo domandai anche io scoprendo che quell’enigma era in realta’ ampiamente conosciuto e dibattuto non solo in termini psicologici ma perfino esoterici. Appena incontrai il principio della coazione a ripetere, ne rimasi dunque affascinato. E non poteva essere altrimenti.

La coazione a ripetere, ovvero coercizione a compiere ripetutamente le stesse azioni, e’ il principio per cui una persona cerca di superare qualcosa di irrisolto che affonda le radici nel remoto passato, rimettendosi nelle identiche circostanze che provocarono quell’antica difficolta’.

Spesso la coazione a ripetere e’ collegata ad un altro problema, ad esempio l’ansia abbandonica, ma sono in genere facce diverse della medesima medaglia.

Facciamo un esempio. Il bambino (o la bambina) che viene “abbandonato” quasi ogni mattina da una o piu’ figure genitoriali, che si allontana per andare al lavoro, puo’ vivere tale allontanamento come fosse un ciclico abbandono. Non e’ forse un vero trauma all’inizio, ma il ripetersi costante di tale allontanamento ne rende gli effetti spesso piu’ devastanti che un singolo grave evento, scatenante un trauma piu’ facilmente identificabile.

Una volta cresciuta, la persona cerca di superare la paura di quell’abbandono dimostrando a se’ stessa che riuscira’ a non essere lasciata. Ma per poterlo fare deve necessariamente, e inconsciamente, rimettersi in condizioni simili, ad esempio andandosi a cercare una relazione difficile, dove sia facile innescare una sensazione di “pericolo di rottura” che faccia riprovare quella antica sensazione di essere a rischio di abbandono. Addirittura e’ spesso la persona stessa a “guidare” la relazione verso la sua fine, per una sensazione di ineluttabile “ecco, ci risiamo” che la porta a vedere nel partner segnali di insofferenza o di tradimento che magari non hanno – almeno all’inizio – nessun fondamento.

Quello dello “abbandono” da bambini, e’ solo un esempio. Puo’ essere stata la mancanza di attenzioni e amore da parte di uno o entrambi i genitori a spingere l’ex bambino a cercare figure che ricalchino la figura genitoriale assente. Possono essere persone anche molto diverse, ma con il fattore comune di far percepire un “senso di instabilita’”, di potenziale “assenza”, che permetta l’identificazione con quel modello.

Nella coazione a ripetere si puo’ percio’ intravedere un tentativo addirittura positivo: quello di risolvere un dramma mai davvero superato. E’ molto difficile pero’ che essendo giunti cosi’ vicini allo… ineluttabile, questo cessi di essere tale, potendo essere cosi’ superato. Di solito si va incontro ad un’altra fine che rinforza, se non compresa, il desiderio di dimostrare a se’ stessi di essere in grado di sottrarsi ad essa.

E’ curioso notare che perfino nell’esoterismo si celano teorie simili, anche se spalmate su piu’ vite: c’e’ una lezione che bisogna imparare, e finche’ non la si apprende, si e’ destinati non solo al continuo ciclo di morte e rinascita, ma addirittura a quello del ritrovarsi davanti a situazioni simili a quelle gia’ vissute, situazioni che se non si ripresentassero, non offrendoci la possibilita’ di imparare, non potrebbero essere superate.

Uscire dalla coazione a ripetere non e’ semplice perche’, perfino sapendo di essere suoi schiavi, avendo per lo piu’ natura inconscia diviene difficilmente controllabile. Le emozioni e le antiche paure ed ansie assalgono chi la vive, al punto di prendere la guida delle sue azioni.

La strada e’ naturalmente quella della consapevolezza, del riconoscere il meccanismo del quale si e’ vittime e di essere capaci di “frenarsi”, sia quando il disagio si manifesta – evitando ad esempio di saltare troppo presto a conclusioni catastrofiche – che, gia’ in precedenza, nella scelta che si va a compiere, ad esempio per quanto riguarda il partner

da www.wolfghost.it

 

“Am I blue?”


by Akst and Clark 1929

I’m just a woman, a lonely woman,
waiting on the weary shore.
I’m just a woman who’s only human,
one you should feel sorry for.

Well, I woke up this morning a long about dawn.
Without a warning I found that he was gone.
Why did he do it? How could he do it?
He’d never done it before.

Am I blue. Am I blue.
Ain’t these tears in these eyes tellin’ you?
Oh, am I blue? Well, I bet you would be, too,
if each plan with your man done fell through.

There was a time I was his only one.
but now I’m the sad and lonely one.

Was I gay ‘til today?
But now that man is gone,
he’s gone and we are through.
Am I blue.

There was a time I was his only one.
But now, a, now, now, now, I’m the sad and lonely one.
Oh god, I’m lonely.

But I remember, oh, I remember when I was gay.
That was up until today,
‘cause now that man is gone, he’s gone and we are through.
Am I, am I, well, would you believe it if I told you I’m blue?

Cher sings this famous song in the early 1970’s

http://www.youtube.com/watch?v=1mmA-v_O7dg&feature=related

“Angeli negri”


di Maciste, Larici, Testoni – 1968

Pittore ti voglio parlare
mentre dipingi un altare.
Io sono un povero negro
e d’una cosa ti prego.
Pur se la Vergine è bianca
fammi gli angioletti negri.

Se tu
dipingi con amor
perché disprezzi il mio color?
Se vede bimbi negri
Iddio sorride lor.

Non sono che un povero negro
ma nel Signore io credo
e so che tiene d’accanto
anche i negri che hanno pianto.

Quando dipingi le chiese
là fra le candele accese
fra gli arcangeli ti prego
metti un angioletto negro.

Marino Barreto jr canta questa celebre canzone

http://www.youtube.com/watch?v=YZQxb7fKpLo&feature=related

“Signore, io sono Irish”


di De Andrè, Mannerini, Reverberi – 1971

Signore, io sono Irish,
quello che non ha la bicicletta.
tu lo sai che lavoro, e alla sera
le mie reni non cantano.
Tu mi hai dato il profumo dei fiori,
le farfalle, i colori.
E le labbra di Ester create da te,
quei suoi occhi incredibili solo per me.

Ma c’è una cosa, mio Signore, che non va.
Io che lavoro dai Lancaster
a trenta miglia dalla città
io nel tuo giorno sono stanco,
sono stanco come non mai,
e trenta miglia più trenta miglia
sono tante a piedi, lo sai.

Ed Irish, tu lo ricordi, Signore,
non ha la bicicletta.
                                  
Nel tuo giorno le rondini cantano
la tua gloria è nei cieli.
Solo io sono triste, Signore,
la tua casa è lontana.
Devo stare sul prato a parlarti di me,
e io soffro, Signore, lontano da te.
 
Ma tu sei buono, tra gli amici che tu hai
una bicicletta per il tuo Irish
certamente la troverai,
anche se è vecchia non importa,
anche se è vecchia mandala a me,
purché mi porti nel tuo giorno
mio Signore fino a te.
 
Signore, io sono Irish,
quello che verrà da te in bicicletta.

I new Trolls interpretano questa celebre canzone

http://www.youtube.com/watch?v=vSbT5FItXwM&feature=related