Giustizia: Radicali; 7° giorno sciopero fame su mozione carceri


Prosegue l’iniziativa nonviolenta della deputata radicale Rita Bernardini, che è giunta oggi al settimo giorno di sciopero della fame insieme a Irene Testa (presidente dell’associazione Radicale “Il detenuto Ignoto”), Claudia Sterzi (segretaria associazione Radicale Antiproibizionisti), Alessandro Litta Modignani (della direzione Radicali Italiani), Annarita Digiorgio (del comitato nazionale di Radicali italiani) e Riccardo Magi (Radicali Roma), affinché venga calendarizzata la mozione parlamentare sulle carceri promossa dai deputati radicali nel gruppo del Pd. È quanto si legge in un comunicato stampa dei Radicali.

“Voglio ringraziare la Uil Pa Penitenziari della Toscana e il segretario generale Eugenio Sarno per il sostegno all’impegno politico di Marco Pannella e di tutti i Radicali a favore l’universo carcerario e per aver sollecitato adesioni all’iniziativa nonviolenta che stiamo portando avanti – dichiara Rita Bernardini -. Colgo inoltre l’occasione per ribadire il mio invito a tutta la comunità penitenziaria a unirsi a questa battaglia nonviolenta, per lottare insieme con proposte concrete”. Intanto continuano ad aumentare i parlamentari, di tutti gli schieramenti, firmatari della mozione sulle carceri presentata dai deputati Radicali-Pd.

Queste le firme raccolte fino a questo momento: Rita Bernardini (Radicali/Pd), Maurizio Turco (Radicali/Pd), Marco Beltrandi (Radicali/Pd), Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali/Pd), Matteo Mecacci (Radicali/Pd), Elisabetta Zamparutti (Radicali/Pd), Benedetto Della Vedova (Pdl), Guido Melis (Pd), Mario Pepe (Pdl), Roberto Giachetti (Pd), Giulio Calvisi (Pd), Lino Duilio (Pd), Jean Leonard Touadi (Pd), Salvatore Torrisi (Pdl), Lucia Codurelli (Pd), Dario Ginefra (Pd), Mario Barbi (Pd), Ludovico Vico (Pd), Sandro Brandolini (Pd), Mario Cavallaro (Pd), Pina Picierno (Pd), Luisa Bossa (Pd), Antonio Boccuzzi (Pd), Caterina Pes (Pd), Ermete Realacci (Pd), Rigoni Andrea (Pd), Walter Verini (Pd), Marcello De Angelis (Pdl), Lorenzo Ria (Udc), Costantino Boffa (Pd), Francesco Laratta (Pd), Alessia Mosca (Pd), Pietro Tidei (Pd), Antonio Rugghia (Pd), Ludovico Vico (Pd), Pierangelo Ferrari (Pd), Emanuele Fiano (Pd), Enrico Farinone (Pd), Raffaella Mariani (Pd), Oriano Giavanelli (Pd), Maria Anna Madia (Pd), Claudio Barbaro (Pdl), Caterina Pes (Pd), Sabina Rossa (Pd), Enzo Carra (Pd), Anna Paola Concia (Pd), Antonio Razzi (Idv), Laura Froner (Pd), Alessandra Siragusa (Pd), Massimo Vannucci (Pd), Gino Bucchino (Pd), Silvia Velo (Pd), Marco Causi (Pd), Amalia Schirru (Pd), Furio Colombo (Pd), Gero Grassi (Pd), Cinzia Capano (Pd), Lapo Pistelli (Pd), Giovanni Burtone (Pd), Giuseppina Servodio (Pd), Gianni Cuperlo (Pd), Emilia De Biasi (Pd), Susanna Cenni (Pd), Antonio Milo (Misto – Mpa).

da www.ristretti.it

Stalking: 17 denunce al giorno, Lombardia in testa


– La Lombardia in testa per denunce (539) ed arresti per stalking (129). La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta con 10 denunce e nessun arresto. In otto mesi, da quando è stato introdotto il reato di stalking ci state 3.247 notifiche, 4.124 persone denunciate (in media 17 al giorno), 723 le arrestate.

