“Non vogliamo martiri ma siamo disposti a soffrire! Ma essere ergastolani è come essere morti prima di morire. Si muore tutti i giorni per tornare di nuovo a morire ancora e di nuovo ancora…!”
Una testimonianza forte che ci deve far riflettere sullo stato in cui vivono, oggi, circa 200 persone condannate all’ergastolo.
La richiesta di abolizione della pena dell’ergastolo appartiene alla cultura giuridica e civile democratica. Al problema, ancora oggi, non si è dato tuttavia un diretto sbocco a livello costituzionale poiché si ritiene che esso deve essere affrontato e risolto dal legislatore ordinario nell’ambito di una revisione del sistema delle pene.
Nella V e VI legislatura, in sede di riforma della parte generale del codice penale, il Senato della Repubblica aveva sancito l’abolizione della pena dell’ergastolo ma la riforma non aveva potuto, per la fine delle rispettive legislature, essere presa in considerazione dalla Camera dei Deputati. Nel 1981 fu tenuto il referendum, proposto da tutti, su questo argomento e di cui è noto l’esito.
Nella XIII legislatura il disegno di legge di abolizione dell’ergastolo fu approvato in Senato. Le ragioni che si collocano a fondamento della prospettiva dell’abolizione sono note :”l’ergastolo è una pena inumana che toglie all’uomo la speranza, che confligge in modo inconciliabile con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena”.
I detenuti ergastolani, oggi anno 2009, aspettano ancora una risoluzione a tale pena. Il nostro sistema prevede ancora una specifica forma di pena del tutto incompatibile con l’ordinamento costituzionale, con numerose prescrizioni di norme cogenti di diritto internazionale nonché con il paradigma essenziale dello Stato di diritto.
L’ergastolo è una pena forse peggiore della pena di morte: in un caso si ammazza tutto, nel secondo si rispetta il corpo e si ammazza la personalità. Era già chiaro ai compilatori del codice penale francese del 28.09.1791 che, pur prevedendo la pena di morte, avevano abolito l’ergastolo ritenuto, molto più della pena capitale, “disumano, illegittimo, inaccettabile” nella misura in cui rende l’uomo “schiavo”, realizzando di fatto un’ipotesi di servitù coatta legittimata in nome di una pretesa superiore e inviolabile ragion di Stato.
L’ergastolo comporta, in primo luogo, una palese violazione del principio di umanità della pena di cui all’art. 27 comma 3 della nostra Costituzione nonché nella misura in cui, analogamente alla pena capitale cui del resto il diritto romano assimilava l’ergastolo, priva il condannato per sempre del suo status inalienabile di persona come tale parte dell’ordinamento giuridico e solo temporaneamente assoggettabile a misure privative della libertà personale, legittime unicamente nella misura in cui siano funzionali al reinserimento sociale del reo. Ne consegue, pertanto, l’illegittimità di una pena quale quella dell’ergastolo che, in ragione del suo carattere perpetuo, priva il condannato di ogni possibilità di reinserimento sociale attribuendo così alla sanzione criminale la sola funzione di neutralizzazione, stigma e negazione eperenne al reo del suo status di persona.
Tale pena esprime significativamente la funzione di “stigmatizzazione” attribuita all’ergastolo, pena esemplare quanto infamante, disumana quanto pre-moderna.
Inoltre il carattere fisso ed immodificabile della comminatoria edittale dell’ergastolo viola palesemente i principi di eguaglianza-ragionevolezza, di proporzionalità tra reato e pena, di individualizzazione della sanzione criminale nonché di colpevolezza per il fatto.
Il divieto di irrogazione di pene contrarie al senso di umanità e lesive della dignità umana, il carattere necessariamente rieducativo della pena, i principi di proporzionalità tra reato e pena sono, del resto, parametri cogenti di legittimità della sanzione penale, sanciti come tali anche da numerose norme di diritto internazionale e sopranazionale.
Ne consegue, quindi, la necessità giuridica, politica e morale di abolire una pena contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale dello “ius cogens” di matrice internazionalistica sopranazionale ma, soprattutto, con il paradigma costitutivo dello Stato di diritto quale sistema politico fondato sul rispetto dei diritti umani e delle garanzie e libertà fondamentali, veri e propri parametri e, a un tempo, limiti di legittimità dell’esercizio statuale del potere punitivo.
Quindi ritengo che sia doveroso dire che se le cose stanno così o la politica cambia la Costituzione oppure l’ergastolo è anticostituzionale e lo è ancor di più dopo la sentenza 135/2003 che ha stabilito che gli ergastolani con reati che rientrano nell’articolo 4bis primo comma, primo periodo della legge 26 luglio 1975 n°354 (cioè quasi tutti) non potranno mai uscire dal carcere e dunque non si può parlare del fine rieducativo della pena.