E’ il bilancio (al 31 ottobre) della legge varata lo scorso febbraio reso noto dal ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne che ricorre oggi. Gli stalkers sono nel 84,68% italiani, nel 15,32% stranieri. Le vittime di molestie persecutorie sono nell’80,1% dei casi di sesso femminile, mentre il 19,99% di sesso maschile. La più alta incidenza di uomini vittima si registra in Sardegna con una percentuale del 28,75%. La più alta percentuale di donne vittima si riscontra in Molise con l’86,96%. La regione in cui si registra il più alto numero di persone denunciate è la Lombardia (539), segue il Piemonte (403). La Toscana e la Campania sono rispettivamente a quota 359 e 344. In Sicilia sono state denunciate 331 persone, nel Lazio 308. La regione più virtuosa e la Valle d’Aosta con sole 10 denunce. Ed ancora, 129 arresti sono stati eseguiti in Lombardia, 65 in Piemonte, 86 in Campania, 69 nel Lazio. La medaglia del merito va sempre alla Valle d’Aosta con zero arresti.

CARFAGNA: LIBERATE OLTRE 4 MILA DONNE NEL 2009
“Rispetto a dodici mesi fa, grazie al nostro governo, le donne italiane hanno strumenti in più per difendersi contro la violenza. Il principale di questi strumenti é il reato di stalking, introdotto nello scorso febbraio, che ha già liberato oltre quattromila donne italiane dai loro incubi quotidiani fatti di persecuzioni, violenze piccole e grandi, intrusioni”. Lo ha detto all’ANSA il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne che si celebra oggi in tutto il mondo. Il ministro ha inoltre reso noto che la legge che introduce il reato di stalking ha registrato finora in media circa 17 denunce, e che ben 723 persone, uomini ma anche donne, sono finite agli arresti. Ma per la lotta contro la violenza “non è finita – ha aggiunto Carfagna – La scorsa primavera sono state introdotte aggravanti per i reati di violenza sessuale, che hanno raddoppiato la pena per i partner e per gli ex compagni, eliminato i benefici premiali, come gli arresti domiciliari, per chi si macchia di colpe tanto gravi e istituito la difesa gratuita per le vittime”.

– La Lombardia in testa per denunce (539) ed arresti per stalking (129). La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta con 10 denunce e nessun arresto. In otto mesi, da quando è stato introdotto il reato di stalking ci state 3.247 notifiche, 4.124 persone denunciate (in media 17 al giorno), 723 le arrestate.

E’ il bilancio (al 31 ottobre) della legge varata lo scorso febbraio reso noto dal ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne che ricorre oggi. Gli stalkers sono nel 84,68% italiani, nel 15,32% stranieri. Le vittime di molestie persecutorie sono nell’80,1% dei casi di sesso femminile, mentre il 19,99% di sesso maschile. La più alta incidenza di uomini vittima si registra in Sardegna con una percentuale del 28,75%. La più alta percentuale di donne vittima si riscontra in Molise con l’86,96%. La regione in cui si registra il più alto numero di persone denunciate è la Lombardia (539), segue il Piemonte (403). La Toscana e la Campania sono rispettivamente a quota 359 e 344. In Sicilia sono state denunciate 331 persone, nel Lazio 308. La regione più virtuosa e la Valle d’Aosta con sole 10 denunce. Ed ancora, 129 arresti sono stati eseguiti in Lombardia, 65 in Piemonte, 86 in Campania, 69 nel Lazio. La medaglia del merito va sempre alla Valle d’Aosta con zero arresti.

CARFAGNA: LIBERATE OLTRE 4 MILA DONNE NEL 2009
“Rispetto a dodici mesi fa, grazie al nostro governo, le donne italiane hanno strumenti in più per difendersi contro la violenza. Il principale di questi strumenti é il reato di stalking, introdotto nello scorso febbraio, che ha già liberato oltre quattromila donne italiane dai loro incubi quotidiani fatti di persecuzioni, violenze piccole e grandi, intrusioni”. Lo ha detto all’ANSA il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne che si celebra oggi in tutto il mondo. Il ministro ha inoltre reso noto che la legge che introduce il reato di stalking ha registrato finora in media circa 17 denunce, e che ben 723 persone, uomini ma anche donne, sono finite agli arresti. Ma per la lotta contro la violenza “non è finita – ha aggiunto Carfagna – La scorsa primavera sono state introdotte aggravanti per i reati di violenza sessuale, che hanno raddoppiato la pena per i partner e per gli ex compagni, eliminato i benefici premiali, come gli arresti domiciliari, per chi si macchia di colpe tanto gravi e istituito la difesa gratuita per le vittime”.

fonte ANSA

Carlo Muratori in “NONSOLO MODUGNO” al teatro Vasquez di Siracusa


di Daniela Domenici

Doveva accadere, prima o poi, che Carlo Muratori, studioso, folk-singer, cantastorie e cantautore, si imbattesse nelle tracce poetiche, geniali, teatrali ed artistiche lasciate dal grande Modugno. Troppo simili i percorsi, tantissimi i tratti in comune.

Muratori da più di trent’anni timbra il cartellino quotidiano per sdoganare la musica di tradizione siciliana “mondandola” da scorie volgari, consegnandola alla ribalta della canzone d’autore nazionale.

Il suo più recente cd, “La Padrona del Giardino”, è un insieme di poesia e nuove delicate melodie, dieci inediti da stare ad ascoltare per ore ed ore. Secondo classificato al premio Tenco e vincitore del primo premio città di Loano il disco è un viaggio che partendo dalle sonorità popolari approda al blues, il jazz, l’etno-world….la musica leggera.

E doveva comunque accadere che un bel dì si incontrassero Carlo Muratori da Siracusa e Peppe Arezzo da Ragusa. E si sono incontrati sullo stesso desiderio: il tributo a Domenico Modugno.

La collaborazione fra i due artisti – Arezzo, lo ricordiamo, dirige l’Orchestra del Festival della Canzone Siciliana – si traduce nello spettacolo «Non solo Modugno» che ha debuttato questa estate e ha avuto quindici tappe trionfali in Sicilia e che tornerà al pubblico il 26 novembre sul palcoscenico del Teatro Vasquez di Siracusa.

Carlo Muratori e Peppe Arezzo hanno fissato lo sguardo sull’identico sogno. Arezzo aveva addirittura già pronti gli arrangiamenti che dovevano servire per un concerto dedicato all’artista pugliese, pensato dal figlio Massimo. Massimo Modugno chiese proprio ad Arezzo la scrittura musicale che rimase lì per i noti problemi di salute del padre.

Carlo Muratori, invece, da tempo provava l’intonazione di “Vecchio Frack” e “Lu pisce spada”. Al concerto di New York dello scorso anno, nel mitico Joe’s Pub, Muratori  mandò in visibilio il locale cantando a squarciagola, come bis, in coro con il pubblico, “Volare”.

 «Modugno è il maestro di tutti noi, cibandosi di tradizione e Sud – riflette Muratori – è riuscito a conquistare il festival di Sanremo e il mondo. La lezione è “nutriamoci delle nostre radici e saremo più originali e più forti”.

Sarà soprattutto il Modugno prima maniera quello proposto dal concerto che non si limiterà ad una sterile esecuzione di cover quanto, piuttosto, ad un riadattamento coerente con le esperienze dei musicisti.

Sul palco con Muratori, voce e chitarra, e Peppe Arezzo al pianoforte suoneranno Peppe Tringali alla batteria, Marco Carnemolla al basso, Rino Cirinnà al sassofono, Massimo Genovese al mandolino e alla chitarra e Francesco Bazzano alle percussioni.

Lettera dei detenuti del carcere di Pistoia


I detenuti del carcere “Santa Caterina” di Pistoia stanno vivendo delle condizioni di detenzione molto dure, ben oltre quello che gli stessi regolamenti carcerari prevederebbero. Queste condizioni non hanno niente a che vedere con il recupero sociale di chi ha commesso dei reati, come sostengono le autorità, ma al contrario le condizioni di vita qua dentro non fanno altro che alimentare il disagio e la disperazione e allontanare la prospettiva di una vita dignitosa. Chi è detenuto viene dimenticato in tutti i sensi e viene privato di quelli che invece dovrebbero essere dei diritti minimi. Le celle sono sovraffollate, i detenuti sono chiusi per 21 ore e mezzo, le condizioni igieniche sono precarie con il rischio di contrarre malattie, ci sono difficoltà ad avere permessi per le visite mediche all’esterno, difficoltà ad incontrare la direzione carceraria, gli assistenti sociali e gli educatori, non sono previste attività per consentire ai detenuti di occupare il tempo in modo costruttivo (esiste solo un corso di scuola media). Questa situazione non è accettabile.
La direzione del carcere di Pistoia si deve fare carico di porre rimedio a queste sue carenze. In una società civile non si può permettere che l’istituzione carceraria sia la prima a violare le leggi (soprattutto per quanto riguarda il sovraffollamento). Oggi tutti riconoscono che le carceri italiane versano in condizioni penose, è giunto il momento di affrontare il problema per risolverlo.
Per questo noi avanziamo con decisione le seguenti richieste:

1.aumentare le ore d’aria
2.effettuare una disinfestazione generale ed in particolare delle docce
3.riaprire la palestra
4.agevolare la possibilità di incontrare la direzione carceraria, gli assistenti sociali, gli educatori, il SERT
5.agevolare le visite mediche all’esterno
6.migliorare la qualità della fornitura di cibo, che attualmente non è dignitosa e rivedere i prezzi che sono esagerati
7.aumento del peso massimo dei pacchi provenienti dall’esterno e agevolare l’ingresso di generi alimentari
8.rispondere più rapidamente alle domandine inoltrate alla direzione

Chiediamo che la direzione del carcere dia una risposta a queste richieste convocando una rappresentanza dei detenuti entro il giorno 22.11.09

I detenuti del carcere di Pistoia
Carcere di Pistoia – novembre 2009

Lettera giunta da: info@solidarietaproletaria.org

da www.informacarcere.it

The Cookers omaggiano Freddie Hubbard


di Marco Manna

Per la rassegna” Jazz and wine” ieri sera al centro culturale ZO di Catania si sono esibiti i “The Cookers” per omaggiare il trombettista Freddie Hubbard morto il 20 dicembre 2008 in un ospedale di Los Angeles. Freddie Hubbard, virtuoso e versatile suonò con John Coltrane nel capolavoro “Ascension”, con Ornette Coleman nel maestoso “Free jazz”; non minori le sue collaborazioni con Herbie Hancock nel bellissimo “Maiden voyage” e nell’intenso “Out of lunch” di Eric Dolphy, militò inoltre nell’Art Blakey Jazz Messengers. Dopo una carriera gloriosa ,nel 1993 per un’infezione al labbro superiore non potrà più suonare la tromba, dopo un anno e mezzo di cure tornerà a suonare ma il flicorno. La malattia ormai ha compromesso  anche il suo equilibrio mentale, infatti nell’ultima occasione avuta di vederlo in concerto a Zafferana Etnea, prima di salire sul palco non si presentò sobrio poiché nascose i suoi problemi di salute con l’alcool. Tra alti e bassi tenterà di rimanere nell’ olimpo dei grandi del jazz, fino al dicembre 2oo8.Questa sera per onorarlo sul palco si sono presentati sei valorosi musicisti, vere perle del jazz. Il combo è costituito da Billy Harper al sax, tra le sue collaborazioni annovera i nomi di Max Roach, Randy Weston, Art Blakey ,David Weiss alla tromba, importante per la sua formazione la collaborazione con il pianista di John Coltrane, Jaki Biard, Eddie Henderson alla tromba gia’ con Woody Shaw,Dinah Washington e Alice Coltrane, arpista moglie di John Coltrane, ma questa è un’altra storia, Cecil Mc Bee al contrabbasso collaboratore di Miles Davis, Keith Jarrett, Sam Rivers, Wayne Shorter, Yusef Lateef, Freddie Hubbard, Bill Hart alla batteria con innumerevoli collaborazioni, tra le piu’ importanti quella con Miles Davis,George Cables al piano gia’ con Sonny Rollins, Gary Bartz, Sarah Vaughan. Il concerto si sviluppa nel territorio che ha reso famoso Freddie Hubbard ovvero l’hard bop. I brani che eseguono mettono in mostra le tecniche superbe senza mai essere fine a se stesse. Si inizia con “ Capra Black” le linee si muovono su note acute molto care a Freddie Hubbard, i musicisti sciorinano sui loro strumenti, possente il drumming di Hart, corpose le traiettorie sostenute dal pianismo di Cables, fluide  le note sviluppate dalla sezione fiati, perfetto il lirismo emanato dal contrabbasso di Mc Bee. Si prosegue con “Peacemaker” dove Hart con la batteria scandisce il ritmo irrequieto del cuore; il brano è basato su linee dai nervi scoperti per poi ammorbirsi. L’apoteosi viene giunta con l’esecuzione del capolavoro “The Core ”, dopo un intro di contrabbasso dove Mc Bee mostra la sua inarrivabile tecnica con un assolo da accapponare la pelle, il tema si sviluppa con delle soluzioni veramente roboanti dove Weiss anche se ha soli 45 anni mostra la sua padronanza alla tromba senza scimmiottare altri maestri, accanto a lui Eddie Henderson altra grande realtà nella storia della tromba che spesso lascerà  la scena per bere un buon bicchiere di vino, si mostrerà puntuale ed peculiare nei suoi interventi. Billy Harper sciorina al sax tracciando linee veramente trascinanti inarcandosi in note dai tempi veloci, Cables colora il tutto scegliendo tinte molto forti danzando sui tasti del piano. La performance prosegue senza mai  perdere la sua briosità con le intense ”Sweet Rita part 2” “The chief” e la finale “Priestess”. Dopo un’ acclamata esibizione il pubblico rimasto, veramente interessato al jazz non come molti con aria aristocratica che hanno  abbandonato la sala  mostrando  mancanza di sensibilità ed educazione, i musicisti si sono ripresentati per un bis dai sapori  profumati con ricercate spezie. Spiace segnalare che molti abbiamo pensato che capire di jazz e’ indossare giacche e cravatte,profumarsi ,bere un bicchiere di vino, ascoltare un brano e disturbare la platea scappando dalla sala. Strano notare che non erano presenti i cultori di jazz  di Catania . Il jazz è cultura non è musica per accompagnare un piatto di pasta alla carbonara, cotolette  e  bere vini pregiati. IL Jazz  ha bisogno di estimatori e non di un pubblico cosi poco interessato alla musica, che si mette in posa come se fossero loro quelli da applaudire e contemplare. Onore ai musicisti che hanno omaggiato con gusto, prelibatezza e senso di rispetto la memoria di un  grande del jazz. Freddie Hubbard è stato un grande trombettista, ma purtroppo molti intervenuti non sapevano neanche chi era il musicista che veniva celebrato. L’importante per loro era cenare non ascoltare musica. Anche se il comportamento del pubblico ci ha infastidito torniamo a casa entusiasti di aver assistito ad un grande evento. Alla prossima.