In questi casi l’ergastolano è come il pesce che vive in un acquario aspettando la sua fine senza poter comunicare a nessuno le sue sofferenze. “Al pesce manca ogni mezzo di comunicazione con noi e non può destare la nostra compassione. Il pesce boccheggia anche quando è sano e salvo nell’acqua. Persino la morte non ne altera l’aspetto. Il suo dolore, se esiste, celato perfettamente sotto le sue squame (Italo Svevo)”.
Già nel Medioevo la clemenza era un atto da cui sovrano traeva consenso, oggi invece i politici cavalcano il giustizialismo che rende in termini elettorali ma se a fermare i politici nell’abolire l’ergastolo è l’ipotesi che il detenuto possa commettere un nuovo reato, dovrebbero portare fino in fondo il giustizialismo approvando leggi per mettere fine alle inutili vite degli ergastolani. Quando molti di loro dicono di essere contrari alla pena di morte e, allo stesso tempo, si dicono contrari all’abolizione dell’ergastolo “non solo sono bugiardi ma sono anche bilingue”. Per loro “la pena null’altro è, a questo grado di civilizzazione, se non il comportamento normale contro l’odiato, reso inerme, soggiogato nemico il quale ha perduto non solo ogni diritto e cautela, sibbene anche ogni possibilità di grazia; dunque la festa del “vae victis” in tutta la sua spietatezza e crudeltà (F.Nietzsche – Genealogia della morale)”.
Premesso che la vendetta soggettiva delle vittime dei reati va compresa, non può trovare giustificazione la “vendetta dello Stato” che non può essere ritenuta una riparazione al reato. Se si ritiene valido l’art. 27 della Costituzione, lo spirito di vendetta dopo tanti anni è ingiustificato nei confronti di persona che sono cambiati “intenzionalmente”.
Si può e si dovrebbe cercare di cambiare il futuro dei condannati all’ergastolo guardando e giudicando il loro presente. Non è giustizia tenere una persona dentro una cella per una vita intera senza speranza, non serve a nessuno. Con l’ergastolo non si vive ma si sopravvive senza speranza e senza sogni e vivono senza speranze e senza sogni i familiari del condannato.
Detto questo la mia idea è quella di abolire l’ergastolo e spero che nella coscienza civile sgorghi come un fiume in piena la condivisione di tale pensiero:
– Perché le anime degli ergastolani sono costrette a vivere vite in bilic tra speranze e delusioni
– Perché la vita senza la speranza non è vita
– Perché è un’agonia che dura un’intera vita
– Perché è solo la banalità della vendetta
– Perché ci si trova a scontare una pena sadica e crudele che appaga una serie di fobie
– Perché è un itinerario perverso dentro l’intimità dell’individuo
– Perché è una pena di morte camuffata
– Perché la libertà per un ergastolano è un orizzonte che non vedrà mai
– Perché la pena dell’ergastolo mangia l’anima, il corpo, il cuore e l’amore del condannato e dei propri familiari
– Perché una pena come l’ergastolo non sarà mai in grado di fare giustizia
– Perché la società, reagendo al male con il male dell’ergastolo,non fa altro che creare altro male
Allora, dato che la politica e i politici non avranno mai il coraggio di abolire l’ergastolo perché i grossi partiti sanno bene che cavalcare l’onda giustizialista rende in termini elettorali.
E dato che alcuni politici si prendono anche gioco degli ergastolani affermando in TV che con la pena dell’ergastolo, dopo pochi anni, si ritorna liberi, e noi sappiamo bene che non è così.
In previsione dell’approvazione dei nuovi codici da parte del Parlamento che prevedono l’abolizione dell’ergastolo e una generale rivisitazione delle pene,
chiedo a voi, lettori di questo sito, con estrema serietà e piena coscienza se:
– È vitale restituire agli ergastolani e alle loro famiglie una speranza che li farebbe sentire di nuovo vicini e protagonisti positivi
– Di avere la certezza di fine pena, di poter avere anche loro, gli ergastolani, un calendario nella cella per sognare e segnare con una crocetta i giorni, i mesi, gli anni che passano
– E che la pena sia rieducativa com’è scritto nella Costituzione. Ma se la loro vita deve finire in carcere a che serve un percorso di rieducazione?
E’ ovvio, e loro sanno che non è facile da ottenere, per tanti motivi ma vogliono che dell’ergastolo si parli nuovamente e seriamente e che siano date loro risposte chiare e responsabili, risposte a loro e ai tanti sono loro vicini, di credere in un’altra vita.
Aspettando i vostri pensieri in questo sito Francesco vi saluta e vi lascia riflettere.
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