Giustizia: le carceri sono l’ultimo anello di un sistema sfasciato


di Rita Bernardini (al settimo giorno di sciopero della fame)

 

Il carcere è solo l’ultimo anello dello sfascio della giustizia”. Rita Bernardini, radicale eletta nel 2008 nelle liste del Partito Democratico, da tempo in prima linea per il miglioramento delle condizioni nelle carceri, spiega al Clandestino perché occorre intervenire in fretta con adeguati provvedimenti per evitare che la situazione delle carceri esploda.

“Gli istituti di pena in Italia oggi possono contenere 43mila detenuti. Ma la popolazione è dì 63mila. Essi sono costretti a vivere in una condizione di promiscuità e sovraffollamento. Il tutto tenendo conto che mancano almeno 5mila agenti. Quali sono le categorie di detenuti su cui occorre focalizzare l’attenzione? “La situazione va considerata nella sua globalità ma voglio fare presente che il 50 per centro dei detenuti è in attesa di giudizio.

Tra loro un buon 40 per cento sarà assolto. Chi è dietro le sbarre spesso non ha la possibilità di lavorare e non gli resta altro che cucinare e guardare la tv. Il 25 per cento dei totale poi ha problemi di tossicodipendenza inconciliabili con l’istituto penitenziario. Poi ci sono quelle mamme che vivono con i loro figli dietro le sbarre. Per loro dovrebbero essere prese in considerazione strutture alternative fuori dal carcere”. Quali le misure preventive per evitare il ripetersi di pestaggi ai danni di detenuti, alcuni dei quali recentemente finiti in tragedia? “E’ necessaria la creazione di un organismo di tutela, di un garante nazionale che possa svolgere le sue attività in tutti quei luoghi dove c’è la privazione della libertà.

Mi riferisco non solo alle carceri ma anche agli ospedali e ai commissariati. Oltre a questo ritengo sia necessario introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura, un buco normativo grave”. Come giudica le proposte di chi all’interno della maggioranza chiede la costruzione di nuove carceri? “Questo non risolve i problemi. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano e altri del Pdl parlano di un piano di stanziamento di 1,6 miliardi di euro per aumentare la capienza a 63mila unità in tre anni. Tutto questo sarebbe inutile perché non tiene conto del fatto che nel 2012 a questi ritmi la popolazione carceraria toccherà quota l00 mila”.

da www.ristretti.it

Morire, vivere


di Alessandro Leogrande

Come in molti, in queste settimane, mi sono trovato a confrontare la morte di Stefano Cucchi con quella di Federico Aldrovandi. Non solo perché erano entrambi giovani, e in fondo a essere stata uccisa è stata innanzitutto la loro giovinezza. Non solo perché sono morti allo stesso modo, e al modo di Franco Serantini, pestati a sangue, massacrati, da uomini in divisa che in quel preciso momento incarnavano e rappresentavano lo Stato. Non solo perché identico è stato, in entrambi i casi, il tentativo di calunniare la vittima dopo l’omicidio, e quello speculare di erigere una coltre di nebbia intorno alla vicenda.
I due casi sono stranamente simili soprattutto per un altro particolare. Entrambe le volte, l’unico testimone che ha ammesso di aver assistito al pestaggio, l’unica persona che ha avuto il coraggio (o la profonda dignità) di dire chiaramente ciò che i suoi occhi avevano visto, non era nata in Italia. In entrambi i casi, erano immigrati.  Nel caso di Aldrovandi, ucciso a Ferrara nel 2005, si tratta di Anna Marie Tsangue, una donna camerunese di 35 anni. “Anne Marie Tsague”, ha scritto in uno dei suoi articoli dedicati al caso Cinzia Gubbini, “quella mattina alle sei era sul balcone del suo appartamento al primo piano di via dell’Ippodromo. Era stata svegliata da strani rumori, e dai lampeggianti delle volanti. Si è affacciata alla finestra e, sconvolta, ha assistito all’ultima parte di una strana «colluttazione» in cui un ragazzo solo viene manganellato da quattro poliziotti, che lo atterrano con facilità e continuano a prenderlo a calci anche quando ormai è completamente immobilizzato.”
Nel caso di Cucchi, quattro anni dopo, si tratta invece di un ragazzo gambiano. Ha udito le urla e poi, dallo spioncino della sua cella, avrebbe assistito al pestaggio di Stefano negli interrati del tribunale. Ora vive sotto protezione, in luogo segreto, perché si teme fortemente che venga costretto a ritrattare. Il suo nome non è stato reso noto.
Entrambe le volte, dei giovani africani hanno riferito semplicemente ciò che avevano visto, al contrario del lungo rosario di omissioni, silenzi, tentennamenti, connivenze, ripensamenti messo in campo da tutti gli altri potenziali osservatori o ascoltatori. E che con ogni probabilità ci sono stati. Quanto costa dire di aver assistito a un pestaggio finito in morte? Che prezzo hanno quelle parole? E perché abbiamo infinitamente bisogno degli occhi di Alì (si potrebbe dire, parafrasando Pasolini), degli occhi di Anne Marie Tsangue, per aggrapparci a un brandello di giustizia?
Parrebbe una costruzione letteraria. In entrambi i casi – nell’Italia xenofoba del pacchetto sicurezza, nell’Italia dell’identità bianca e cristiana, nell’Italia in cui un ragazzo che muore “di sicuro se l’è andata a cercare” – a vedere e a dire sono stati due di coloro che si vorrebbe segregare, allontanare, respingere in mare, detenere a lungo nelle prigioni o – quando va bene, quando vince il buonismo – ridurre all’unico rango di forza-lavoro mansueta da spremere finché serve. 
Parrebbe una costruzione letteraria, ma non lo è. È andata davvero così. Senza la dignità, l’umanità, e soprattutto l’immediata propensione a dire la verità, di un ragazzo e di una ragazza africani, diversissimi tra loro, che per motivi diversissimi si sono trovati, l’uno e l’altra, casualmente sul luogo del pestaggio, le coltri di nebbia sarebbero ancora lì a nascondere, celare, violare ogni minimo senso del diritto.

P.s. Il 21 novembre è spuntato un secondo testimone, nel caso Cucchi. Si tratta di un altro detenuto che, sempre, nelle celle del Palazzo di giustizia a piazzale Clodio, lo avrebbe sentito urlare e lamentarsi. Qualora le sue parole venissero giudicate attendibili, sarebbe lui il primo italiano ad avallare l’accaduto. Non ha visto nulla, pare, ha solo ascoltato quanto stava accadendo. E forse non ne avrebbe mai fatto parola, se a fare il primo passo non fosse stato un ragazzo dell’Africa occidentale.

da www.innocentievasioni.net

Le emozioni guidano le nostre scelte quotidiane


di Monica Maiorano

Il “prendere una decisione” rappresenta uno dei comportamenti umani più frequenti nella nostra vita quotidiana, ma questo non implica che sia un’attività semplice soprattutto perché ogni scelta implica sempre e comunque una rinuncia.

Decidere significa pervenire a un giudizio definitivo ponendo fine a dubbi e incertezze preesistenti, stabilire l’azione più appropriata dopo un’attenta analisi.

In ogni caso si presuppone l’esistenza di una serie di strategie e di operazioni mentali che il singolo individuo attua al fine di elaborare le informazioni in suo possesso ed arrivare ad un risultato finale.

Molte ricerche scientifiche hanno mostrato che le strategie attivate sono strettamente vincolate dalla modalità con cui vengono percepiti, organizzati, elaborati e recuperati gli stimoli.

In che modo l’uomo attiva queste strategie scegliendo tra varie possibilità? Ci si è sempre chiesti da cosa farci guidare nelle nostre scelte, dalla razionalità o dall’istinto?

Da sempre filosofi, psicologi, scienziati si sono impegnati nello studio dei meccanismi adoperato dall’individuo per prendere una decisione.

Una risposta viene da una ricerca inglese secondo cui sono le emozioni ad influire sulle nostre scelte.

Un gruppo di ricercatori britannici guidato da Tali Sharot del London University College pubblica uno studio sull’argomento nell’ultima edizione di Current Biology.

Dai loro studi è emerso che un particolare neurotrasmettitore influisce sulle nostre scelte indirizzandoci sulla base del ricordo dei risultati ottenuti dalle preferenze già espresse in passato.

Il neurotrasmettitore coinvolto è la dopamina, un messaggero chimico, prodotto da un particolare gruppo di cellule presenti nel cervello. La dopamina è coinvolta in numerosi aspetti delle funzioni cerebrali negli esseri umani e in altri animali, e molte di queste funzioni richiedono la modulazione dell’attività dei neuroni e la capacità di assegnare una corretta rilevanza agli stimoli sensoriali.

La dopamina, in particolare, svolge nel cervello un importante ruolo in tutte quelle esperienze che forniscono al soggetto una gratificazione e quindi l’emozione che ne consegue.

E’ stato osservato che ad influire su una decisione sia la concentrazione di questo particolare neurotrasmettitore. Individui con bassa concentrazione di dopamina, come succede a tutti quando la scelta si rivela non proprio favorevole, sono portati a non reitarare nell’errore.

Questi soggetti riescono bene quando si tratta di decidere sulla base di precedenti esperienze negative, mentre diventano come insensibili a quelle positive.

Viceversa individui che hanno alte concentrazioni di dopamina, falliscono quando devono evitare qualcosa che in passato ha dato buoni risultati.

Se ne deduce che il cervello umano simula le possibili conseguenze di un’opzione, ma soprattutto valuta le possibili emozioni dovute a una certa decisione e quanto essa possa incidere sul nostro benessere.

In conclusione la dopamina agisce nel regolare le scelte umane: quando è ad elevate concentrazioni induce la persona a decidere sulla base di esperienze positive scaturite da precedenti scelte. Quando è a basse concentrazioni invece spinge la persona a dare più importanza alle brutte esperienze, quindi a declinare una scelta per evitare errori già commessi.

E a proposito di emozioni concludo “…quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuto al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai fermo, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va’ dove lui ti porta”, da Và dove ti porta il cuore di S.Tamaro.

Fonte ADUC.it

In Germania una direttrice di banca come Robin Hood: condannata


BERLINO – Il crimine non paga, nemmeno quando è a fin di bene: 22 mesi di carcere con la condizionale é la condanna ricevuta a Bonn da una vera e propria Robin Hood tedesca, una direttrice di banca che prelevava dai conti correnti dei ricchi per risanare quelli dei poveri. E’ accaduto a Bornheim, un piccolo centro vicino Bonn, la ex capitale della Germania federale fino alla riunificazione tedesca.

Qui Erika B., (anche il nome è stato modificato, per rispetto della privacy) dal 1990 era direttrice della locale cassa di risparmio, la Vr-Bank. Signora dall’aspetto rassicurante, in realtà ha saccheggiato per anni senza essere scoperta i conti correnti dei clienti più ricchi per ripianare quelli dei più poveri. In tutto, secondo quanto scrive oggi la ‘Bild’, tra il 2003 e il 2005 ha spostato 7,6 milioni di euro in 117 casi accertati. La donna, che ha 62 anni, per sé non ha mai preso nemmeno un centesimo, ha più volte ripetuto il suo avvocato difensore Thomas Ohm. Erika B. ha spiegato di avere aperto linee di credito anche per clienti meno abbienti, con il risultato di avere tanti conti correnti in rosso.

Per non attirare l’attenzione, quando si avvicinava una ispezione, trasferiva somme importanti dai libretti di risparmio di clienti benestanti a quelli dei più poveri. Passato il controllo, restituiva le somme trasferite ai legittimi proprietari. Questo però non sempre era possibile in quanto alcuni clienti dai conti in rosso profondo, riuscivano a spendere i soldi prima ancora che lei riuscisse a riprenderli. Alla fine, il danno arrecato alla banca da Erika B. è stato di 1,1 milioni di euro. Alla giudice che le chiedeva perché lo ha fatto, non ha saputo dare nessuna spiegazione per il suo gesto.

“Forse, senza rendermene conto, ero caduta in preda di una mania di aiutare” ha detto Erika, che oggi afferma di essere pentita. Il tribunale ha avuto difficoltà a condannarla. “Da una parte ha arrecato un grave danno finanziario – ha spiegato la giudice – dall’altra va notato che il suo è stato un comportamento senza fini di utile personale, quindi abbiamo affrontato un caso radicalmente diverso dai soliti”. Dopo essere stata scoperta, la direttrice di banca dal cuore d’oro è stata licenziata in tronco, e per far fronte al debito ha dovuto vendere la casa, le polizze di assicurazione, quasi ogni bene. Insomma si è ritrovata sul lastrico, ed ora vive con una pensione di mille euro.

fonte ANSA

Immagini dal carcere in un calendario per il 2010


Un classico regalo di Natale, ma con qualcosa in più: un messaggio lanciato a tutti coloro che lo acquisteranno per dire “ci siamo anche noi, anche noi facciamo parte della società”. Nasce con questo obiettivo il calendario realizzato nella Casa circondariale di Busto Arsizio che sarà in vendita a partire dal mese di dicembre. L’inziativa dell’area educativa dell’istituto bustocco e dell’Associazione Mezzo Busto è stata realizzata in collaborazione con il Circolo fotografico bustese e in particolare con i tre fotografi Luisa Raimondi, Maria Sbarra e Paolo De Petra. Il progetto è stato coordinato dai due agenti di rete (Consorzio Sol.Co Varese e Enaip) Sabrina Gaiera e Sergio Preite e realizzato grazie al supporto degli agenti di Polizia Penitenziaria.
Protagonisti delle dodici foto sono invece le persone detenute nel carcere, in particolare un piccolo gruppo di circa dieci persone che ha raccolto con entusiasmo la proposta e ha messo a disposizione non solo la propria “immagine”, ma anche la fantasia. Il lavoro è iniziato un venerdì pomeriggio nella redazione del giornale Mezzo Busto, quando Preite e Gaiera hanno presentato il progetto e hanno raccolto le prime idee sul tema del calendario. Varie le proposte che si sono sintetizzate in quello che è forse il messaggio che tutti coloro che si trovano in un carcere vogliono fare arrivare “fuori”: siamo persone come voi, con la nostra quotidianità, i nostri impegni, i nostri svaghi, i nostri problemi. Certo, con una differenza evidente, ovvero il fatto che tutta la giornata di un detenuto si svolge all’interno di un contesto ben definito, con risorse e mezzi a disposizione limitati. Nelle foto quindi che si susseguono nei dodici mesi dell’anno c’è la scuola, il lavoro, la preghiera, la musica, il calcetto. Tema ricorrente è sicuramente la diversità culturale che si incontra in un carcere. Nelle immagini non ci sono volti, ma solo mani che che si stringono, che scrivono, che pregano.
Il calendario potrà essere acquistato dal 12 dicembre con un contributo di cinque euro alla Bottega Migrando (via Pozzi 3, Busto Arsizio). Il Circolo fotografico bustese darà inoltre spazio a questo progetto sabato 12 dicembre in occasione dell’evento che organizzarà alla Fondazione Bandera.
Per informazioni: mezzo_busto@libero.it

da www3.varesenews.it